Srebrenica

BOSNIA: L’idiozia non ha fine. Il genocidio di Srebrenica diventa un brand

In Bosnia-Erzegovina ha suscitato enorme scalpore l’iniziativa commerciale lanciata da Fikret Hodžić, famoso conduttore televisivo bosniaco, che consiste nella vendita di magliette riportanti slogan e simboli di ricordo per il genocidio di Srebrenica.

La “trovata commerciale” è un’idea del giornalista della Hayat TV Fikret Hodžić, originario di Srebrenica, la città martire che sul finire della guerra in Bosnia, nel luglio del 1995, fu teatro di uno dei peggiori crimini dalla fine della seconda guerra mondiale, in cui morirono oltre 8.000 uomini.

Ed è proprio la memoria di questo triste episodio storico che avrebbe ispirato Hodžić, autore del libro “I ja sam iz Srebrenice” (anch’io sono di Srebrenica), in accordo con la catena di distributori di benzina della Hifa Group e dell’associazione “Majke enklave Srebrenice” (Madri dell’enclave di Srebrenica), alla produzione e vendita di magliette riportanti i simboli e gli slogan in memoria del genocidio.

Tra questi, il celebre “fiore di Srebrenica“, divenuto simbolo del dolore delle donne rimaste senza figli, fratelli o vedove, ed ora stampato in versione stilizzata su una maglietta che Fikret promuove facendosi un selfie in ascensore.

Le magliette, prodotte in sette diversi modelli – uno per ogni slogan e simbolo, verranno vendute nei distributori di benzina del gruppo Hifa, al costo di 25 KM (12,5 euro), una parte dei quali finirà a sostegno dell’associazione “Pokret majki enklava Srebrenica i Žepa”.

Insieme alla produzione di magliette, il conduttore televisivo ha lanciato anche il concorso a premi sui social network: chi riuscirà a ricevere il maggior numero di “like” per uno slogan in ricordo delle vittime di Srebrenica, riceverà una maglia gratis.

Le voci di malcontento e di disgusto per quella è a tutti gli effetti una commercializzazione del dolore, nonché una strumentalizzazione delle stesse vittime, non si sono fatte attendere. Fikret Hodžić, che a sua volta ha perso il padre Ibrahim nel luglio del ’95, non crede di offendere la memoria delle persone scomparse e si difende dalle accusa di strumentalizzazione che gli provengono da colleghi e altri intellettuali sostenendo, sul proprio profilo Facebook, che il suo obiettivo non è il ritorno economico ma “la soddisfazione di vedere le magliette con gli slogan di Srebrenica in esposizione sugli scaffali”. Secondo Hodžić, questo sarebbe un modo per non far dimenticare la verità circa quegli episodi.

Tuttavia, parrebbe che la vendita delle magliette sia stata momentaneamente sospesa per riprendere in un momento migliore, magari dopo le celebrazioni di Potočari del prossimo 11 luglio.

A pochi giorni dal suo ventunesimo anniversario, uno dei peggiori crimini di genocidio compiuto sul suolo d’Europa diventa oggetto e ostaggio di campagne commerciali finalizzate al lucro.
Si tratta di una conseguenza logica di una mentalità tesa a sfruttare ogni pretesto, anche i sentimenti più profondi, pur di arrivare alla gratificazione monetaria, a tutto discapito della statura morale.

Chi è Giorgio Fruscione

Giorgio Fruscione è Research Fellow e publications editor presso ISPI. Ha collaborato con EastWest, Balkan Insight, Il Venerdì di Repubblica, Domani, il Tascabile occupandosi di Balcani, dove ha vissuto per anni lavorando come giornalista freelance. È tra gli autori di “Capire i Balcani occidentali” (Bottega Errante Editore, 2021) e ha firmato due studi, “Pandemic in the Balkans” e “The Balkans. Old, new instabilities”, pubblicati per ISPI. È presidente dell’Associazione Most-East Journal.

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