ABKHAZIA: Sei straniero? Non puoi comprare casa

Negli ultimi mesi in Abkhazia, regione del Caucaso dallo status conteso, in quanto parzialmente riconosciuta dalla comunità internazionale come repubblica indipendente ma rivendicata allo stesso tempo dalla Georgia, si è sollevata un’accesa discussione riguardante la possibilità di consentire la vendita di immobili ai cittadini stranieri, abolendo il divieto attualmente esistente.

L’idea è partita dall’ex ministro degli Esteri abkhazo Sergey Shamba, su suggerimento dello stesso presidente de facto Raul Khadzhimba. Il parlamentare abkhazo, insieme al collega Giorgi Agrbasa, ha deciso di presentare al parlamento locale una proposta di legge riguardante l’abolizione del divieto di acquistare proprietà imposto ai cittadini stranieri. Secondo Shamba questa proposta di legge, se approvata, avrebbe attirato numerosi investimenti dall’estero, aiutando a risollevare la precaria economia abkhaza. La legge non sarebbe stata applicata ai cittadini georgiani per ovvi motivi geopolitici, in quanto Tbilisi continua a considerare la regione come parte integrante del proprio territorio.

Ad aprile il parlamento abkhazo ha esaminato la proposta di legge presentata da Shamba, decidendo però di rigettarla in seguito alle forti polemiche che essa ha suscitato, portando così l’ex ministro degli Esteri abkhazo a ritirare la sua proposta. Nonostante la proposta di legge non coinvolgesse i cittadini georgiani, l’idea di consentire la vendita di immobili agli stranieri ha preoccupato seriamente i cittadini abkhazi, che hanno organizzato diverse manifestazioni a sostegno del mantenimento del divieto.

Tra i più accaniti sostenitori di questo divieto vi è stato il parlamentare dell’opposizione Almas Japua, il quale ha addirittura chiesto al parlamento locale di introdurre una moratoria sulla proposta di consentire la vendita di immobili agli stranieri. Lo stesso Japua, a causa di questa richiesta, è stato vittima di un attacco intimidatorio a Suhkumi, quando alcuni sconosciuti hanno fatto esplodere a distanza la sua vettura pochi istanti dopo che lo stesso Japua aveva lasciato il veicolo; il tutto per convincere il parlamentare a desistre dal suo proposito. Japua, incoraggiato dai propri sostenitori, che hanno organizzato diverse manifestazioni in suo appoggio, ha però deciso di continuare a portare avanti la sua campagna.

L’Abkhazia si è autoproclamata indipendente dalla Georgia all’inizio degli anni Novanta, in seguito ad un sanguinoso conflitto che in poco più di un anno ha causato decine di migliaia di vittime. Al momento dello scoppio della guerra, gi abkhazi rappresentavano il terzo gruppo etnico della regione, ovvero circa il 19% della popolazione totale; mentre la maggioranza della popolazione era rappresentata dai georgiani (40%), a cui seguivano i russi (24%).

Nel corso della guerra, terminata nel settembre 1993 con la presa della regione da parte delle forze separatiste, la quasi totalità della popolazione georgiana sopravvissuta al conflitto ha abbandonato l’Abkhazia, riversandosi nel resto del paese e in particolare nella capitale Tbilisi, ritrovatasi impreparata ad affrontare un simile esodo. In totale si conta che durante l’intera durata del conflitto abkhazo-georgiano i profughi interni o IDP (Internally Displaced Persons) accolti dalla Georgia siano stati dai 200.000 ai 250.000.

Come conseguenza dell’improvviso esodo di massa della popolazione georgiana, in tutta l’Abkhazia numerose abitazioni sono rimaste abbandonate. In seguito alla guerra il governo de facto di Sukhumi ha così preso la decisione di distribuire queste abitazioni alla popolazione rimasta nel paese, con il risultato che diverse famiglie si sono ritrovate a possedere quattro, cinque o più appartementi. Pensando di poterne trarre beneficio, queste famiglie hanno provato ad affitare queste proprietà durante la stagione estiva, senza però ottenere gli introiti sperati, iniziando così a valutare la possibilità di vendere gli immobili inutilizzati.

Gli abkhazi hanno così iniziato a pensare a chi poter vendere questi immobili in eccesso. Fin da subito sono stati esclusi i georgiani, che avrebbero potuto ripopolare la regione, vanificando gli sforzi fatti durante la guerra. In seguito è stata bocciata anche la possibilità di vendere gli immobili a russi e armeni, due dei gruppi etnici più rappresentati nella regione, a causa del timore che essi avrebbero potuto in poco tempo superare demograficamente gli stessi abkhazi. Si è pensato dunque di concedere queste proprietà ai discendenti degli abkhazi emigrati in Turchia nell’Ottocento in seguito al genocidio circasso; idea bocciata però dal Cremlino, che ha indotto l’allora presidente Bagapsh a rivedere questa decisione.

A partire dal 2008, in seguito alla decisione della Russia di riconoscere l’Abkhazia, gli imprenditori di Mosca hanno iniziato ad investire in tutto il paese caucasico acquistando diverse proprietà, facendo schizzare alle stelle il prezzo degli immobili.  Intimorito dall’aumento della presenza russa nella regione, il governo de facto abkazo ha così deciso di imporre il divieto a tutti i cittadini stranieri di acquistare qualsiasi tipo di proprietà presente nel paese; scelta nata dalla volontà di creare “un’Abkhazia per gli abkhazi”.

Il motivo principale per cui molti abkhazi, figure accademiche in testa, temono l’abolizione del divieto che impedisce ai cittadini stranieri l’acquisto di immobili nel proprio paese, è che essi ritengono che gli unici interessati all’acquisto di terreni o proprietà sul suolo abkhazo siano proprio i russi, che in questo modo finirebbero per “colonizzare” l’Abkhazia, creando una minaccia dal punto di vista demografico per una comunità tutto sommato modesta come quella abkhaza, che attualmente con 125.000 unità costituisce solo il 50% della popolazione totale del paese.

Foto: Getty Images

Chi è Emanuele Cassano

Ha studiato Scienze Internazionali, con specializzazione in Studi Europei. Per East Journal si occupa di Caucaso, regione a cui si dedica da anni e dove ha trascorso numerosi soggiorni di studio e ricerca. Dal 2016 collabora con la rivista Osservatorio Balcani e Caucaso.

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