Perché la Chiesa georgiana ha disertato la visita del Papa?

Papa Francesco ha recentemente fatto ritorno in Italia dopo la seconda parte della sua missione pastorale nel Caucaso, che lo ha portato in Georgia e Azerbaigian. Una delle tappe principali del viaggio del Papa in Georgia è stata la visita alla cattedrale di Svetiskhoveli, a Mtskheta, centro spirituale della Chiesa ortodossa georgiana.

Qui il Papa, affiancato dal Patriarca della Chiesa ortodossa georgiana Ilia II, ha reso omaggio all’edicola di Santa Sidonia, seppellita secondo la tradizione insieme alla tunica di Gesù. Cogliendo l’occasione, Francesco ha voluto ricordare proprio il mito della sacra tunica, “indivisa e senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo”, affermando di provare dolore nel vedere divisioni tra i cristiani, definite “lacerazioni inferte alla carne del Signore”. Con queste parole il Papa ha voluto enfatizzare uno dei motivi principali del suo viaggio in Georgia, il riavvicinamento tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa georgiana; affermando che “le contrapposizioni possono essere sanate e gli ostacoli rimossi”, a patto che non si rinunci alle occasioni di dialogo e incontro.

La Chiesa georgiana è da sempre stata una delle chiese ortodosse più conservatrici e fiere della propria autonomia, al punto da avere relazioni complicate con la maggior parte delle altre chiese cristiane. Nel giugno scorso, ad esempio, la Chiesa georgiana è stata una delle quattro chiese ad aver dato forfait al concilio pan-ortodosso di Creta, organizzato dopo oltre un millennio dall’ultima volta. Sempre la Chiesa georgiana è stata l’unica tra le chiese ortodosse a prendere le distanze da un recente accordo teologico tra cattolici e ortodossi raggiunto a Chieti lo scorso settembre.

Gli ortodossi disertano la messa

Nel corso del suo secondo giorno in Georgia, il Papa ha celebrato la messa presso lo stadio Mikheil Meskhi di Tbilisi, evento al quale hanno preso parte anche diverse autorità politiche e alcune delegazioni della Chiesa armena e di quella assiro-caldea, compresa una delegazione non ufficiale della Chiesa ortodossa georgiana. Alla messa non ha presenziato il Patriarca Ilia II, nonostante l’incontro amichevole avuto con Francesco proprio il giorno precedente, nel corso del quale cui i due leader religiosi si sono anche scambiati un abbraccio fraterno. Ufficialmente il canone della Chiesa ortodossa georgiana non prevede la partecipazione di religiosi ad altre funzioni, il che spiega l’assenza del Patriarca, il quale attraverso un comunitcato ha inoltre invitato anche i laici a non prendere parte alla celebrazione, prendendo un po’ in contropiede il Pontefice, che si è ritrovato a celebrare la messa in uno stadio semivuoto, popolato solo da qualche migliaio di persone rappresentanti principalmente la piccola comunità cattolica locale, con l’eccezione di un piccolo gruppo di ortodossi che ha deciso di presentarsi comunque alla celebrazione.

La partecipazione di una delegazione della Chiesa ortodossa georgiana – seppur non ufficiale – alla messa celebrata da Francesco rappresenta comunque un passo avanti rispetto al precedente del 1999, quando Papa Giovanni Paolo II, in visita nel paese caucasico, celebrò la messa sempre davanti a uno sparuto gruppo di fedeli, ma questa volta senza alcuna partecipazione della comunità ortodossa, che anzi fece in modo di diffondere attraverso i media un messaggio secondo cui partecipare a quella messa sarebbe stato un “peccato mortale”, come ricordato su Twitter da padre Antonio Spadaro, direttore della rivista gesuita “La Civiltà Cattolica”.

Una porta nel deserto

Entrando nello stadio di Tbilisi, Papa Francesco ha simbolicamente attraversato la Porta Santa della Misericordia, fatta costruire dall’amministratore apostolico dei Latini nel Caucaso Giuseppe Pasotto e successivamente trasportata sul palco dello stadio Meskhi per la celebrazione della messa. Prima dell’arrivo del Papa la porta si trovava nel bel mezzo di un campo deserto a Rustavi, città industriale a pochi chilometri da Tbilisi, dove da diversi anni la piccola comunità cattolica locale aspetta il permesso di costruire un nuovo edificio religioso. Il terreno in questione è stato acquistato nel 2013 dalla Chiesa cattolica, ma da allora il sindaco di Rustavi non ha ancora firmato i documenti necessari a chiudere la pratica.

In segno di protesta, lo scorso dicembre Giuseppe Pasotto, in occasione del Giubileo della misericordia indetto da Papa Francesco, ha benedetto e aperto la Porta Santa, nell’attesa – e nella speranza – che diventi presto parte della Chiesa della Divina Misericordia. Nel frattempo la comunità cattolica ha intrapreso vie legali, riuscendo per ben due volte a far riconoscere dal tribunale di Rustavi il voluto rallentamento delle procedure da parte delle autorità. Pochi giorni dopo l’ultima sentenza del tribunale però, sul cancello d’ingresso al campo dove sorge la Porta Santa è comparsa una minacciosa scritta, “Juzepe Stop!!!”, che fa capire come l’espansione della comunità cattolica non sia accettata di buon grado da quella ortodossa.

La lotta al proselitismo

Uno dei principali motivi per cui la Chiesa cattolica non è benvista dalla maggioranza ortodossa del paese è legato ai timori di quest’ultima nei confronti del proselitismo romano. Questo spiega il distacco con cui venne accolto Papa Giovanni Paolo II nel 1999, così come fa capire perché le autorità ortodosse abbiano deciso di non autorizzare i propri fedeli a partecipare alla messa celebrata da Francesco, il quale nel giorno dell’arrivo nella capitale Tbilisi è stato contestato da un piccolo gruppo di ultra-conservatori, che hanno definito il Pontefice un “arci-eretico”.

Per cercare di superare questa diffidenza, nel corso dell’incontro con il clero a Tbilisi Francesco ha voluto mandare un messaggio di pace agli stessi ortodossi, affermando che “c’è un grosso peccato contro l’ecumenismo: il proselitismo. Mai si deve fare proselitismo contro gli ortodossi! Sono nostri fratelli e sorelle, discepoli di Gesù”. Per Papa Francesco, il riavvicinamento tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa georgiana passa soprattutto da questo punto; solo se le due comunità impareranno a dialogare e rispettarsi a vicenda potranno superare il muro di diffidenza che le separa.

Chi è Emanuele Cassano

Ha studiato Scienze Internazionali, con specializzazione in Studi Europei. Per East Journal si occupa di Caucaso, regione a cui si dedica da anni e dove ha trascorso numerosi soggiorni di studio e ricerca. Dal 2016 collabora con la rivista Osservatorio Balcani e Caucaso.

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