tortura
Macedonian riot police arrest a man within clashes with ethnic Albanians during a demonstration in Skopje on July 4, 2014. Around 2,000 demonstrators clashed with police in Macedonia's capital Skopje while protesting over the jailing of 6 ethnic Albanians for murder and terrorism. AFP PHOTO / ROBERT ATANASOVSKI

MACEDONIA: Torture all’ex candidato presidente, accusata la polizia

Il procuratore speciale Katica Janeva sta indagando nei confronti della polizia macedone, accusata di tortura ai danni di Ljube Boškoski, ex vice direttore dei servizi segreti e candidato presidente alle elezioni del 2009, vinte dall’attuale presidente macedone Gjorge Ivanov. La polizia macedone è stata inoltre accusata dal procuratore speciale Janeva di aver distrutto delle intercettazioni chiave

Boškoski, leader del partito “Obedineti za Makedonija” (Uniti per la Macedonia), era stato arrestato nel 2011 con l’accusa di aver finanziato illegalmente il suo partito, col fine di poter svolgere una più grande campagna elettorale. Successivamente all’arresto, secondo quanto dichiarato dal procuratore speciale Janeva, Boškoski ha subito dei trattamenti paragonabili alla tortura da parte della polizia, che lo avrebbe filmato mentre era bloccato a terra e lasciato in piedi davanti a un bagno pubblico. Tutto questo mentre subiva, con una pistola puntata in faccia, ingiurie dirette a lui e alla sua famiglia. Il suo arresto era già stato criticato dai suoi sostenitori per essere stato dettato da interessi politici piuttosto che da comprovati crimini. Boškoski, infatti, fino al 2008 è stato membro dell’attuale partito di governo di Gruevski, la VMRO, salvo poi fondare un nuovo partito per opporsi ad esso.

Secondo la procura, la polizia sarebbe stata istruita a utilizzare la mano pesante nei confronti di Boškoski, in modo tale da mandare un forte segnale agli oppositori politici. La vicenda si intreccia con lo scandalo delle intercettazioni che ha fatto precipitare il paese nella crisi politica, causa delle dimissioni del primo ministro Gruevski e delle elezioni anticipate che si terranno il prossimo 5 giugno. Nelle trascrizioni delle registrazioni, pubblicate a mezzo stampa dal leader del partito socialdemocratico d’opposizione Zoran Zaev, emerge come l’ex capo dei servizi segreti, cugino di Gruevski e dimessosi dopo i fatti di Kumanovo, fosse contento del suo arresto e se ne vantasse con giornalisti e proprietari dei mezzi d’informazione, ritenuti parziali e poco liberi dalla comunità internazionale.

Boškoski era già salito agli onori delle cronache nel 2004, quando fu accusato insieme a Johan Tarčulovski di aver commesso crimini di guerra durante il breve conflitto con l’UÇK (l’organizzazione “sorella” del ben più noto UÇK che operò in Kosovo). Secondo il tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia (ICTY), Boškoski e Tarčulovski avrebbero avuto la responsabilità di quanto commesso dalle squadre speciali nel villaggio di Ljuboten, a maggioranza albanese e situato sul confine kosovaro. Boškoski, dopo quattro anni di carcere, è stato assolto dalle accuse ed è potuto rientrare in patria; Tarčulovski, invece, fu ritenuto colpevole e condannato a dodici anni di carcere, salvo poi essere scarcerato nel 2009.

La grave accusa mossa dal procuratore speciale Janeva alimenta i dubbi, se ancora ve ne fossero, sulla tenuta democratica del paese. La Macedonia, infatti, vive sotto scacco dell’attuale partito di governo, che dal 2006 – anno in cui Gruevski è stato eletto per la prima volta – ha saputo costruire una fitta rete con la quale dominare il paese. Come riportato da Kurt Bassuener, “i criteri fondamentali per lavorare sono l’affiliazione al partito [la VMRO, ndr.] e la lealtà elettorale”. Inoltre, in un sondaggio condotto nel 2014, il 53% dei cittadini macedoni ha dichiarato di non essere libero di esprimere la propria posizione politica, a fronte di un 42% che si sente invece libero. I giornalisti non se la passano meglio: oggetto di continue intimidazioni, hanno preferito in molti allinearsi al pensiero unico governativo, come riportato anche dalla delegazione OSCE/ODIHR giunta nel paese nel 2014 per monitorare le scorse elezioni parlamentari.

La crisi politica ha difatto aperto un vaso di pandora in Macedonia. Il paese, che nel 2005 ha ottenuto lo status di paese candidato all’adesione all’Unione Europea, si trova ad affrontare la più grande sfida dalla sua indipendenza. Una sfida cruciale per il suo futuro.

Foto: Robert Atanasovski

Chi è Edoardo Corradi

Nato a Genova, è dottorando di ricerca in Scienza Politica all'Università degli Studi di Genova. Si interessa di Balcani occidentali, di cui ha scritto per numerosi giornali e riviste accademiche.

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