AZERBAIGIAN: Baku ricostruirà un villaggio azero nel Karabakh

90 year old grandfather of Ulvin Mammadov, Elvendov Elvend is sitting in front of the mourning tent. The houses and problems of these families are the same – only one hut is standing out for a month with its flags hanging over the entrance door. The flags indicate that the soldier have died here. These are raised for Ulvin Mammadov, who was 20. He participated in Karabakh combats in 4 day-April confrontation. Aghcabedi region, Lachin Oba, Qarakechdi village. Photo taken on 2nd May, 2016

È passato poco meno di un anno da quando, lo scorso aprile, la remota regione del Nagorno-Karabakh salì agli onori della cronaca per i violenti scontri verificatisi lungo la linea di confine con l’Azerbaigian. La “guerra dei quattro giorni”, come è stata rinominata, causò decine di vittime da entrambe le parti, e rappresentò la crisi più grave da quando, nel 1994, Armenia e Azerbaigian firmarono il cessate il fuoco che congelò il conflitto del Nagorno-Karabakh.

In quella notte del 1° aprile la furia prodotta dal fuoco incrociato delle artiglierie di armeni e azeri si riversò contro i villaggi situati lungo la line di confine, distruggendo i piccoli centri abitati e facendo diverse vittime tra la popolazione civile. Nel corso della guerra, gli azeri riuscirono a riconquistare piccole parti di territorio, luoghi strategici come la collina di Lala Ilahi (Lələ İlahi Təpə), situata nel distretto di Jabrayil (Cəbrayil), nel Karabakh meridionale, a pochi chilometri dal fiume Arasse, che segna il confine con l’Iran.

Proprio questa collina fu, nell’agosto 1993, uno degli ultimi territori ad essere conquistati dall’esercito armeno nel corso della guerra del Karabakh, prima del cessate il fuoco. All’epoca la zona di Lala Ilahi, come tutto il distretto di Jabrayil, si trovava al di fuori dell’oblast’ autonoma del Nagorno-Karabakh, ma subì comunque l’occupazione da parte delle truppe armene, decise a rafforzare il proprio controllo sulla regione.

Ai piedi della collina si trova il villaggio di Çocuq Mərcanlı, piccolo insediamento rurale dove fino agli anni Novanta, prima di essere investito dalla guerra, i suoi abitanti hanno sempre convissuto pacificamente. A partire dal 1993, con l’avanzare del conflitto, la popolazione azera di Çocuq Mərcanlı venne però costretta ad abbandonare le proprie case, cercando rifugio nel vicino Iran. Gli sfollati provenienti dal distretto di Jabrayil si andarono così a sommare all’imponente numero di rifugiati che il paese caucasico si ritrovò a dover accogliere in seguito alla guerra del Karabakh, quando l’Azerbaigian dovette gestire l’arrivo di oltre 720.000 profughi.

In seguito al congelamento del conflitto e al conseguente ridisegnamento dei confini della regione, il villaggio di Çocuq Mərcanlı finì per ritrovarsi nel bel mezzo della terra di nessuno, proprio nel punto in cui passava la linea di frontiera che andò a separare l’autoproclamata Repubblica del Nagorno-Karabakh dal resto dell’Azerbaigian. Seppur parzialmente accessibile da parte azera, il villaggio rimase quasi completamente disabitato, a causa dell’elevata pericolosità della zona: i suoi edifici venivano infatti tenuti facilmente sotto tiro dall’esercito armeno, che controllava la sommità della collina Lala Ilahi, e il territorio circostante era pieno di campi minati. Solo una temeraria famiglia azera, incurante del pericolo ed evidentemente decisa a salvaguardare i propri possedimenti, vi rimase a vivere.

Ventitrè anni dopo, in seguito alla presa della collina da parte dell’esercito azero nel corso della guerra dei quattro giorni, nel villaggio di Çocuq Mərcanlı, non più minacciato dall’artiglieria armena, tornò a sventolare la bandiera azera. Già pochi giorni dopo la fine del conflitto i profughi originari di queste terre, accompagnati dall’esercito, poterono fare ritorno al proprio villaggio natale, dopo oltre due decenni di attesa, trovandolo però distrutto e in una situazione di totale abbandono.

Per far fronte a questo problema, lo scorso 24 gennaio, il presidente azero Ilham Aliyev ha firmato un decreto riguardante la ricostruzione del villaggio di Çocuq Mərcanlı, dove il governo azero vuole reinsediare quei rifugiati che oltre vent’anni fa furono costretti ad abbandonare questo territorio. Per realizzare questo progetto saranno inizialmente stanziati 4 milioni di manat (circa 2 milioni di euro), che il Fondo di riserva presidenziale elargirà al Comitato di Stato per i Rifugiati e gli Sfollati, il quale si occuperà di coordinare la costruzione di circa 50 appartamenti, una scuola e altri edifici pubblici. Contemporaneamente, il governo azero ha inoltre inviato nel villaggio alcuni uomini dell’ANMA, l’agenzia nazionale addetta alle operazioni di sminamento, che ha provveduto a bonificare l’intero territorio intorno al villaggio.

Come Çocuq Mərcanlı, molti altri villaggi, sia azeri che armeni, giacciono abbandonati o semi-distrutti lungo la linea di confine che separa l’Azerbaigian dal territorio controllato da Stepanakert. Il caso più eclatante è rappresentato dalla città fantasma di Ağdam (in armeno Akna), che fino al 1991, prima della guerra, contava circa 40.000 abitanti, quasi tutti azeri, mentre ora è ridotta a un cumulo di macerie. Così, ogni volta che lungo la line di confine si verificano scontri armati, come quelli dello scorso aprile, sono proprio gli abitanti di questi villaggi a subire le conseguenze più pesanti, pagando con la vita o assistendo inermi alla distruzione delle proprie abitazioni.

Foto: Famil Mahmudbeyli

Chi è Emanuele Cassano

Ha studiato Scienze Internazionali, con specializzazione in Studi Europei. Per East Journal si occupa di Caucaso, regione a cui si dedica da anni e dove ha trascorso numerosi soggiorni di studio e ricerca. Dal 2016 collabora con la rivista Osservatorio Balcani e Caucaso.

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