ROMANIA: Il centrosinistra riconquista Bucarest

di Vittorio Giorgetti e Ida Valicenti

Il Partidul Social-Democrat (PSD) ha ampiamente vinto le elezioni locali romene, portando a casa 27 contee su 40, ed il 40% delle amministrazioni locali in cui si è tenuto il voto. Tra queste spiccano i sei distretti di Bucarest e, soprattutto, la nomina a Sindaco Generale con il 44% dei voti di Gabriela Firea, ex giornalista e portavoce del Premier dimissionario lo scorso novembre, Victor Ponta.

I socialdemocratici romeni alla riconquista di Bucarest

La capitale romena per la prima volta nella sua storia sarà guidata da una donna; per il PSD è il risultato più alto della sinistra dalla fine del comunismo. Quella di Bucarest è una vittoria storica, sia perché la capitale è sempre stata una roccaforte del centrodestra romeno, sia per i problemi attraversati dal partito socialdemocratico nell’ultimo anno. L’ex premier Ponta, già accusato in passato di evasione fiscale, riciclaggio di denaro e falsificazione di atti pubblici, è stato travolto lo scorso ottobre dalle proteste di piazza in seguito all’incendio della discoteca Collectiv, ed ha dovuto dimettersi. Liviu Dragnea, leader del partito, è invece stato condannato lo scorso aprile per episodi di frode elettorale risalenti ad un referendum del 2012. Infine, non va dimenticato che, solo nove mesi fa, il Sindaco della capitale Sorin Oprescu, sempre legato al PSD, era stato arrestato per corruzione.

Vanno inoltre segnalati i buoni numeri conquistati in tutta la Romania dall’Allenza Liberale Democratica (ALDE) dell’ex Primo Ministro Tariceanu, e dall’Unione Nazionale per il Progresso della Romania (UNPR). Considerando che entrambe le compagini si erano presentate come alleate del PSD, il computo dei voti della lista di centrosinistra ha raggiunto il 50% del totale.

La sfida dell’Unione di Salvezza ai partiti tradizionali 

Firea ha staccato di più di 10 punti Nicuşor Dan, il professore di matematica presentatosi con la lista indipendente ed anti-sistema Uniunea Salvaţii Bucureşti (USB). L’exploit dell’USB, formazione fondata appena 6 mesi fa che ha ottenuto nella capitale un risultato pari al 30%, rappresenta senza dubbio l’elemento di maggiore novità all’interno della scena politica romena.

L’USB è emerso nel 2012, quando Dan denunciò i brogli elettorali nelle elezioni locali di Bucarest. Da quel momento raccolse consensi intorno alla USB, fino al risultato davvero sorprendente dello scorso 5 giugno. Il movimento, a metà strada tra la rottamazione e l’antipolitica, ha catalizzato il voto di protesta contro la corruzione che pervade tutti gli aspetti della vita politica, sociale  e culturale della Romania. Subito dopo l’uscita dei risultati, Dan ha annunciato di voler trasformare il movimento in Uniunea Salvaţii Romania, paventandone la candidatura alle elezioni politiche del prossimo autunno. In caso vi riuscisse, la sfida dei nuovi movimenti ai partiti tradizionali sarebbe lanciata anche in Romania.

La debacle del partito del presidente Iohannis e i 12 sindaci condannati

La sorpresa in negativo è stata, invece, la debacle (solo 11%) del Partito Liberale Nazionale (PLN) del Presidente Iohannis, che ha pagato caro l’essersi spaccato internamente ed aver cambiato in corsa il proprio candidato sindaco per tre ben volte, arrivando alla scelta definitiva dell’ex Ministro della Giustiza Catalin Predoiu a quasi un mese dalle elezioni. Il crollo elettorale si collega inoltre alla distanza che il PNL ha preso nel corso degli anni dalle tematiche sociali, dal disagio delle fasce deboli ed è il prodotto della corruzione che investe ogni aspetto della vita pubblica in Romania.

Ha inoltre fatto rumore la vittoria di 12 candidati, tra i distretti di Bucarest ed altri comuni romeni, che hanno recentemente riportato accuse di corruzione o sono finiti addirittura già in prigione. Tra questi spicca Catalin Cherches, rieletto sindaco di Baia Mare con il 70% dei voti, che ha festeggiato la nomina da dietro le sbarre del carcere di Gherla, dopo l’arresto dello scorso aprile per scambio di tangenti. La stessa scena si è ripetuta, in modo più o meno simile, a Craiova, a Brasov, a Ramnicu Valcea e Tulcea.

Affluenza in calo costante. I romeni si ritrovano senza offerte politiche convincenti

L’affluenza in tutto il Paese non ha superato il 48%, rendendo questa tornata elettorale la meno partecipata dal 1989 (nel novembre 2014, per le presidenziali, si era assestata intorno al 65%). A Bucarest si è recato alle urne poco più del 30% degli aventi diritto: una percentuale abbondantemente inferiore al 40% medio delle aree urbane del Paese e al 61% delle zone rurali.

La disaffezione dell’elettorato romeno nei confronti della classica politica è arrivato a livelli altissimi. Tuttavia, le alternative in campo sembrano essere ancora poche e scarsamente convincenti. Fatta eccezione per la sorpresa USB, quasi i due terzi dei cittadini che si è recato alle urne ha accordato la sua preferenza ai partiti tradizionali, non curandosi degli scandali e della nutrita presenza di candidati sotto processo. Il cambio di passo che ci si aspettava (richiesto a gran voce anche da Bruxelles) non si è ancora verificato, e non è stata certo la stretta sulla campagna elettorale a cambiare la direzione. Per forza di cose, dovrà essere il nuovo governo che uscirà dalle urne il prossimo novembre a serrare i controlli sulla presentabilità dei candidati e sulle regole delle competizioni elettorali che, nonostante la riforma dello scorso anno, danno ancora poche possibilità a forze politiche alternative di portare a casa risultati significativi.

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