Servizio de “Le Iene” sulla Bosnia, un falso? “Assolutamente no”, la replica di Pelazza

East Journal ha raggiunto Luigi Pelazza, giornalista de “Le Iene”, accusato dalla Procura della Repubblica bosniaca di avere realizzato una “messinscena” in merito al servizio sul traffico di armi in Bosnia Erzegovina andato in onda lo scorso 2 ottobre. Quel video, secondo le autorità bosniache, sarebbe un falso. Qui l’articolo di East Journal sulla vicenda. Di seguito la replica di Pelazza.

Lei come commenta le dichiarazioni apparse sui media bosniaci, secondo la quale il servizio realizzato dalle Iene in merito al traffico di armi in Bosnia Erzegovina sarebbe stato un falso e le persone coinvolte non sarebbero stati trafficanti ma – cito dal comunicato della Procura della Repubblica di Sarajevo – persone pagate per recitare in una messinscena?

Noi stiamo preparando un altro pezzo in cui mostriamo gli incontri precedenti al filmato, dai quali emerge chiaramente che non si tratta di una montatura e si vedranno gli incontri precedenti, e come le persone coinvolte nel video, che adesso dicono di essere stati pagati e di non essere trafficanti, avevano comportamenti che sarebbero in totale contraddizione con una ipotetica messinscena, quali la diffidenza, la cautela nel gestire l’incontro con noi, la pericolosità della gestione del traffico, che non possono essere anche quelli frutto di un preventivo accordo.

La Procura della Repubblica però dice chiaramente che si tratta di persone pagate per fare da figuranti nel vostro video, e che si tratta di persone ben note alle autorità, alcuni anche tossicodipendenti, che avrebbero accettato di recitare una parte in cambio di denaro

Abbiamo in totale cinque ore di registrazione, e diremo chiaramente che siamo pronti a mandare il tutto alla Procura della Repubblica bosniaca, se ce ne farà richiesta. Quelle cinque ore sono la testimonianza del fatto che non è una messinscena. Se lo fosse stata, allora avremmo dovuto concordare ogni parola detta in quelle cinque ore, ed è inverosimile.

Quindi lei smentisce che si sia trattato di un falso

Assolutamente.

Allora a mentire sarebbero stati gli arrestati

Certo, evidentemente lo hanno detto per scagionarsi. E manderemo il prossimo video senza copertura, così tutti potranno vedere di che si tratta. Accadde già anni fa in Perù, anche in quel caso delle persone arrestate dissero di essere state pagate per farlo. Noi gli facemmo vedere l’intero girato e tutto si chiarì. La domanda è come fa un Pm a prendere per vera una dichiarazione rilasciata così, senza ulteriori prove? Almeno prima si chiedano informazioni anche a noi, si facciano le debite verifiche, si visioni l’intera registrazione.

Parte di quella registrazione sarà messa in onda durante la prossima puntata, domenica 9 ottobre, a beneficio del pubblico.  

 

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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