Il ricordo dei bombardamenti di Dresda e l’uso della storia

I bombardamenti che tra il 13 e il 14 febbraio del 1945 colpirono la città tedesca di Dresda sono ancora oggi ricordati come tra i più devastanti della Seconda Guerra Mondiale. Le bombe lanciate dalle forze anglo-americane causarono la distruzione di un enorme patrimonio artistico e la morte di migliaia di civili. La guerra stava giungendo al termine, il risultato era già stato scritto: le truppe sovietiche stavano avanzando verso il confine tedesco orientale e avrebbero presto raggiunto Berlino. Il bombardamento è quindi ricordato da molti come un massacro inutile – ammesso che possano esisterne di utili – di cui non si conosce precisamente l’entità. Tutti questi elementi favoriscono la strumentalizzazione dell’evento: il numero delle vittime, infatti, è stato spesso gonfiato a dismisura e il ricordo del massacro usato per supportare questa o quella ideologia.

Chi conosce Dresda è bene a conoscenza della nomea che la città si è fatta, soprattutto negli ultimi anni. Qui, infatti, è di base il movimento populista anti-islamizzazione PEGIDA, la cui comparsa, due anni e mezzo fa, ha letteralmente sconvolto il Paese. Sempre qui si è tenuta per anni la marcia neonazista più grande d’Europa, proprio nell’anniversario dei bombardamenti, data ideale per la rivendicazione di idee di estrema destra. Per le vie della città sfilava una vera e propria marcia funebre, con gruppi di estrema destra provenienti da tutta la Germania; il numero è successivamente andato in calando con gli anni, grazie alla reazione della società civile cittadina. Da un certo punto di vista, questa strumentalizzazione è simile a quello che nel nostro Paese viene fatto nel giorno del ricordo. Casualità vuole che siano uno a pochi giorni dall’altro.

Ciò di cui si parla meno, oggigiorno, è l’uso fatto del ricordo del 13 febbraio 1945 durante la Germania Orientale. E’ infatti curioso constatare come l’uso di quello che dai revisionisti è stato chiamato “olocausto di Dresda”, fosse un elemento in comune tra forze politiche agli estremi opposti. Il Partito Socialista Unitario (in tedesco SED), a capo della Repubblica Democratica Tedesca fondata sull’antifascismo, usava l’anniversario dei bombardamenti per rafforzare l’invettiva contro il nemico capitalista occidentale. Secondo la versione della SED, gli alleati, così facendo, avevano fermato l’avanzata dell’Armata Rossa, nel tentativo di impedire la creazione di una zona d’influenza sovietica sul territorio tedesco. Dresda diventava così la città simbolo dell’inizio di quel conflitto ideologico che è poi diventato la Guerra Fredda.

Il ricordo dei bombardamenti è stato dunque fondamentale per la costruzione di un’innocenza collettiva nel nuovo “stato dei lavoratori e dei contadini” nel secondo dopo guerra. Si trattava di un crimine causato dai nazisti e perpetrato dagli imperialisti occidentali, per il quale i cittadini di Dresda – e più generalmente i tedeschi orientali – non avevano colpe. Aggiunto a questo, l’identificazione con il nuovo sistema comunista rendeva l’espiazione di eventuali colpe pregresse molto più semplice.

L’uso della storia e dei suoi eventi, si sa, è molto efficace e utile per giustificare avvenimenti correnti. Il vittimismo, inoltre, è un elemento importante e fondante per molte identità collettive. Ancor oggi, in molti hanno trovato in quel passato una spiegazione del presente, ovvero del successo di PEGIDA proprio in questa zona della Germania. I motivi del maggiore successo di certe tendenze nell’ex Germania Orientale sono in realtà più complesse e hanno radici profonde nel processo di riunificazione tedesca. Ma questo è un altro discorso, che ancora una volta mostra come la storia possa essere raccontata in molti modi diversi.

Questo articolo è frutto della collaborazione con MAiA Mirees Alumni International Association. Le analisi dell’autrice sono pubblicate anche su PECOB, Università di Bologna.

FOTO: Bild

Chi è Maria Baldovin

Nata a Ivrea (TO) nel 1991, laureata in lingue e in studi sull’Est Europa. Per East Journal ha scritto prevalentemente di Russia, politiche di memoria e questioni di genere. È stata co-autrice del programma radiofonico "Kiosk" di Radio Beckwith

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