RUSSIA: Chiuso l’ufficio di Amnesty International

Nuovi problemi per le organizzazioni che si occupano di diritti umani in Russia. Lo scorso giovedì il personale di Amnesty International ha trovato i propri uffici di Mosca sigillati dalle autorità giudiziarie. Il motivo, secondo le fonti del Cremlino, è semplice. Come ha spiegato il portavoce dell’ufficio giudiziario di Mosca a RBK, il contratto d’affitto siglato con Amnesty International sarebbe scaduto già nel 2008 e successivamente rinnovato con la clausola che permetteva ad una delle due parti di rescindere l’accordo unilateralmente con un semplice preavviso di tre mesi. Il motivo della decisione, infatti, sarebbe il debito accumulato da Amnesty per il mancato pagamento dell’affitto dello stabile.

Decisione politica?

Il rappresentante russo di Amnesty International però non ci sta e accusa il Cremlino di voler impedire il lavoro dell’organizzazione per scopi politici. Secondo Sergey Nikitin, infatti, l’organizzazione avrebbe sempre onorato il contratto negli ultimi 20 anni e negli scorsi giorni ha pagato, come da accordi, l’affitto per il mese di ottobre. Non si è fatta attendere anche la reazione ufficiale di John Dalhuisen, direttore di Amnesty International Europe and Central Asia. In una nota ufficiale pubblicata sul sito dell’organizzazione Dalhuisen ha sottolineato come, “dato il clima attuale per il lavoro della società civile in Russia, ci sono chiaramente un numero di spiegazioni plausibili” per la chiusura della sede di Mosca. Aggiungendo poi che la mancanza di un chiaro intento da parte delle autorità di risolvere la situazione appare “come un gesto programmato, volto a impedire il nostro lavoro nella difesa dei diritti umani in Russia”.

Il caso di Il’dar Dadin

Mentre il portavoce di Putin, Dmitry Peskov, ha declinato ogni responsabilità, risulta sempre più difficile interpretare la cosa come una semplice diatriba burocratica. La decisione delle autorità arriva in un momento in cui la violazione dei diritti umani in Russia sembra tornare al centro del dibattito internazionale. La lettera di denuncia di torture e maltrattamenti cha avrebbe subito l’attivista Il’dar Dadin (che abbiamo tradotto qui) ha riacceso la luce non solo sulla violazione dei diritti umani, ma anche sulla complessa situazione del sistema giudiziario e carcerario russo.

‘Agenti stranieri’

Il dibattito intorno allo status delle ONG ha subito una netta sterzata a partire dal 2012. In seguito alle proteste che hanno preceduto il terzo mandato di Vladimir Putin e collocata in una più ampia strategia volta a limitare l’impatto domestico delle cosiddette ‘rivoluzioni colorate’ nello spazio post-sovietico si inserisce, infatti, la legge sugli ‘agenti stranieri’. Ad essere colpita per prima fu l’agenzia americana USAID, che ha dovuto abbandonare il paese nel 2012. La legge che, tramite l’etichetta di ‘agente straniero’, ha fortemente accresciuto le barriere per la registrazione di un’ONG e limitato il finanziamento e la partecipazione esterna nella loro attività, è stata ulteriormente rafforzata nel 2015. Il Cremlino ha ora carta bianca nell’identificazione di organizzazioni ‘indesiderate’ che rappresenterebbero una minaccia alla sicurezza nazionale.

Il caso di Amnesty International, in effetti, rappresenta solo un nuovo segnale della crescente pressione da parte del Cremlino sulla società civile. Appena qualche mese fa, ad esempio, alla famosa organizzazione di ricerca sociologica e sondaggi, Levada Center, è stata attribuita l’etichetta di ‘agente straniero’ a causa dei suoi legami con istituti accademici americani ed europei. Il centro, fonte di preziose analisi sulla società russa, ha visto severamente minata la propria capacità organizzativa e rischia di chiudere dopo quasi 30 anni di attività.

Chi è Oleksiy Bondarenko

Nato a Kiev nel 1987. Laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l'Università di Bologna (sede di Forlì), si interessa di Ucraina, Russia, Asia Centrale e dello spazio post-sovietico più in generale. Attualmente sta svolgendo un dottorato di ricerca in politiche comparate presso la University of Kent (UK) dove svolge anche il ruolo di Assistant lecturer. Il focus della sua ricerca è l’interazione tra federalismo e regionalismo in Russia. Per East Journal si occupa di Ucraina e Russia. Collabora anche con Osservatorio Balcani e Caucaso.

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