SCIENZE: Un team di fisici ungheresi scopre la quinta forza

Un team di ricerca dell’Istituto di Fisica Nucleare dell’Accademia delle Scienze d’Ungheria di stanza a Debrecen, guidato da Attila Krasznahorkay, potrebbe aver compiuto una rivoluzionaria scoperta scientifica: come si legge nel numero di gennaio della prestigiosa rivista Physical Review Letters, infatti, osservando il decadimento del berillio 8 attraverso l’impiego di un comune spettrometro elettrone-positrone, il team ungherese avrebbe osservato la presenza di un nuovo tipo di bosone leggero, la cui massa risulterebbe essere addirittura 34 volte maggiore rispetto a quella dell’elettrone.
Un bosone, questo, che altro non sarebbe se non il vettore di una forza naturale fino a oggi ancora sconosciuta.

La notizia, ovviamente, ha subito fatto il giro del mondo, generando vaste ondate di scetticismo in ogni frammento della comunità scientifica internazionale; a fine aprile, però, il discorso ha subito un punto di svolta, quando un gruppo di fisici della University of California, capitanati dal Professor Jonathan Feng ha rielaborato i dati raccolti dal team ungherese sostenendo, in conclusione alle proprie ricerche, che i risultati a cui erano giunti i ricercatori di Debrecen non confliggerebbero con nessun esperimento precedentemente effettuato e che, dunque, quanto individuato dai colleghi ungheresi potrebbe realmente trattarsi della prova dell’esistenza d’una quinta forza fondamentale.
Da allora, un sempre più consistente numero di scienziati di ogni angolo del pianeta ha iniziato a condurre autonomamente propri studi circa la possibilità di confermare o escludere l’effettiva esistenza di quanto postulato dal gruppo di Krasznahorkay.

Il Modello Standard e l’esperimento ungherese

Stando a quanto riportato sul Physical Review Letters, l’esperimento iniziale voluto dal team di ricercatori ungheresi era indirizzato all’individuazione del cosiddetto fotone oscuro, portatore d’un campo elettromagnetico del tutto particolare.
Il Modello Standard, infatti, costituisce certamente la teoria fisica più accreditata nel descrivere i componenti primi della materia e le interazioni fra di essi ma, seppur le previsioni in esso contenute siano state largamente verificate in via sperimentale, si tratta di una teoria che non comprende fra i suoi postulati la forza gravitazionale, né tantomeno la materia oscura, la quale costituirebbe circa il 90% della massa presente nell’universo.
L’esperimento condotto a Debrecen è iniziato bombardando un bersaglio in litio 7 con una scarica di protoni; tuttavia, la collisione generata ha prodotto un isotopo instabile del berillio.

Nel decadimento del berillio si sono poi generate diverse coppie di elettroni e positroni le cui traiettorie tracciate hanno disegnato tragitti del tutto anomali: Krasznahorkay e il suo team di ricercatori hanno sostenuto che l’anomalia è dovuta a una nuova particella subatomica della massa di 17 mega-elettronvolt scaturita dall’energia contenuta nel berillio la quale, poi, si è trasformata in un’inedita coppia elettrone-positrone.
Proprio qui giace la novità dell’esperimento ungherese: seguendo i postulati del Modello Standard, il team ungherese avrebbe dovuto notare che il numero di coppie elettroni-positroni diminuisce all’aumentare dell’angolo che separa le loro traiettorie; in corrispondenza di un angolo di 140°, invece, gli scienziati hanno osservato un salto nel numero di emissioni di elettroni e positroni, poi tornato a scendere in angoli più alti.
Secondo Krasznahorkay, il salto è la prova del fatto che una piccola frazione dei nuclei di berillio ha impiegato la propria energia in eccesso per formare una nuova particella che poi, a sua volta, è andata decadendo in una coppia elettrone-positrone.

Il bosone X protofobico

Mentre Krasznahorkay difende la propria scoperta sostenendo che «il nostro team ha ripetuto l’esperimento diverse volte negli ultimi tre anni per minimizzare le possibilità di errore […] la probabilità di osservare un falso positivo è di una su duecento miliardi», Feng afferma che quanto osservato a Debrecen potrebbe essere un bosone X protofobico, ovvero una particella mediatrice di forza a corto raggio capace d’interagire con elettroni e neutroni.
Nel frattempo, l’ormai prossimo esperimento DarkLight condotto da Peter Fisher e Richard Milner, professori al MIT, aiuterà a chiarire il mistero, ricercando particelle di energia compresa tra 10 e 100 mega-elettronvolt.
Non resta che attendere, insomma.

Fonte immagine: www.quantamagazine.org

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