SLOVENIA: Georgi con la canottiera azzurra. Vent'anni fa iniziava la guerra in Jugoslavia

di Matteo Zola

La solita strada si era fatta sempre più pericolosa, le guardie di frontiera sempre più corrotte, e i suoi amici lo dicevano ormai da tempo: “Cadranno a pezzi”, e sospiravano tirando giù un sorso di rakia. Anche Georgi lo diceva, aggiungendo: “e si faranno male”, ma certo non pensava che la storia avrebbe incrociato il suo camion. Come sempre era partito da Vidin che era ancora notte, al confine jugoslavo le solite stecche di sigarette non bastavano più, bisognava allungare qualche lev.

Era così da quando il regime di Zivkov era caduto, anche lui – a Vidin – manifestò per la fine del comunismo e non se ne penti mai, nemmeno quando gli affari presero ad andar male. La lunga strada verso Graz era tutto un susseguirsi di posti di blocco,  quando si fece giorno era ancora sulla strada verso Belgrado. L’estate era cominciata da poco ma faceva già un caldo infernale, Georgi in canottiera celeste e lunghi baffi arrostiva sotto le lamiere del camion in sosta per l’ennesimo controllo. La sera lo colse a Nova Gradiska, si fermò a mangiare in osteria. Carne alla griglia e un bicchiere di vino. Tutto sembrava normale eppure tutto fremeva. L’aria, le voci della gente, la terra stessa vibrava come le ali di un moscone e pure la sua testa ebbe un fremito. Bestemmiò contro il vino e pensò che era ora di dormire. L’oste gli parlò confusamente di carrarmati pronti nelle caserme, di imminente battaglia, ma il serbo-croato di Georgi non era tale da affrontare discorsi complicati. Il giorno dopo partì verso nord, altri estenuanti controlli sotto il sole, la canottiera azzurra intrisa di sudore. La sera dovette fermarsi a Maribor. Impossibile proseguire, posti di blocco dell’esercito federale rimandavano indietro gli autotreni in fila.

Il governo sloveno dichiarò l’indipendenza con 24 ore di anticipo prendendo alla sprovvista le forze militari jugoslave. Era il 25 giugno 1991. Solo alla mattina del 26 una fila di carrarmati della Jna (l’esercito jugoslavo) lasciò le caserme di Fiume e Maribor. Le truppe della forza di difesa territoriale (To) slovena si decisero per la resistenza. In pochi giorni gli sloveni conquistarono un vantaggio tattico su tutte le posizioni. I membri sloveni dell’Jna abbandonarono le posizioni o cambiarono fronte. Una colonna di carrarmati partì nella notte del 3 luglio da Belgrado ma non arrivò mai a destinazione. La tattica attendista, le divisioni interne all’esercito federale e al ministero della difesa, lo spostarsi del fronte della guerra in Croazia, portarono il governo di Belgrado a siglare la pace con Lubiana. Verrà poi chiamata “la guerra dei dieci giorni”.

Le guerre jugoslave erano così iniziate. Georgi non abbandonò il suo camion, era il suo lavoro quello. Si trovò così in mezzo a uno scontro a fuoco tra milizie dell’Jna e uomini della To slovena. Questi ultimi fecero saltare il primo tank di un convoglio che da Maribor era diretto a Lubiana. Così facendo bloccarono tutta la fila di mezzi corazzati, assaltandoli. Camionette dell’Jna si lanciarono verso gli sloveni. Georgi aveva solo una cosa da fare: fuggire. E invece avviò il camion e si lanciò contro le camionette tagliando loro la strada e, mettendo il camion di traverso, gli bloccò l’accesso. Un breve scontro a fuoco. La testa di Georgi cadde esanime sul clacson. Era anche lui a Vidin a manifestare contro il regime, e non se ne pentì mai.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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Un commento

  1. giovanni catelli

    bello!

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