UCRAINA: La tatara Jamala vince all’Eurovision, ed è subito polemica con Mosca

Sabato 14 maggio Susana Jamaladinova, in arte Jamala, ha vinto l’Eurovision Song Contest 2016 al termine di una gara che non l’ha vista trionfare né al voto delle giurie tecniche, che hanno premiato l’australiana Dami Im, arrivata infine seconda, né al voto popolare che ha visto vincitore il russo Sergei Lazarev, nella classifica generale terzo.

1944

Una canzone, quella di Jamala, ricca di riferimenti storici, autobiografici e, perché no, anche politici, molto diversa dalle canzonette che solitamente dominano la scena dell’Eurovision. Il testo, metà in inglese e metà in lingua tatara, parla di stranieri che arrivano, invadono e prendono possesso delle case, gridando la loro innocenza. Questi stranieri sarebbero, in verità, gli uomini della polizia politica di Stalin che nel 1944, in piena Seconda Guerra Mondiale, deportarono verso l’Asia centrale i circa 250.000 tatari della Crimea, ai pochi sopravvissuti dei quali venne permesso di rientrare nella penisola del Mar Nero solamente negli anni ’80. Jamala deriva proprio da una di queste famiglie: la sua bisnonna fu costretta a trasferirsi in Kirghizistan e solo nel 1989 la cantante, allora bambina, ed i suoi parenti sono potuti rientrare in Crimea, dove tutt’ora – Jamala esclusa – risiedono.

Ma non si può non pensare che la canzone sia anche un modo per criticare l’annessione russa della Crimea avvenuta nel 2014, e le continue vessazioni ad opera del governo russo, tra le quali i mandati di arresto e le perquisizioni di pochi giorni fa.

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L’Eurovision e la politica

Il regolamento dell’Eurovision parla chiaro: “nessuna canzone, discorso o gesto di natura politica o similare deve essere permesso durante la manifestazione” e ancora “nessun messaggio che promuova alcuna istituzione, organizzazione o causa politica”. Quindi non sembrerebbe assurda l’accusa arrivata dalla Russia che la canzone non avrebbe dovuto essere ammessa. E che a Mosca non l’abbiano presa bene si comprende anche da alcune dichiarazioni che non sembrano proprio da dopo festival! “Invece di una concorrenza leale hanno prevalso le posizioni politiche. L’Ucraina in realtà ha perso”, ha tuonato il presidente della Commissione Esteri del Senato russo, Konstatin Kosachev, mentre Elena Drapeko, vicepresidente della Commissione cultura della Duma, ha definito la competizione canora “la conclusione di una campagna di propaganda e di disinformazione contro la Russia”. D’altronde anche da Kiev, poco prima della finale, erano girate le dichiarazioni di Zurab Alasania, direttore della televisione di Stato ucraina, che minacciava di boicottare la successiva edizione qualora avesse vinto la Russia.

Tuttavia non è certo la prima volta che la politica entra in scena durante l’Eurovision, a maggior ragione se si pensa che lo scopo della competizione, nata nel 1956, è quello di unire l’Europa… se non è un obiettivo politico questo!

Anche Lazarev, il cantante russo, sotto sotto gioisce

Proclamata la vincitrice la rete si è scatenata e divisa tra chi ha festeggiato, celebrando la vittoria dell’Ucraina sulla Russia, dei diritti civili, delle minoranze etniche, e chi invece ha gridato allo scandalo e al verdetto politico. Ma pochi hanno pensato a cosa sarebbe successo se avesse vinto il cantante russo, e soprattutto a chi fosse. Sergei Lazarev, con una canzone tipica da Eurovision ed una coreografia decisamente più originale di tutte le altre, era dato per favorito. Pochi però sanno che Lazarev è un anticonformista per antonomasia. Intervistato due anni fa, Lazarev, la cui nonna è ucraina, si definì contrario all’annessione della Crimea alla Russia e dichiarò che per lui la Crimea rimaneva Ucraina. Inoltre decise di non accettare nessuna offerta per cantare – dietro pagamento, si intende – nella penisola. In seguito evitò di tornare sull’argomento, quasi a voler evitare problemi, ma di certo non si può dire sia filo-putiniano, se si aggiunge anche la sua lotta dichiarata contro l’omofobia e a favore dei diritti degli omosessuali.

Eurovision 2017, quo vadis?

Il diritto ad ospitare la competizione spetta allo stato vincitore nella passata stagione, e così, nel 2017, sarà il turno dell’Ucraina. Nel 2005, pochi mesi dopo la Rivoluzione arancione, toccò a Kiev organizzare la manifestazione dopo che Ruslana andò a vincere la competizione, prima e, fino a pochi giorni fa, unica volta per l’Ucraina. Dove si terrà l’evento non è dato sapere anche se già i commenti si sprecano. La televisione di stato russa si è chiesta, per esempio, come sarà possibile per un paese in forte crisi economica, con una guerra ancora attiva nell’est e con una capitale spesso cornice di disordini, organizzare un tale evento, e Sputnik, canale di informazioni vicino al Cremlino, è già sicuro che l’Ucraina chiederà i soldi all’Europa per organizzare l’evento. Ognuno, a quanto pare, dice la propria.

Intantoda Kiev il sindaco Klitschko ha candidato la città e lo stadio Olimpico come sede dell’evento, al pari del suo collega di Odessa Trukhanov: la competizione per Eurovision non è solo canora!

Chi è Pietro Rizzi

Dottorando in Relazioni Industriali presso l’Università degli Studi di Bergamo, collabora con l’OSCE/ODIHR come osservatore elettorale durante le missioni di monitoraggio in Est Europa. Redattore per East Journal, dove si occupa di Ucraina, Est Europa e Caucaso in generale. In passato è stato redattore ed art director del periodico LiberaMente, e si è a lungo occupato di politica come assistente parlamentare e consulente giuridico per comitati referendari. Ha risieduto, per lavoro e ricerca, a Kiev e Tbilisi.

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