Ricorre oggi il secondo anniversario della strage di Odessa che ha visto morire 48 persone tra le fiamme dell’edificio della Casa dei Sindacati. Un evento che ha avuto un ruolo molto importante nella polarizzazione del conflitto nell’est del paese, divenuto un simbolo della guerra fratricida che ha dilaniato l’Ucraina negli ultimi due anni. Era il 2 maggio 2014 quando Odessa, suo malgrado, ha pagato il proprio testamento di sangue, aggiungendo morti ai morti di Maidan, di Sloviansk e Mariupol, di Donetsk e Lugansk e di tutto il Donbass. Una strage ancora senza verità e che, nonostante le indagini, non avrà mai una verità condivisa, comunemente accettata.
A ricordare la strage questa mattina è stato anche Jan Tombiński, rappresentante dell’Unione Europea presso l’Ucraina, che ha invitato Kiev a intraprendere passi decisivi verso la definitiva identificazione dei colpevoli attraverso un’indagine “trasparente ed indipendente”.
Il ricordo, oggi, si è coperto di tensione in una città parzialmente blindata per l’occasione. Su indicazione del governatore della regione, Mikhail Saakashvili, negli ultimi giorni sono confluiti verso Odessa circa 3000 militari, tra Guardia Nazionale e gruppi speciali del SBU (Servizi di sicurezza ucraini). Evitare attentati e nuovi scontri è divenuta la priorità dell’amministrazione cittadina che ha bloccato l’ingresso alla piazza antistante la Casa dei Sindacati, luogo simbolo dei tristi eventi di 2 anni fa. Momenti di tensione si sono susseguiti per tutta la mattinata. Odessa si è svegliata con un allarme bomba, poi rivelatosi infondato, mentre secondo le fonti ufficiali verso l’ora di pranzo non lontano dalla piazza della Casa dei Sindacati sono state ritrovate alcune granate. L’ispezione del territorio è proseguita anche nel pomeriggio.
Alcuni arresti sono stati eseguito dalla polizia lungo il perimetro del luogo della strage, mentre un centinaio di manifestanti ha cercato di attraversare il cordone della Guardia Nazionale per deporre fiori per le vittime del rogo. Alta tensione anche all’aeroporto cittadino dove ai rappresentanti del Blocco di Opposizione tra cui Yuriy Boyko, molto vicino all’ex presidente Yanukovich, è stato vietato l’ingresso in città.
Odessa non dimentica, ma il ricordo rimane diviso, strumentalizzato ed incompleto.