ROMANIA: L’uso politico degli archivi della Securitate

Recentemente il quotidiano România Liberă ha pubblicato un articolo nel quale ha rivelato che l’attuale governatore della Banca Centrale Romena, Mugur Isărescu, sarebbe stato un collaboratore della polizia politica comunista, la famigerata Securitate, per la quale avrebbe lavorato come spia con il nome in codice di Manole.

Non è la prima volta che un politico o alto funzionario diventano bersaglio di tali accuse; come funghi, infatti, emergono puntualmente dagli abissi archivistici romeni dei documenti che proverebbero la collaborazione di Tizio, Caio o Sempronio con una delle più brutali polizie politiche del vecchio blocco comunista. Il contenuto di questi documenti giunge ai giornali o alle televisioni, e in breve scoppia lo scandalo. L’ormai ingente numero di bersagli prestigiosi e le modalità attraverso le quali tali documenti diventano di pubblico dominio generano diversi sospetti. In molti in Romania ritengono infatti che gli archivi della Securitate e le carte in essi conservate siano spesso usati come strumento di lotta politica, al fine di rovinare la reputazione e di bloccare l’ascesa politica di personaggi possibilmente scomodi. Il tutto favorito dalla gestione quanto mai ambigua di suddetta documentazione.

Durante il regime di Nicolae Ceausescu, la Securitate poteva contare su una notevolissima quantità di informatori e spie, che si nascondevano in ogni meandro della società romena: dalle imprese statali, agli istituti di cultura, dalle università alle fabbriche. Per evitare che vecchie spie al soldo dei comunisti potessero ricostruirsi una verginità pubblica nella Romania democratica, nel 1999 si decise la creazione del cosiddetto CNSAS (Consiglio Nazionale per lo Studio degli Archivi della Securitate), un ente pubblico, afferente al ministero degli Interni, retto da un consiglio di nomina parlamentare; tale organismo, oltre ad assumersi l’onere della conservazione fisica dei documenti, a seguito dello studio delle carte in suo possesso, avrebbe avuto il compito di stabilire se un dato personaggio avesse collaborato o meno col regime.

Nel caso di politici e funzionari pubblici le ricerche vengono avviate d’ufficio, altrimenti a richiesta. Una volta esaminata tutta la documentazione in possesso, il CNSAS emette un attestato nel quale dichiara se l’indagato ha lavorato o meno per la Securitate. Nel caso in cui si provi l’avvenuta collaborazione, ogni possibile carriera politica o amministrativa viene di fatto stroncata. L’accusato può contestare la decisione del CNSAS solo con un ricorso alla Corte d’Appello.

Molte sono le problematiche che circondano l’attività di questo ente. Per prima cosa, non sono ben chiari i criteri secondo i quali il CNSAS stabilisce se qualcuno è stato o meno collaboratore della Securitate. Chi conosce la storia del comunismo romeno sa bene che a collaborare con la polizia politica non furono solo spie senza scrupoli, ma anche gente comune costretta dalle circostanze ad una qualche forma di cooperazione col regime. Esistono migliaia di casi diversi, ognuno contraddistinto da una propria peculiarità, che meriterebbero un’analisi più approfondita rispetto alla sentenza manichea emessa dal CNSAS. In secondo luogo, il fatto che i fascicoli non siano pubblici, e siano consultabili soltanto previa approvazione del consiglio direttivo lascia adito a sospetti; forte è la corrente di chi spinge affinché tutti i documenti vengano resi accessibili a chiunque senza limitazioni. In terzo luogo, l’archivio del CNSAS è lacunoso; prima della sua fondazione le carte della Securitate hanno infatti subito diverse traversie, tra cui vari furti e tentativi di distruzione nel periodo immediatamente successivo alla Rivoluzione del 1989. Molti si chiedono come si possa emettere una sentenza netta e definitiva basandosi su un materiale probatorio notoriamente incompleto. Non c’è dubbio che la definitiva liberazione della Romania dal suo opprimente passato passi anche dalla risoluzione di queste problematiche.

Foto: The Romania Journal

Chi è Francesco Magno

Ha conseguito un dottorato di ricerca in storia dell'Europa orientale presso l'università di Trento. E' stato assegnista di ricerca presso la medesima università. Attualmente insegna storia dell'Europa orientale presso l'università di Messina. Si occupa principalmente di storia del sud-est europeo, con un focus specifico su Romania, Moldavia e Bulgaria.

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