GEORGIA: Contesa con gli Stati Uniti per il vino di Stalin

di Massimiliano Ferraro

Colore rosso rubino, gusto vellutato e profumo piacevolmente fruttato, il Khvanchkara è il più popolare tra i vini prodotti in Georgia. E’ particolarmente adatto ad accompagnare piatti a base di carne, formaggi e per le sue eccellenti qualità ha anche ricevuto due medaglie d’oro e quattro d’argento in importanti concorsi vinicoli internazionali. Eppure il Khvanchkara è celebre soprattutto per essere stato il vino preferito di Iosif Stalin.

Da qualche mese questa piacevole bevanda è al centro di un vero braccio di ferro tra la Georgia ed una società statunitense che attualmente detiene l’uso esclusivo del marchio, la Dozortsev Enterprises & Soons LTD con sede nel New Jersey, il primo importatore americano di vini provenienti dalla Repubblica di Georgia.

La trattativa, motivata dall’ufficio brevetti georgiano con la necessità di tutelare i produttori locali, ha fatto discutere in virtù di ciò che ancora oggi ricollega il nome dell’amabile Khvanchkara con la fama del suo estimatore più spietato.

Originario della città georgiana di Gori, Stalin aveva una vera predilezione per questo prodotto della sua terra ed era solito farlo servire abitualmente alle feste di partito. Rifiutare un brindisi con il Khvanchkara offerto dal leader sovietico non era prudente e chi uno volta ci provò fece una brutta fine. È il caso del compagno Ciumiatski, un bolscevico della prima ora, che nel 1937 nel corso di una serata con i vecchi amici rivoluzionari si rifiutò di bere alla salute dell’Urss. «Te ne pentirai!» lo minacciò Stalin, che infatti il giorno successivo lo fece arrestare e fucilare.

Pare inoltre che la “perla” dei vini georgiani sia stato un silente testimone dell’incontro cruciale di Yalta del 1945, dove venne servito niente di meno che a Franklin Delano Roosvelt e Winston Churchill. Se i due capi di stato gradirono o no il suo bouquet intenso non ci è dato sapere, ma è probabile che quella stappata in Crimea sia stata una delle ultime bottiglie di Khvanchkara la cui qualità non era stata ancora stata compromessa dalla sfrenata coltura della vite imposta dai soviet per aumentare la produzione.

Un sapore unico, per certi versi stucchevole, che ha convinto la Georgia a puntare sul fascino commerciale un po’ macabro che ancora oggi questo particolare vino rosso sa esercitare su alcuni, nostalgici o semplici curiosi, disposti a spendere 26,99 dollari per portarsi a casa una bottiglia in ceramica da 750ml. Quisquiglie se pensiamo al povero Ciumiatski. A lui rifiutare un sorso di buon Khvanchkara costò molto più caro…

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2 commenti

  1. il vino georgiano e’ ottimo , soprattutto il rosso, per il palato italiano forse un po’ troppo alcolico, solitamente 13 gradi, credo che la produzione oggi sia indirizzata non solo al mercato interno ma anche alla esportazione che prima era rivolta verso la russia.i georgiani sono soliti fare brindisi accompagando la loro innata prosopea a forti bevute . l attrezzo con cui si beve il vino e’ il Kanzi sorta di corno rovesciato concavo dove si mesce il vino.

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