La strage dimenticata di Pola, 70 anni dopo

STORIA: Vergarolla, a 70 anni dalla strage dimenticata degli italiani d’Istria

La fine della guerra, una città italiana in Jugoslavia, i servizi segreti di Tito, l’esodo: questi sono solo alcuni degli elementi di una strage a lungo dimenticata, causata dall’esplosione avvenuta il 18 agosto di 70 anni fa sulla spiaggia di Vergarolla a Pola, in Istria, nella quale persero la vita decine di persone. La tragedia si innesca nella complessa questione delle terre contese tra Italia e Jugoslavia al termine del secondo conflitto mondiale, il che ha reso ancora più difficile comprendere le responsabilità di quel massacro. Dopo 70 anni, le speranze di avere certezze su tale vicenda sono ridotte al minimo, ma è comunque possibile ricostruire gli eventi, inquadrarli nel contesto politico dell’epoca ed esaminare le diverse interpretazioni emerse nel tempo.

Il contesto

Al termine della guerra, le aree a cavallo del confine tra Italia e Jugoslavia, segnate dalla violenza fascista, dalla lotta partigiana, dalle foibe e dalle vendette anti-italiane, furono divise in due zone, la zona A sotto comando angloamericano e la zona B sotto controllo jugoslavo. Pur facendo parte della zona B, la città di Pola, a maggioranza italiana, fu affidata al controllo alleato, divenendo una sorta di enclave italiana in territorio jugoslavo. La maggioranza della popolazione sperava che questa condizione fosse la premessa ad un ritorno all’Italia, ma le trattative tra le grandi potenze andavano ormai in un’altra direzione, favorevole al Maresciallo Tito.

I fatti

È in una città dal futuro incerto che il 18 agosto 1946 venne organizzata nella spiaggia di Vergarolla la Coppa Scarioni, un torneo di gare natatorie, che aveva anche un carattere di manifestazione di italianità molto marcato. Ad un lato della spiaggia erano accatastate delle mine navali residuo del conflitto, considerate innocue. Proprio quelle mine, però, furono fatali: alle 14 e 15 un’enorme esplosione squarciò la spiaggia. Diverse stime parlarono di un centinaio di morti, anche se le vittime ad oggi accertate risultano 65, tra cui numerosi bambini. Molti corpi furono letteralmente polverizzati.

Le conseguenze

Nell’immaginario collettivo dei polesani, la strage di Vergarolla segnò il punto di non ritorno. Certi che i responsabili fossero i titini, i cittadini italiani di Pola realizzarono che, finiti sotto il controllo jugoslavo, la loro stessa esistenza sarebbe stata in pericolo. L’alternativa non poteva che essere l’esodo: i mesi successivi alla tragedia videro, difatti, la partenza di circa 25.000 polesani alla volta dell’Italia. La città di Pola divenne ufficialmente jugoslava il 15 settembre 1947, con il nome di Pula.

Le indagini

Nonostante inizialmente si prospettò l’ipotesi dell’incidente (così l’evento fu riportato dalla stampa italiana), le indagini della polizia inglese dimostrarono che le mine erano disinnescate e che solo l’intervento dell’uomo avrebbe potuto farle esplodere. Le indagini stesse, però, non accertarono chi fossero i responsabili dell’accaduto, lasciando la strage senza colpevoli. Con l’avvento del regime titino la vicenda venne totalmente dimenticata, e l’Italia stessa pose il coperchio su una delle più grandi stragi di italiani del dopoguerra.

Le versioni

La tesi dell’attentato orchestrato da Tito rimane la più accreditata. Nel quadro di un piano di de-italianizzazione dell’Istria, la strage avrebbe avuto l’obiettivo di spingere gli italiani a partire, favorendo l’omogeneità etnica della regione. Tale versione, da sempre sostenuta dagli esuli, troverebbe conferme da alcuni documenti emersi dagli archivi inglesi, in particolare un’informativa dei servizi italiani del ’46, che attribuirebbe la responsabilità dell’esplosione all’OZNA, il servizio segreto jugoslavo. Anche alcune testimonianze rafforzerebbero tale ipotesi.

Una variante di questa versione prevede sì la responsabilità degli jugoslavi, ma con lo scopo non di innescare l’esodo, quanto di fermare la resistenza anti-slava che si stava formando in Istria. Una guerriglia che aveva portato all’uccisione di alcuni soldati titini pochi giorni prima di quel 18 agosto e che Vergarolla contribuì a disinnescare. Altre tesi attribuiscono le responsabilità a gruppi neofascisti italiani, che avrebbero agito per provocare un conflitto tra la Jugoslavia e gli americani, ma tale tesi non trova alcun riscontro.

Per quanto manchino certezze per ricostruire in pieno la vicenda, ciò che appare certo è il suo legame con le tensioni internazionali del dopoguerra e l’inizio della guerra fredda, che avevano in quest’area un punto di frizione. Proprio tale contesto ha fatto sì che la strage di Vergarolla fosse per decenni dimenticata, nonostante la sua efferatezza e le sue tragiche dimensioni.

Chi è Riccardo Celeghini

Laureato in Relazioni Internazionali presso la facoltà di Scienze Politiche dell'Università Roma Tre, con una tesi sui conflitti etnici e i processi di democratizzazione nei Balcani occidentali. Ha avuto esperienze lavorative in Albania, in Croazia e in Kosovo, dove attualmente vive e lavora. E' nato nel 1989 a Roma. Parla inglese, serbo-croato e albanese.

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