SERBIA: Vucic chiede il voto ai serbi del Kosovo

Il tour elettorale di Aleksandar Vučić ha fatto tappa, domenica 3 aprile, nel nord del Kosovo. Il leader del Partito Progressista Serbo ha visitato le quattro municipalità a maggioranza serba a nord del fiume Ibar, Leposavić, Zubin Potok, Zvečan e Nord Mitrovica, per rassicurare i serbi che Belgrado non smetterà di proteggerli e, soprattutto, per chiederne il voto alle elezioni parlamentari del 24 aprile (i serbi del Kosovo hanno, difatti, diritto a votare alle elezioni che si tengono in Serbia). L’accoglienza, però, non è stata delle migliori, alla luce del lancio di una granata contro l’impianto sportivo dove avrebbe dovuto parlare il premier, nel comune di Zubin Potok. L’attentato è avvenuto quando ancora non c’era nessuno e, dunque, l’unico effetto che ha avuto è stato dare l’occasione a Vučić di dichiarare che nessuno gli impedirà mai di venire in Kosovo e che queste minacce non lo intimidiscono. Lo stesso Vučić ha sentenziato che l’azione è stata condotta da serbi ostili alla sua politica, anche se molti dubbi permangono sulla dinamica dell’accaduto e sulle motivazioni.

Al di là di questo episodio, il primo ministro serbo, circondato dai suoi sostenitori e da un imponente servizio di sicurezza, ha confermato che la Serbia non riconoscerà mai il Kosovo come Stato indipendente e ha smentito qualunque possibilità di una sua partecipazione alla cerimonia d’insediamento di Hashim Thaçi come Presidente della Repubblica. Ha però confermato tutto l’interesse del suo governo per continuare il dialogo con la controparte kosovara sotto l’egida dell’Unione europea, criticando Pristina per i ritardi nell’attuazione dell’Accordo di Bruxelles, in particolare in riferimento all’istituzione dell’Associazione/Comunità delle municipalità serbe, un organo che dovrebbe garantire una forma di autonomia alla minoranza serba e contro cui l’opposizione al governo kosovaro di Isa Mustafa sta conducendo una dura battaglia da mesi. In un clima da campagna elettorale, Vučić ha inoltre inaugurato un nuovo reparto presso l’ospedale di Mitrovica, ha visitato il Monastero di Banjska e ha incontrato gli studenti dell’Università serba di Pristina (con sede a Mitrovica).

Nei suoi discorsi, Vučić ha trattato anche due aspetti cruciali per il futuro della comunità serba, le miniere di Trepča e il lago Gazivoda. Ai lavoratori dell’enorme complesso minerario, ormai diviso su base etnica e scarsamente funzionante, ha promesso che Belgrado non lascerà che la proprietà delle miniere finisca nelle mani di Pristina. Nei fatti, però, non ha spiegato come intenda far ripartire l’attività del complesso, un tempo vera ricchezza della regione. Sul secondo aspetto, quello del lago situato al confine tra Serbia e Kosovo, fonte di acqua potabile e di energia idroelettrica, il premier serbo ha dichiarato che il suo governo non rinuncerà mai ad una risorsa così strategica, esortando l’esecutivo del Kosovo a trovare un’intesa in tal senso.

Anche se una ferrea organizzazione non ha permesso ad eventuali contestatori di avvicinarsi al premier, risulta molto difficile che Vučić possa convincere la maggioranza dei serbi del Kosovo a sostenerlo. Fortissimo in Serbia, Vučić viene qui identificato come colui che ha di fatto riconosciuto l’esistenza della Repubblica del Kosovo ed è sceso a patti con il governo di Pristina, senza occuparsi della condizione della popolazione serba qui rimasta. In assenza di una strategia che garantisca a questa popolazione una propria rappresentanza politica locale e senza forme di reale sostentamento economico, non fondato su mero assistenzialismo, il rischio è che il nord del Kosovo diventi sempre più un territorio isolato sia da Belgrado che da Pristina, terreno fertile per posizioni nazionaliste. La sensazione è che qui il Partito Radicale Serbo, guidato da un Vojislav Šešelj forte dell’assoluzione all’Aja, possa ottenere percentuali molto alte, il tutto a discapito del dialogo con il resto del Kosovo e del processo di reintegrazione delle municipalità a nord del fiume Ibar nelle istituzioni statali kosovare, che procede a rilento.

Chi è Riccardo Celeghini

Laureato in Relazioni Internazionali presso la facoltà di Scienze Politiche dell'Università Roma Tre, con una tesi sui conflitti etnici e i processi di democratizzazione nei Balcani occidentali. Ha avuto esperienze lavorative in Albania, in Croazia e in Kosovo, dove attualmente vive e lavora. E' nato nel 1989 a Roma. Parla inglese, serbo-croato e albanese.

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