Dio, patria, famiglia. Il papa a Zagabria e in casa mia

Domenica è sempre domenica, recitava un vecchio refrain televisivo. La televisione (dannazione) la accendo troppo spesso e capita così di sentire papa Benedetto decimosesto mentre afferma: “la convivenza non è famiglia“. E adesso chi lo dice alla mia ragazza? Certo, quel tepore di pantofole biancogialle che già cominciavo a sentire a piedi mi preoccupava un poco, e in cuor mio ho ringraziato sua santità di avermi confermato nell’ateismo che, per pelosa precisazione, preferisco chiamare “razionalismo“.

Appena ripresomi da questo vacuo pensiero, ecco inatteso il secondo colpo: l’Unione Europea è affetta da “razionalismo” e da “centralismo burocratico”, tuona Ratzinger dall’altare di Zagabria, e insomma i croati è ovvio che si sentano sempre meno attratti da Bruxelles poiché l’Europa non ha cura dei popoli. Che papa euroscettico! sarà perché alla fine le famigerate radici cristiane dell’Europa non sono state inserite in nessun documento ufficiale dell’Unione?

Quindi, se è lecito interpretare le parole di sua santità, l’euroscetticismo croato non è dovuto a una classe politica così corrotta e incapace da mancare gli obiettivi dell’adesione, dall’infiltrazione della criminalità organizzata nelle stanze del potere, dalle retoriche nazionalistiche (si veda arresto di  Gotovina) messe in campo per “distrarre” l’opinione pubblica da scandali e corruttele. No, è colpa dell’Unione Europea che vuole troppo normare, etichettare, contabilizzare. E certo parteggiare per questa ‘Europa delle banche’ non è facile per nessuno, la costruzione necessaria di un’unità politica è distante anni luce, ma l’euroscetticismo vaticano ricorda un po’ la volpe che non arrivando all’uva la dice acerba. Insomma, da che pulpito vien la predica.

Così, esterrefatto come non mai, penso di scrivere un’opinione a caldo ma mi trattengo. In fondo sono solo pareri personali, perché mai condividerli e fare un uso così personalistico di questo spazio web? Finita la messa sorseggio un caffè. In televisione inizia la pubblicità: biscotti del mulino candido, l’acqua frizzante briosa blu e rossa, ti piace vincere facile, e poi la pubblicità progresso: “Vivi le Forze Armate. Militare per tre settimane“.

Eh?

Non ci credo. Vado sul sito del ministero della Difesa che recita: “Anche quest’anno tornano i corsi di formazione denominati  ‘Vivi le Forze Armate. Militare per tre settimane’, un’iniziativa che si pone l’obiettivo di avvicinare sempre più il mondo dei giovani a quello delle “stellette”. E’ un occasione per conoscerci meglio, reciprocamente, e per condividere i valori che promanano dalle Forze Armate riguardanti il dovere costituzionale della difesa della Patria“. E penso: i giovani non possono sposarsi, ché dove li prendono i soldi per metter su famiglia? e non pensino che convivere sia qualcosa di cristianamente accettabile (papa dixit) però possono ovviare alla disoccupazione arruolandosi nelle forze armate: potranno così sparacchiare a qualche musulmano in Afghanistan e convolare a giuste nozze.

Così mi decido, accendo il computer e scrivo questa petulante e inconcludente manfrina per dire, infine, che la “razionalistica” Europa non è la patria di nessuno, ché patria vuol dire “terra dei padri”, ‘fatherland” come spiega bene il corrispettivo termine inglese. No, l’Europa è la terra dei figli. Figli di ua nuova idea di convivenza capace di guardare oltre il concetto di nazione. Figli anche dell’immigrazione, vecchia e nuova, di quelli che qui di “padri” non ne hanno. E l’Europa dei figli non può che essere il futuro. Lasciamo ai padri pulpiti e moschetti. Ecco però che davvero quest’opinione diventa inutilmente polemica e si rischia di mancar di rispetto a coloro che la pensano diversamente. Ma chiedo venia, polemica è sempre polemica.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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2 commenti

  1. Caro Matteo, non abbatterti!
    La tua non è polemica: è solo una sana e giusta e ironica critica ad un certo modo di presentare le cose. Te lo dice un prete.
    I padri e i figli “convivono” nello stesso mondo, perchè la terra è una. Si tratta solo di non far diventare questa convivenza “polemos”, cioè scontro.
    Ma cercare l’incontro. I Padri, con umiltà, dovrebbero accostarsi ai figli non con autoritarismo e scetticismo, ma con fiducia e speranza, e anche un po’ di delicatezza: le persone sono più preziose dei princìpi.
    I Figli, con serenità, si tengono i genitori che hanno, ma creano con gioia il proprio futuro: diventeremo anche noi Padri!
    Non farti il fegato amaro, e continua a vivere con gioia le cose belle della vita!
    Ciao, e buona domenica dalle sponde bulgare del Danubio!

    • Grazie per la comprensione, “ironica” soprattutto è la parola giusta. Le tue parole, venendo da un prete, mi mettono al riparo da eventuali più aspre critiche. Non c’era nessuna intenzione offensiva, mi fa piacere che tu abbia colto il senso di quanto ho scritto

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