POLONIA: Nuova legge sulla sicurezza e piani antiterrorismo. L’involuzione illiberale prosegue

La scorsa settimana la Commissione di Venezia si è recata in visita a Varsavia per esaminare la compatibilità della controversa legge sulle forze di polizia con le convenzioni sottoscritte dai paesi membri del Consiglio d’Europa. Il parere sarà presentato all’Assemblea Parlamentare dello stesso durante la plenaria del 10 e 11 giugno. Si tratta della seconda visita dell’organo nella capitale polacca in meno di sei mesi. La Polonia è sotto stretta osservazione dall’inizio del 2016, quando la crisi costituzionale scoppiata alla fine dello scorso è balzata sui tavoli europei non trovando ancora oggi alcuna risoluzione.

L’antefatto

Se la questione ha catturato l’attenzione delle istituzioni europee solo nell’ultimo periodo, la nuova legge sulla sicurezza aveva sollevato polemiche e scaldato gli animi in Polonia già tra gennaio e febbraio di quest’anno. Un’esigenza legislativa dettata dai tempi e dalla minaccia terroristica – questa la giustificazione dell’esecutivo e del Presidente Duda che ha firmato il provvedimento dopo il via delle Camere. Diminuiscono le restrizioni per le forze di polizia: maggiore accesso al traffico telefonico e web e localizzazione satellitare consentite senza alcun permesso e mandato giudiziario; nessun obbligo di immediata distruzione di informazioni coperte dal segreto professionale (come nel caso di giornalisti e avvocati). Misure che minacciano la privacy dei cittadini – sostengono gli oppositori – e che sembrano violare il giudizio della Corte di Giustizia dell’UE che nel 2014 respinse la Direttiva n. 2006/24/EC sulla conservazione dei dati perché in contrasto con gli articoli 7 e 8 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.

Il contesto

A destare preoccupazione all’epoca dell’approvazione della legge non fu solo il contenuto ma il contesto in cui si collocava: nel bel mezzo della tempesta costituzionale e dopo la stretta sui media. E oggi? Il governo ha appena svelato i piani anti-terrorismo in vista del Summit NATO e della Giornata Mondiale della Gioventù, entrambi a luglio, rispettivamente a Varsavia e a Cracovia. Non solo 13.000 forze di polizia extra e guardie di frontiera, ma anche la possibilità di espellere direttamente gli stranieri considerati una minaccia alla sicurezza nazionale, e di sospendere assemblee di massa come dimostrazioni e marce. Sono queste alcune delle disposizioni presenti nella bozza di legge in esame in questi giorni. L’Agenzia per la Sicurezza Interna sarà la responsabile operativa di questi provvedimenti. Mariusz Błaszczak, ministro degli Interni, cerca di essere rassicurante: “le norme sono molto precise. Il progetto di legge prevede quattro livelli di minaccia terroristica”. Resta da vedere come saranno definiti.

La pressione europea

Tra una misura oggi e una legge domani, giustificate da una sedicente urgenza dettata dal momento storico o da linee programmatiche specifiche del governo, l’involuzione illiberale della Polonia è in corso e bisogna prenderne atto. L’esecutivo guidato da Diritto e Giustizia (PiS), però, fa orecchie da mercante rispetto agli allarmi lanciati a più voci. Niente passi indietro, malgrado la procedura pre-articolo 7 avviata dalla Commissione UE, il parere della Commissione di Venezia che intima al governo di attenersi alle sentenze della Corte Costituzionale, e quello della Corte Suprema che invita a fare altrettanto. Nello scorso mese, però, la pressione europea si è intensificata. Il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione che in sostanza avalla quanto già espresso dalla Commissione di Venezia: la paralisi della Corte Costituzionale pone una minaccia alla democrazia, ai diritti umani e allo stato di diritto in Polonia. Il voto attiverebbe la seconda fase della procedura della Commissione Europea contro la Polonia. Difficile, comunque, che si arrivi allo stadio finale, la perdita del diritto al voto in sede UE. Una decisione del genere dovrebbe incontrare l’unanime consenso degli altri stati membri e l’Ungheria – è risaputo – non lo darebbe. Per di più, Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo e ex premier polacco, si è già detto contrario a un’eventualità del genere. La stessa Commissione, del resto, è restia a esacerbare lo scontro. In questo sta la vera forza del PiS: perché rimescolare le carte quando si sa già chi sarà il vincitore?

Foto: Paola Di Marzo

Chi è Paola Di Marzo

Nata nel 1989 in Sicilia, ha conseguito la Laurea Magistrale in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso la Facoltà "R. Ruffilli" di Forlì. Si è appassionata alla Polonia dopo un soggiorno di studio a Varsavia ma guarda con interesse all'intera area del Visegrád. Per East Journal scrive di argomenti polacchi.

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