CROAZIA: Il fallimento del disegno illiberale di Karamarko

Zagreb, 17.06.2015 - Obilježavanje 26. obljetnice osnivanja HDZ-a na igralištu NK Jarun. Na fotografiji Tomislav Karamarko. foto HINA/ Daniel KASAP / dk

Il progetto dell’Unione Democratica Croata (HDZ) di Tomislav Karamarko è fallito. Lo slogan della re-Tuđmanizzazione con il quale nel 2012 l’ormai ex-presidente dell’HDZ aveva conquistato la presidenza del partito ha avuto un impatto limitato in termini di consenso elettorale, e ha riscosso perlopiù indifferenza (tra i propri sostenitori) o forte opposizione (dagli avversari) nell’applicazione delle sue politiche di riconoscimento.

Come abbiamo spiegato in precedenza, il piano di Karamarko per la Croazia (mediato dai leader dei paesi vicini, come Vučić e Orban) si muoveva su due linee principali: controllare i media per limitarne le voci critiche e fissare definitivamente i miti fondanti della Croazia post-jugoslava, e riprendere il controllo degli apparati di sicurezza, in particolare dell’Ufficio per la lotta alla corruzione e al crimine organizzato, percepito come anti-HDZ e legato al partito di opposizione SDP e alle potenze straniere.

Le ragioni dell’ascesa di Karamarko

La verità è leggermente diversa: l’indipendenza della magistratura e soprattutto dell’Ufficio per la lotta alla corruzione e al crimine organizzato (USKOK), così come della sua personale polizia giudiziaria (PNUSKOK – la “guardia di finanza” croata), fu una ferma e centrale richiesta della vituperata Unione Europea a una Croazia restìa a intervenire in quel settore. Alla formazione dell’USKOK sono poi seguite le indagine per reati di corruzione che hanno investito l’ex Premier HDZ Sanader. Per quanto non si possa garantire sull’indipendenza di tali uffici, è lecito pensare che data la centralità del loro controllo nel piano di Karamarko essi siano una spina nel fianco per l’HDZ e i suoi iscritti, e un possibile strumento da utilizzare contro i propri avversari. Tuttavia, nel disperato tentativo di tornare al potere, l’HDZ ha garantito al suo ex partner di coalizione MOST sia il Ministero dell’Interno che quella della Giustizia, nell’errata convinzione di poterne successivamente influenzare le scelte, o in alternativa ricattarli.

L’egemonia dell’HDZ è iniziata nell’aprile del 1990, dopo aver battuto la Lega dei Comunisti di Croazia alle fatali prime elezioni multipartitiche jugoslave. Grazie al sistema elettorale maggioritario della Repubblica Socialista di Croazia, il partito di Tuđman otteneva il controllo assoluto degli organi di potere, e poco dopo una buona fetta della burocrazia repubblicana entrava nel partito. Decisa a controllare la Croazia, l’HDZ faceva propri i mezzi tipici delle leghe dei comunisti repubblicane jugoslave. Tali aspetti, come il centralismo democratico, il controllo della società attraverso canali informali, e la volontà di imporre un’ideologia di stato, si saldarono perfettamente nell’esperienza bellica, nella persistente retorica nazionalista del dopoguerra, e nelle ambigue privatizzazioni della transizione economica. Il controllo dell’HDZ sulla società croata iniziò a vacillare con la vittoria delle opposizioni nel 2000, per poi ridursi ulteriormente attraverso l’integrazione europea e la (seppur fragile) maggiore indipendenza delle istituzioni pubbliche.

Completata l’integrazione, il ritorno alle origini

L’elezione di Karamarko alla Presidenza dell’HDZ nel 2012 rispose alla frustrazione serpeggiante all’interno del partito, dopo che l’USKOK ne avevano mostrato la presa tentacolare sulla società, determinandone la sconfitta elettorale del 2011. La linea moderata ed europeista di Jadranka Kosor, erede di Sanader al governo con le minoranze, venne sconfitta da quella di Karamarko, già capo dei servizi segreti e ministro dell’interno, che prometteva un ritorno alla purità delle origini, all’egemonia dell’HDZ secondo il disegno dell’Otac domovine (il “padre della patria” Tuđman).

