CINEMA: “Enclave”. Amicizia e tensioni etniche nel Kosovo del dopoguerra

Nenad ha 10 anni, e va scuola in carro armato. Tutti i giorni, spesso in compagnia del pope, i soldati (italiani) della KFOR lo accompagnano dalla frazione isolata dove vive con il padre Vuja e il vecchio e malato nonno Mile, fino alla scuola serba, dove è l’unico alunno. “Non ho un migliore amico perché dove vivo non ci sono altri bambini della mia età”, scrive nel tema. Presto farà amicizia con altri due bambini del villaggio, albanesi. “Si sente nel carro armato quando vi lanciamo contro le pietre?” “Si sente.” “Dài, dì ai soldati di portare anche noi.” “E perchè? Voi non ne avete bisogno, siete albanesi.” “E tu digli che siamo serbi! Digli che mia nonna è serba.”

Ma nel villaggio c’è anche un ragazzo più grande, Bashkim, carico d’odio nei confronti di tutti i serbi. “Chi è Bashkim?” “E’ il figlio dei pastori, quello a cui avete ucciso il padre.” “Io non ho ucciso nessuno”, si difende Nenad. I quattro bambini finiscono a giocare a nascondino sulle rovine della chiesa ortodossa, dove il pope vive in un container nell’attesa di una nuova campana da issare su un traliccio in legno. Ma da un litigio riappare di nuovo l’odio. Bashkim spara, si ferisce, Nenad resta imprigionato sotto alla campana. La famiglia albanese fa scattare la faida contro i serbi.

E come Nenad, sotto a una campana, sembra questo film raccontare lo svolgersi della vita dei pochi serbi rimasti nelle enclavi rurali del Kosovo. Storia di un matrimonio e un funerale paralleli, in due comunità divise dall’odio e del rapporto tra due bimbi, Nenad e Bashkim, come specchio del conflitto e unico luogo in cui può nascere il cambiamento.

Enclave, del regista serbo Goran Radovanović, è film vincitore del Bergamo Film Meeting 2016 e del Napoli Film Festiva. Presentato dalla Serbia all’ultima edizione degli Oscar, è uscito nelle sale italiane dal 27 ottobre, distribuito da Lab 80 film. «Con questo film ho voluto indagare il nodo centrale della disputa serbo-albanese – ha detto il regista, Goran Radovanović -, che quindici anni fa ha portato a guerra, crimini e distruzione. Io intendo far nascere questa domanda: è possibile la coesistenza di queste comunità, in una realtà segnata dalla presenza di enclavi? La mia risposta è di una chiarezza cristallina: l’odio, basato sulla paura del diverso, permane ancora fra le due comunità. La paura è l’assenza di amore. Per questo l’eroe di questa storia è un ragazzo di dieci anni che osa fare qualcosa di inimmaginabile per cristiani e musulmani del Kosovo: cercare un amico nell’altra comunità. Ho voluto fare un film contro la guerra, basato su una storia di perdono e amore».

Il tema affrontato dal regista serbo è delicato, ancor più se rischia di presentarsi in versione apologetica o vittimista. Enclave non è completamente scevro da una certa tipizzazione. L’eroe serbo, Nenad, è un bambino impavido e sincero, mentre il suo antagonista albanese Bashkim è un violento in grado di redimersi dei suoi atti solo nel finale. Pur tuttavia, il valore aggiunto del film sta forse nell’essere una storia serba, raccontata da serbi, per serbi – in grado di raccontar loro, si spera, che superare le barriere è possibile, anche se difficile.

Enclave è un film delicato, nonostante i dialoghi secchi e l’accelerazione della trama sul finale. Resta il dubbio sulla verosimiglianza e contemporaneità della storia raccontata: una vicenda di tensione etnica che sembra adattarsi meglio al Kosovo del 2004 che a quello del 2016 – in cui, pur con tante difficoltà, si gettano ponti tra le due comunità.

Enclave resta una storia che sottolinea bene, senza partito preso, le difficoltà – o l’impossibilità – della convivenza dopo il conflitto. Giusto prima del funerale del nonno, la casa di Nenad viene perquisita dalla polizia kosovara, che scopre e sequestra varie armi. Sarà una poliziotta tedesca a spiegare a Vuja come tali armi “siano un rischio per il ritorno del conflitto” e a invitarlo a far parte della nuova polizia multinazionale del Kosovo. “Le offriamo un futuro; il suo lavoro contribuirebbe alla protezione della minoranza serba.” Ma Vuja rifiuta: per lui, i poliziotti che lavorano per il governo di Pristina sono dei traditori. Alla famiglia non resta che trasferirsi a Belgrado. Ma anche nella nuova città non sarà facile per Nenad. Se in Kosovo per tutti era solo “srbin”, il serbo, a Belgrado per i compagni di scuola è subito “Šiptar”. Dimostrazione di come gli stereotipi siano reciproci e di come si diventi in fretta “l’albanese” di qualcuno altro.

Enclave è nelle sale italiane, distribuito da Lab80, a partire dal 27 ottobre; le prime sale a proiettarlo sono: Teatro San Marco, Trento; Cinema Sala Pegasus, Spoleto; Multisala America, Genova; Cinema Arlecchino, Monte Urano (FM); Cinema Ciak, Roma; Postmodernissimo, Perugia; Cinema Lab 80, Bergamo.

Chi è Davide Denti

Dottore di ricerca in Studi Internazionali presso l’Università di Trento, si occupa di integrazione europea dei Balcani occidentali, specialmente Bosnia-Erzegovina.

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