TURCHIA: Fuga in massa dalla Siria, ma Ankara sta col piede in due scarpe

di Matteo Zola

In fuga da Assad, centinaia di persone hanno varcato il confine tra Siria e Turchia per cercare rifugio dalle feroci repressioni del regime contro le manifestazioni di protesta. Il numero dei profughi siriani ospitati nella tendopoli di Yayladagi in Turchia è salito a 1.577: lo riferisce l’agenzia di stampa ufficiale turca ‘Anadolou’. Negli ultimi due giorni, ha precisato la fonte riferendo dati della Mezzaluna Rossa locale, sono arrivate 1.050 persone. I feriti ricoverati sono 43. All’ingresso del campo della tendopoli la polizia impedisce di entrare e di fare riprese di immagini di qualsiasi tipo. Non ci sono portavoce ufficiali. La cifra di circa 1.600 profughi è stata confermata da fonti ufficiali turche.

Intanto l’Onu perfeziona la risoluzione di condanna alla Siria finora osteggiata da Russia e Siria in consiglio di sicurezza. Una risoluzione che chiede il rispetto dei diritti umani, il rilascio dei prigionieri politici, riforme che possano permettere una “genuina partecipazione politica” e di evitare il rifornimento di armi alla Siria.

Ieri il primo ministro turco Tayyp Erdogan ha detto che la Turchia non chiuderà la porta ai rifugiati siriani. Tuttavia le autorità di Ankara hanno detto di temere un massiccio afflusso di persone in fuga dalla Siria dopo un’intensificazione dell’arrivo di profughi dall’inizio della rivolta contro il regime di Bashar al Assad.

La Turchia si era recentemente avvicinata a Damasco firmando un accordo per la creazione di un comune consiglio di cooperazione, comprendente anche Libano e Giordania, con l’obiettivo di creare una zona di libero scambio in Medio Oriente. I rapporti tra i due Paesi non erano mai stati così pacifici, la Siria è per la Turchia un partner strategico per la gestione delle risorse idriche, e più volte Erdogan ha dichiarato di preferire che le riforme che la protesta chiede siano adottate sotto la guida della famiglia al-Assad.

La reazione spropositata e criminale del regime siriano contro le proteste ha però reso difficile per Ankara mantenere rapporti amichevoli con il vicino, nei confronti del quale però non si è levata da parte turca alcuna voce di condanna. Accogliere i profughi è forse un modo per tenere un piede in due scarpe: con Assad e con la popolazione in fuga, casomai domani a fuggire fosse proprio Assad.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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