SERBIA: Un paese senza governo

Da BELGRADO – Sono passati più di due mesi e mezzo da quando si sono tenute le elezioni parlamentari anticipate in Serbia. Il partito del primo ministro Aleksandar Vučić, il Partito Progressista Serbo, aveva ottenuto oltre il 48% delle preferenze, ovvero 131 seggi al parlamento serbo, che tuttavia non sono sufficienti per governare in autonomia.

Da allora, Vučić è investito della carica di “mandatario del governo”, ovvero colui che ricoprirà la carica di primo ministro e che ha il compito di nominare le persone che andranno a formare l’esecutivo. Tuttavia, nonostante le innumerevoli consultazioni, si sa ancora poco su chi occuperà le varie posizioni. Quel che è peggio è che, inspiegabilmente, Vučić continua a rimandare il termine entro il quale sarà formato il governo.

Inizialmente, il primo ministro uscente aveva dichiarato che “il governo sarà formato entro l’8 giugno”; poi il termine è slittato al 16 giugno, dopo la visita del presidente cinese Xi Jinping; poi entro la fine di giugno; poi entro la Conferenza internazionale di Parigi del 3 luglio; e ancora, entro l’apertura dei capitoli negoziali 23 e 24 con l’Unione Europea, prevista per il 19 luglio; ed infine, stando alle ultime dichiarazioni, il governo verrà formato entro il 17 agosto.

Secondo la legge serba, il termine ultimo per formare il governo scade dopo 90 giorni dalla prima seduta del parlamento, ovvero entro l’inizio di settembre. Ciononostante, quel che preoccupa è che il mandatario non abbia fornito spiegazioni su questo continuo ritardo e di fatto non sussistono elementi in grado di giustificarlo. Quel che è invece del tutto normale, a giudicare dalla prassi con cui Vučić ha governato negli ultimi due anni, è che questi non mantenga quanto promesso e che attraverso queste dichiarazioni continui a prendersi gioco dell’elettorato.
Sempre in questo stile, infatti, rientrano le dichiarazioni che hanno caratterizzato gli ultimi esecutivi di Belgrado, secondo le quali “il popolo comincerà a vivere meglio entro…”, fine anno, metà dell’anno prossimo, due anni, e via dicendo, mentre dall’altro lato stipendi e pensioni restano fissi, se non in lieve calo, a fronte dell’indebolimento del potere d’acquisto del dinaro serbo.

Consultazioni e regolamenti di conto

L’ultimo governo vedeva il partito socialista serbo come fedele alleato di governo e secondo alcune speculazioni questo risulterebbe l’alleato più naturale anche per il prossimo esecutivo, anche se non si sa quali poltrone sarebbero destinate ai socialisti di Ivica Dačić.
L’unico accordo sicuro, arrivato all’indomani delle elezioni del 24 aprile, è quello con il partito della minoranza degli ungheresi di Vojvodina, che supporterà il programma di Vučić.

Oltre a continuare a promettere che il governo sarà formato entro i termini stabiliti dalla legge, Vučić ha dichiarato che avrà bisogno di gente che lotta, ovvero che accetterà di lavorare per il programma di riforme che il suo partito cerca di attuare da oltre due anni. Per riforme bisogna includere la privatizzazione di numerose aziende pubbliche, nonché il piano d’attuazione degli incentivi per attirare il capitale straniero per i progetti d’investimento che il governo definisce di “importanza nazionale”.
Tra questi rientra anche “Belgrado sull’acqua“, progetto macroscopico che vorrebbe trasformare una zona del centro della capitale in una sorta di Dubai, con tanto di grattacielo a picco sul fiume Sava. Questo progetto si è trovato al centro di uno scandalo quando proprio la notte dello spoglio delle schede elettorali una banda di uomini incappucciati e armati di ruspa hanno distrutto alcuni edifici prendendo ostaggi e godendo dell’inazione della polizia. Questo episodio ha scatenato la protesta dei belgradesi che da settimane, attraverso proteste di massa, chiedono le dimissioni delle principali cariche cittadine. Forse il futuro primo ministro aspetta di risolvere anche questa questione “interna” prima di dare ufficialità al nuovo esecutivo.

Le speculazioni

Secondo il professore di Scienze Politiche, Čedomir Čupić, il problema non sta nel rimandare ma nel non dare una spiegazione precisa ed argomentata. In questo modo si lascia spazio alle speculazioni, in primis quelle secondo le quali il governo tardi ad arrivare a causa di “pressioni esterne”. In questo senso andrebbe interpretata, per esempio, la visita privata a Mosca, dove il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin, si è augurato che al governo di Belgrado siedano politici che curino gli interessi reciproci tra i due paesi.

Dall’altro lato, al summit internazionale di Parigi del 3 luglio, il cui tema erano i Balcani occidentali, Vučić si è presentato come mandatario del governo serbo. Tra le altre questioni discusse, l’apertura dei capitoli 23 e 24, di fondamentale importanza nel processo di adesione della Serbia all’Unione Europea, che verranno trattati il prossimo 19 luglio. Di conseguenza, rimandare la formazione del governo dopo questo appuntamento lascia intuire che l’esecutivo serbo non presenterà forze politiche in grado di intralciare la strada di Belgrado verso Bruxelles.

Dal canto suo, Aleksandar Vučić, in armonia con il suo stile un po’ teatrale, si giustifica verso i giornalisti che gli chiedono spiegazioni ribattendo “non vedete cosa sta succedendo nel mondo?”, alludendo alle guerre e ai recenti attentati terroristici, dimenticandosi tuttavia che egli è responsabile solo ed esclusivamente verso il popolo che rappresenta.

Foto: vignetta di Corax

Chi è Giorgio Fruscione

Giorgio Fruscione è Research Fellow e publications editor presso ISPI. Ha collaborato con EastWest, Balkan Insight, Il Venerdì di Repubblica, Domani, il Tascabile occupandosi di Balcani, dove ha vissuto per anni lavorando come giornalista freelance. È tra gli autori di “Capire i Balcani occidentali” (Bottega Errante Editore, 2021) e ha firmato due studi, “Pandemic in the Balkans” e “The Balkans. Old, new instabilities”, pubblicati per ISPI. È presidente dell’Associazione Most-East Journal.

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