LETTONIA: Critiche alla campagna Onu sui rifugiati “Noi faremmo lo stesso”

Una campagna di sensibilizzazione sul tema dell’accoglienza dei profughi di forte impatto ma anche dai risultati contraddittori, quella appena lanciata in Lettonia e negli altri paesi baltici dall’UHNCR, l’agenzia dell’ONU per i rifugiati, “Mēs darītu tāpat!” (Noi faremmo lo stesso), che ha scatenato forti reazioni, anche a livello diplomatico e istituzionale.

La campagna dell’UNHCR è partita nei giorni scorsi e durerà fino a dicembre. Prevede una serie di manifesti per le strade e dei video, in cui si spiega la situazione dei rifugiati, in particolare quelli provenienti dalla Siria e i motivi per cui i profughi scappano dalla loro terra, sostenendo esplicitamente che i lettoni e gli altri popoli baltici farebbero la stessa cosa se si trovassero nelle condizioni dei siriani oggi.

Il tema dell’accoglienza dei profughi e degli immigrati in Lettonia è molto dibattuto e controverso. Sono tanti i settori della società lettone che vedono nelle ondate migratorie di questi mesi un rischio per la stabilità della propria società. Le ragioni dell’accoglienza sono sostenute da altri settori della società, specie da una buona parte degli intellettuali, ma finiscono per scontrarsi con le ataviche paure di popoli che solo di recente hanno riacquistato la propria libertà ed indipendenza e vengono da secoli di domini e dittature straniere, in cui l’identità nazionale, la lingua, la loro cultura è stata messa a forte rischio.

Chi sostiene l’accoglienza dei profughi siriani e degli altri paesi arabi e africani, ricorda che gli stessi lettoni negli anni quaranta, in particolare dopo la fine della guerra e la seconda invasione della Russia, hanno scelto di scappare all’estero per non restare a vivere sotto la dittatura stalinista e col rischio incombente delle deportazioni. L’immagine tipica di questa tesi sono le barche piene di lettoni che partivano nel 1944/45 dalle coste del Kurzeme in direzione della Svezia. Non bisogna poi dimenticare il fatto che nell’ultimo decennio sono stati moltissimi i lettoni emigrati all’estero per motivi economici, alla ricerca di lavoro e salari migliori.

Ma non tutti la pensano così in Lettonia. Anzi una parte dell’opinione pubblica lettone trova persino offensiva la frase “Noi faremmo lo stesso”, ricordando nel passato i tanti lettoni che hanno perso la vita durante nelle lotte di liberazione del paese e durante le due guerre mondiali, e poi i “mēžabraļi” i partigiani che si nascosero nei boschi organizzandosi per bande armate contro il regime sovietico negli anni cinquanta, per finire ai lettoni che oggi sono impegnati nelle forze armate e soprattutto nelle guardie nazionali, formate da volontari che prestano il loro servizio nel controllo e nella difesa del territorio, in particolare ai confini orientali del paese e della stessa UE, alle frontiere con Russia e Bielorussia.

Proprio riferendosi al rispetto per le forze armate, per la Guardia nazionale e per la memoria dei tanti lettoni che si sono sacrificati per la libertà del loro paese, il ministero della Difesa lettone ha inviato una richiesta precisa al ministero degli Esteri, perché chieda ufficialmente all’UNHCR di sospendere la campagna “Noi faremmo lo stesso”.

Per il sottosegretario alla Difesa lettone Jānis Garisons, la campagna dell’UNHCR non è corretta, perché non si basa sui temi umanitari dell’accoglienza, ma propone una tesi inaccettabile, quella che i lettoni siano pronti a lasciare il proprio paese, piuttosto che difendere la propria nazione. La questione è: siete proprio sicuri che noi faremmo lo stesso? “I lettoni vogliono difendere il loro paese, per questo non accadrà mai alla Lettonia di trovarsi nella situazione in cui i propri cittadini decidono in massa di fuggire dal proprio paese” sostiene Garisons.

Dal dipartimento lettone dell’UNHCR si difende invece la campagna appena avviata. Zorans Stevanovičs afferma che la campagna ha lo scopo di far capire ai lettoni che le persone che scappano dalla Siria hanno davvero bisogno di aiuto e protezione. “Sono persone come noi. Scappano da un conflitto, per salvarsi la vita”.

La campagna si basa sulla diffusione di informazioni sulla situazione del conflitto in Siria e propone un diretto paragone fra le persone che fuggono dalla Siria e i cittadini lettoni, mostrando che siriani e lettoni, con lo stesso grado di istruzione, di formazione e di lavoro, farebbero le stesse identiche scelte, in una situazione come quella che si è creata in Siria.

Chi è Paolo Pantaleo

Giornalista e traduttore, Firenze-Riga. Jau rīt es aiziešu vārdos kā mežā iet mežabrāļi

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