In vista delle scorse elezioni, Karamarko formava la “coalizione patriottica”, accoglieva gli estremisti del “Partito Croato del Diritto – Ante Starčević”, e prometteva di disciplinare gli eccessi d’indipendenza dei media, e di estirpare qualsiasi reverenza al precedente “totalitarismo” jugoslavo, da operare attraverso la promozione a Ministro della cultura dello storico revisionista Zlatko Hasanbegović.

Alle prime elezioni della Croazia da membro dell’Unione Europea, terminato l’impegno congiunto di tutti i partiti verso l’integrazione, il leader dell’HDZ accusava della recessione post-2008 la politica economica dei “comunisti”, nascosti sotto il mantello della “social-democrazia europea”, e dichiarava l’importanza di liberarsi di coloro che “la Croazia non l’hanno mai voluta”.

Hasanbegović e l’offensiva ideologica, i lasciti del fallimento di Karamarko

La vittoria di Karamarko è stata limitata, e l’attività del governo Oresković perlopiù intangibile. Ha fatto eccezione solo il Ministro della cultura Hasanbegović, e la determinazione in campo ideologico della coalizione patriottica. Tra la politica sui media e i tentativi di fermare una riforma scolastica giudicata troppo liberale, è da segnalare la damnatio memoriae cui sono state sottoposte le varie celebrazione ufficiali in ricordo della “guerra di liberazione patriottica” (la seconda guerra mondiale), attraverso l’assenza sistematica delle maggiori cariche statali. L’ultimo caso ha riguardato la festa nazionale per l’inizio della resistenza armata jugoslava decisa a Sisak il 22 giugno 1941, dove all’assenza dalla celebrazione ufficiale della Presidente della Repubblica e del governo si accompagnava la partecipazione del Ministro della cultura a una contemporanea ricorrenza in ricordo delle vittime dei crimini partigiani.

In seguito alla sfiducia al governo Oresković, nella chiara impossibilità di formare un nuovo governo, Karamarko si è dimesso dal partito. Su Globus Mirjana Kasapović, esperta di politica comparata, ha sottolineato le ragioni del suo definitivo fallimento nel diventare il Putin, l’Orban, l’Erdogan o il Vučić croato. In particolare, l’HDZ non è il padrone incontrastato della scena politica croata, come lo sono Fidesz in Ungheria, o il Partito Progressista in Serbia; di fatto la coalizione patriottica ha preso solo lo 0,17 % più della coalizione formata dal Partito Socialdemocratico. Ma soprattutto, sottolinea Kasapović, Karamarko ha dimostrato di non essere l’uomo forte e l’abile agente dei servizi segreti che pretendeva di essere, non riuscendo ne a disciplinare il proprio partito, né a piegare gli alleati di Most.

In vista delle elezioni di settembre, il principale candidato alla presidenza del partito sembra essere l’eurodeputato Andrej Plenković, che rappresenta l’ala più moderata del partito e dichiara di volersi concentrare sul futuro e non su questioni storiche o ideologiche, ponendosi così in grado di sottrarre voti al centro. Nonostante ciò, è probabile che gli obbiettivi di lungo corso dell’HDZ, come proteggere gl’interessi dei suoi iscritti, cancellare i segni della precedente esperienza jugoslava, e accreditarsi garante della Croazia indipendente, non cambieranno, ma si faranno più striscianti. Hasanbegović, in quanto membro eletto con più voti dell’ufficio di presidenza, ha ancora un peso notevole all’interno del partito, e ha già dichiarato di sperare solo una cosa a proposito del futuro presidente dell’HDZ: “che rinomini piazza Maresciallo Tito”.

Questo articolo è frutto della collaborazione con MAiA Mirees Alumni International Association. Le analisi dell’autore sono pubblicate anche su PECOB, Università di Bologna.

Chi è Pierluca Merola

Nato a Roma, appassionato di Balcani e allargamento dell'UE, risiede a Bruxelles. Collabora con East Journal da Maggio 2016, per il quale narra di avvenimenti croati e balcanici. Parla correntemente inglese, francese e croato.

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