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MONTENEGRO: Tentato colpo di Stato. C’è davvero la mano di Mosca?

Le ultime elezioni montenegrine hanno visto la scontata vittoria del Partito Democratico dei Socialisti (DPS). Il mandato di incarico di governo è stato trasmesso a Duško Marković, colonna portante del DPS e braccio destro di Milo Đukanovic, leader del partito. Quest’ultimo si è dimesso per la terza volta nella sua carriera politica al vertice delle istituzioni montenegrine. Una tornata elettorale non proprio caratterizzata dalle novità, senonché la procura di Podgorica ha annunciato l’arresto di una ventina di individui con passaporto serbo con l’accusa di aver tentato l’omicidio di Đukanovic per rovesciare il governo e fare un colpo di Stato. L’opposizione e il suo j’accuse vedono nell’arresto un inside job atto a voler allargare le maglie della compagnia governativa per permettere ad alcuni partiti dell’opposizione di far parte della coalizione di governo.

Il procuratore generale montenegrino, Milivoje Katnić ha asserito che i sospetti sono attivisti nazionalisti russi, ma che non si hanno prove di un sostegno diretto del governo russo, nonostante sia palese che Mosca non veda di buon occhio l’ingresso nella NATO del Paese dei Balcani che si affaccia sul Mediterraneo. A tal proposito va detto che l’opinione pubblica è palpabilmente contraria alla mossa nordatlantica e Dukanovic ha approfittato di queste accuse non provate per sostenere che l’opposizione abbia ricevuto fondi russi per rovesciare il suo ventennale potere.

Ovviamente la Russia nega ogni tipo di coinvolgimento, ma va ricordato, anche se non prova alcunché, che ha supportato i partiti che si sono strenuamente opposti all’ingresso del Montenegro nella Nato.
Per ora, i russi che sembrano coinvolti sono solamente due: Eduard Širokov e Vladimir Popov, mentre gli altri sono di nazionalità serba e montenegrina. Uno di essi, Aleksandar Sinđelić, ex combattente in Ucraina nonché leader dell’associazione nazionalista Lupi Serbi, sembra che sia venuto in contatto con i due russi per essere parte attiva nel colpo di stato dirigendo con loro le operazioni da Belgrado.

Anche Belgrado alimenta il sospetto dell’intrigo internazionale dal momento che ha espulso alcuni militanti russi che sembrerebbero connessi con il colpo di stato (tra cui Širokov e Popov) e il tentato omicidio di Đukanovic. Secondo una fonte del Guardian, la Serbia ha espulso alcuni paramilitari russi per intercessione di Nikolai Patrušev, segretario del Consiglio di sicurezza Russo, il che alimenterebbe il sospetto di una connessione tra gli espulsi e il colpo di Stato a Podgorica, ma il ministro degli Interni serbo Nebojsa Stefanović ha negato ogni tipo di legame tra le due vicende.

La domanda del Montenegro per entrare nella Nato è stata accettata in maggio, e adesso necessita delle ratifiche dei 27 Stati membri dell’Alleanza. Tuttavia, Podgorica non è una gran potenza militare; numericamente parlando non arricchisce la Nato più di quanto non impoverisca la Russia, ma è vera una cosa: le sue coste sono rimaste le uniche, tra Gibilterra e Turchia, a non essere direttamente in mano all’Alleanza. E questo, invero, è un beneficio per la Nato tanto quanto è uno smacco per la Russia, oltre che una minaccia geopolitica per la sua politica di controllo.

Tutto questo non significa che sia evidente la mano di Mosca nel tentativo di colpo di Stato, ma di sicuro fa nascere dubbi sui labili confini che esistono tra gruppi di cani sciolti, organizzati o meno, e governi ufficiali che perseguono obiettivi non dichiarati e non dichiarabili.

Chi è Gianluca Samà

Romano, classe 1988, approda a East Journal nel novembre del 2014. Laureato in Relazioni Internazionali presso l'Università degli studi Roma Tre con una tesi sulle guerre jugoslave. Appassionato di musica, calcio e Balcani.

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