SIRIA: Negoziati di pace, Mosca organizza e Washington sta a guardare

Assad è “pronto a discutere su tutto” ai negoziati di pace sulla Siria che si terranno ad Astana, in Kazakhstan, entro la fine di gennaio (forse il 23). Anche la possibilità di lasciare il potere, ma solo se lo vorrà il popolo siriano e cioè se verrà sconfitto alle urne. In teoria questa dichiarazione dovrebbe essere un’apertura, visto che la condizione preliminare posta dai ribelli – tutti, indistintamente – è sempre stata l’allontanamento di Assad. In realtà non lo è affatto: implica una fase di transizione con lui ancora in sella (che nessuno sa quanto durerà), forse l’approvazione di una nuova costituzione (per quanto si possa andare spediti non ci vorrà meno di un anno) e infine delle elezioni vere. Un processo lungo e pieno di ostacoli che potrebbe lasciarlo al vertice per molto tempo.

I ribelli in questi anni hanno sempre chiesto che Assad se ne andasse subito, solo dopo avrebbero accettato di negoziare tutti i dettagli del caso. Ma questo succedeva a Ginevra, nel processo di pace guidato dalle Nazioni Unite. Il nuovo round negoziale invece è sponsorizzato da Russia, Iran e Turchia, con Mosca e Teheran alleate a fianco del regime e Ankara che si fa garante degli interessi dei ribelli. Soprattutto, avviene all’indomani della riconquista di Aleppo da parte di Assad a dicembre, un colpo durissimo per il fronte anti-regime che oggi sembra più debole che mai.

Adesso i loro sponsor esteri – le varie monarchie del Golfo – sono rimasti con poche carte in mano. L’intervento della Russia oltre un anno fa aveva di fatto blindato il regime. La sconfitta ad Aleppo ha frantumato anche le ultime speranze, diventa difficile non perdere altro terreno. Così, una parte consistente dei ribelli avrebbe detto di sì. Il condizionale è d’obbligo, è quasi la regola che qualche componente si tiri indietro all’ultimo o si impunti sulla composizione della delegazione diplomatica. Ad ogni modo, sarebbero le opposizioni (militari e politiche) riunite sotto l’ombrello dell’High Negotiation Committee (HNC), la piattaforma nata alla fine del 2015 a Riad, in Arabia Saudita, che è la coalizione più estesa. Dovrebbe partecipare anche la Coalizione Nazionale Siriana (Etilaf).

Molto dipende dalla tenuta del cessate il fuoco in vigore dal 30 dicembre, siglato da Russia e Turchia e già ampiamente violato in queste settimane (ovviamente restano fuori dall’accordo sia l’Isis che l’ex Fronte al-Nusra). I ribelli continuano a chiedere che il regime fermi ogni operazione militare, ma si continua a combattere soprattutto a Wadi Barada e nella Ghouta di Damasco, feudo di Jaysh al-Islam. Per il momento comunque sembra che gli scontri a fuoco non siano giudicati “eccessivi” da entrambe le parti, che potrebbero davvero tornare a sedersi attorno al tavolo.

L’incontro di Astana, dichiara l’HNC, dovrebbe limitarsi a implementare la risoluzione 2254 dell’Onu, arrivando a un accordo sulla fine degli assedi ancora in corso, l’invio di aiuti umanitari e il rilascio dei prigionieri. La discussione politica invece dovrebbe continuare in altra sede, cioè sotto la guida Onu, e sembra che un incontro a Ginevra possa essere fissato già per l’8 febbraio. È chiaro che le opposizioni non intendono in alcun modo fare un favore alla Russia e consegnarle una simile vittoria diplomatica. Nel frattempo, però, è proprio Mosca (insieme alla Turchia) a decidere la lista degli invitati.

Per il momento le certezze sono poche. Il portavoce del dipartimento di Stato americano Mark Toner ha dichiarato il 14 gennaio che gli Usa non hanno ricevuto alcun invito formale ad Astana. Ma i russi avrebbero già avuto contatti in questo senso con il team di transizione di Trump, che entrerà in carica 3 giorni prima del vertice. Chi con buona probabilità non sarà presente in Kazakhstan sono i curdi: la Turchia ha messo il veto ed è irremovibile nonostante le discrete pressioni della Russia, che con loro mantiene buoni rapporti. Dal canto suo, Ankara ha ormai definitivamente abbandonato la posizione anti-Assad che aveva assunto fin dal 2011. Anche se molti esponenti del governo turco continuano a ripetere che la pacificazione della Siria è impossibile se Assad resta al potere, nella pratica sono pronti a concedergli un lungo periodo di transizione.

Chi è Lorenzo Marinone

Giornalista, è stato analista Medio Oriente e Nord Africa al Centro Studi Internazionali. Master in Peacekeeping and Security Studies a RomaTre. Per East Journal scrive di movimenti politici di estrema destra.

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