RUSSIA: L’asse silenzioso Mosca-Berlino che aggira le sanzioni

Il 21 giugno il Consiglio europeo ha rinnovato per altri sei mesi le sanzioni economiche alla Russia che colpiscono il settore finanziario, energetico, industriale, militare e che sarebbero decadute, se non prorogate, il prossimo 31 luglio. L’Unione Europea ha anche rinnovato di un anno, fino a giugno 2017, le sanzioni limitate al territorio della sola Crimea, che comprendono divieto di import verso l’UE, investimenti, acquisti di immobili, finanziamenti ed export dall’UE di tecnologia, trasporti ed energia. Inoltre sono ancora attive, fino al 15 settembre, le restrizioni individuali al libero spostamento nel territorio dell’Unione contro i sostenitori, o presunti tali, della causa separatista: nello specifico, 146 individui e 37 società. A tutto ciò si aggiungono le contro-sanzioni con le quali Mosca ha contraccambiato e che nel complesso, indubbiamente, ledono l’export sia europeo che russo.

Il rinnovo delle sanzioni è stato approvato all’unanimità dai paesi dell’UE, nonostante la progressiva tendenza contraria portata avanti in primis da Cipro, Grecia, Ungheria, ma anche Italia (pochi giorni prima si era tenuto il vertice economico a San Pietroburgo al quale ha presenziato Renzi) e Francia (dove in Parlamento si è votata una risoluzione contraria alle sanzioni). Si sta sviluppando da tempo ormai una opposizione dettata da ragioni economiche verso quelle sanzioni che hanno ragione di esistere in qualità di richiamo e condanna verso le azioni del Cremlino nel Donbass e in Crimea. Gli accordi di Minsk continuano a non venire rispettati e, pertanto, Mosca non poteva che aspettarsi il rinnovo delle sanzioni, nonostante strizzate amichevoli d’occhio da parte di singoli partner.

C’è tuttavia qualcuno che, nonostante l’apparente linea ferrea che vuole farsi castigatrice di Mosca fintanto che questa non rispetti gli accordi internazionali, da tempo ha restaurato il partenariato commerciale e finanziario con il Cremlino. La Germania infatti, che si è sempre detta a favore del mantenimento delle sanzioni finchè non verranno osservati gli accordi di Minsk, in realtà nasconde piani concreti per il proseguimento delle relazioni commerciali tra Berlino e Mosca. Vediamo un po’ di dati.

Dopo due anni di pausa il 24 giugno scorso Berlino ha di nuovo ospitato il meeting di lavoro russo-tedesco in materia di economia e finanza, che era stato inaugurato da Putin e Schröder nel 2000. Si sono discussi piani di investimento, produzione, import, ma si è anche parlato di collaborazione in materia di energia, di sicurezza, di istruzione e ricerca. Tra gli accordi siglati, alcuni progetti di investimento, come la creazione di fabbriche co-finanziate a Kaliningrad e Tver’, ma anche di un nuovo centro di innovazione energetica tataro-tedesco a Kazan’, della futura cooperazione in ricerca tra il rinomato ospedale universitario Charité di Berlino e l’Accademia delle Scienze russa e di quella tra l’Università tecnica di Kazan’ e l’Istituto tedesco Fraunhofer.

In seguito all’introduzione delle sanzioni, la Germania negli ultimi anni ha inoltre registrato un notevole aumento di imprese delocalizzate direttamente in territorio russo. La Deutsche Bundesbank ha dichiarato che se nel 2014 gli investimenti tedeschi in Russia erano pari a 320 milioni di euro, nel 2015 la quota ha raggiunto addirittura 1,78 miliardi, tornando ai livelli del periodo record 2006-2008. Nel solo primo trimestre del 2016 la banca federale attesta investimenti tedeschi nell’economia russa per 1,1 miliardi di euro. Una ricerca della società di revisione Ernst&Young ha affermato che i tedeschi sono gli investitori più attivi del mercato russo. I progetti di investimento tedeschi sono passati dagli 11 del 2014 ai 36 del 2015, superando così gli Stati Uniti e i loro 29 progetti.

I dati attestano un clima lontano da quello di crisi nella partnership russo-tedesca e sembrano silenziosamente contraddire l’apparente rigidità di Berlino verso Mosca.

Chi è Martina Napolitano

Dottoressa di ricerca in Slavistica presso l'Università di Udine, è direttrice editoriale di East Journal e scrive principalmente di Russia.

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