Lo scontro tra Russia ed Ucraina continua all’Eurovision

Rischia di diventare l’Eurovision Song Contest più politicizzato di sempre. Manca ormai poco più di un mese alla competizione canora più popolare d’Europa e lo scontro tra Russia ed Ucraina è già entrato nel vivo e rischia di non vedere neanche una sfida tra i cantanti dei due paesi. L’Ucraina infatti, che ospiterà la competizione a Kiev tra il 9 ed il 13 maggio prossimi, ha vietato l’ingresso nel paese per tre anni della rappresentante russa, la cantante Julia Samoylova.

Nel bene o nel male c’entra sempre la Crimea

I fatti: la Samoylova si è recata nel 2015 per esibirsi in un concerto in Crimea, senza passare dal territorio ucraino e senza richiedere il preventivo permesso dalle autorità di Kiev. Il Servizio di Sicurezza Ucraino (SBU), che si occupa della questione e che ha già sanzionato numerosissimi giornalisti, politici e personaggi famosi colpevoli della medesima azione (nella lista anche Silvio Berlusconi, Gerard Depardieu, Steven Seagal), ha provveduto in data 22 marzo ad includere tra le personae non gratae la stessa cantante, designata in precedenza rappresentante russa all’Eurofestival.

Uno scherzo del destino se si pensa che il diritto ad ospitare la competizione spetta all’Ucraina per aver vinto l’edizione del 2016 con un brano dal titolo 1944 sulla deportazione dei Tatari di Crimea da parte di Stalin, cantato da Jamala.

Al momento fallito ogni tentativo di mediazione

Il 23 marzo, giorno successivo alla notizia del provvedimento, l’European Broadcasting Union (EBU), che produce l’Eurovision, ha dapprima pubblicato sul proprio sito un comunicato con il quale ha affermato di rispettare le leggi locali del paese ospitante, ed al tempo stesso ha inviato, nella persona del suo direttore generale Ingrid Deltenre, una lettera indirizzata al primo Ministro ucraino Volodymyr Groysman con la quale, dopo aver definito la scelta “inaccettabile”, veniva sottolineato che la decisione “avrebbe avuto certamente un impatto negativo sulla reputazione dell’Ucraina come nazione moderna, democratica ed europea”. La lettera conteneva inoltre la minaccia di mettere in dubbio la futura partecipazione dell’Ucraina alla competizione, e sottolineava il rischio del boicottaggio dell’evento paventato da numerosi paesi membri.
Ad oggi nessun ripensamento da parte delle autorità ucraine è arrivato.

Ma l’EBU ha proposto una soluzione anche alla Russia, ovvero la possibilità, mai concessa precedentemente, che la cantante russa si esibisse via satellite: proposta rigettata subito al mittente. Uno stallo su tutti i fronti.

Le prospettive

Manca oltre un mese alla competizione, ma difficile immaginare un ripensamento da una delle due parti, così come difficile non trovare una critica da muovere nei confronti di entrambe.

La Russia non poteva non sapere della situazione della Samoylova considerata l’importanza che tale evento assume nel continente e tutto fa pensare che la scelta sia stata fatta proprio per mettere in crisi le autorità ucraine.

A Kiev invece sono giunti ad escludere una cantante dopo averne scoperto la partecipazione e ciò non potrà che nuocere all’immagine dell’Ucraina, anche considerato che l’artista è affetta da atrofia muscolare ed è in sedia a rotelle sin dalla gioventù dimostrando palesemente di essere un soggetto debole e particolarmente sfortunato per il suo handicap.

“Nessuna canzone, discorso, gesto di natura politica o similare può essere permesso durante l’Eurovision”, recita il regolamento. Se le premesse sono queste purtroppo l’edizione di quest’anno rischia di diventare l’evento canoro più politicizzato della storia.

Chi è Pietro Rizzi

Dottorando in Relazioni Industriali presso l’Università degli Studi di Bergamo, collabora con l’OSCE/ODIHR come osservatore elettorale durante le missioni di monitoraggio in Est Europa. Redattore per East Journal, dove si occupa di Ucraina, Est Europa e Caucaso in generale. In passato è stato redattore ed art director del periodico LiberaMente, e si è a lungo occupato di politica come assistente parlamentare e consulente giuridico per comitati referendari. Ha risieduto, per lavoro e ricerca, a Kiev e Tbilisi.

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