STORIA: La guerra dei maiali, quando Vienna e Belgrado litigarono per le salsicce

Nel 1906, esattamente 110 anni fa, iniziava quella che sarebbe passata alla storia come “guerra dei maiali”. Una guerra non combattuta sul campo ma di carattere commerciale-doganale che oppose l’Impero Austro-ungarico al Regno di Serbia fino al 1911.

Si tratta in realtà di un episodio storico molto delicato, inserito in un contesto temporale europeo dominato da una serie di regicidi, come quello di Re Aleksandar Obrenović che ne segnò la fine della dinastia in favore dei rivali Karađorđević; annessioni territoriali, come quella della Bosnia-Erzegovina e Sangiaccato da parte asburgica; e dall’inizio di intrecci di alleanze strategiche sullo scacchiere d’Europa che avrebbero poi portato allo scoppio della Grande Guerra.

La congiura che nel 1903 finì con l’uccisione di Aleksandar Obrenović, per opera di Dragutin Dimitrijević “Apis” (lo stesso generale serbo della “Mano nera” che nel 1914 avrebbe fornito le armi ai “giovani bosniaci” per l’attentato di Sarajevo), portò sul trono di Belgrado Petar I Karađorđević, che a differenza degli Obrenović aveva un approccio politico molto più nazionalista e vedeva nell’Impero Austro-Ungarico il principale nemico delle aspirazioni nazionali della Serbia.

Fino ad allora, l’Austria-Ungheria aveva avuto buoni rapporti commerciali con la Serbia, da cui acquistava massicci quantitativi di carne di maiale; allo stesso tempo, l’impero asburgico aveva stretto nel 1897 un’intesa con la Russia, storica alleata di Belgrado, che sarebbe durata fino al 1908. Dal canto proprio, il governo radicale serbo, guidato da Nikola Pašić, non potendo contare sulla Russia in funzione anti austriaca guardò piuttosto alla Bulgaria, con cui negoziò nel 1904 un’unione doganale. Questo schema di alleanze funse da primordio per la nascita della Lega Balcanica, quando le province ottomane nei Balcani avrebbero dichiarato guerra all’Impero Ottomano nel 1912, nella Prima Guerra Balcanica.

La guerra dei maiali, cioè il blocco delle importazioni dalla Serbia, iniziò per due motivi, di carattere politico e commerciale: politico perché Vienna fu insofferente nei confronti degli accordi bilaterali stretti tra Belgrado e Sofia; commerciale perché i ricchi proprietari terrieri ungheresi si lamentarono per il calo dei propri affari dovuto al commercio della carne serba, più economica di quella magiara.

Inoltre, la Serbia cominciò ad acquistare armamenti dalla Francia a un prezzo più vantaggioso rispetto a quelli austriaci. Per di più, tali armamenti avevano un chiaro scopo anti austriaco, considerate le mire “jugoslaviste” serbe nella regione. L’embargo commerciale del 1906 ebbe dunque conseguenze economiche, politiche e commerciali.

Questa situazione, tuttavia, volse a tutto favore di Belgrado. Innanzitutto perché in questo modo la Serbia metteva fine alla propria dipendenza commerciale dall’Impero Austro-ungarico, aprendosi nuovi e più grandi mercati, in primis in Germania, alleato austriaco, oltre che in Francia, Russia ed Inghilterra. Inoltre, perché ciò spostò gli equilibri politici della regione: le relazioni commerciali così mutate, infatti, favorirono la Francia a tutto discapito degli asburgici, che fallirono totalmente nel loro tentativo di isolare economicamente la Serbia.

Sarà anche a causa di tale fallimento che l’impero deciderà di giocare la carta militare annettendo definitivamente, nel 1908, la Bosnia-Erzegovina, che dal 1878 era sotto il suo protettorato, sfruttando la confusione politica di Istanbul dovuta allo scoppio della rivoluzione dei giovani turchi. In questo modo, la Serbia veniva privata dell’aspirazione di riportare sotto l’ala della madre patria i tanti serbi che vivevano in Bosnia, nonché di uno sbocco sul Mare Adriatico. Ed inoltre, le truppe austriache di stanza in Sangiaccato impedivano un collegamento diretto con il Regno di Montenegro, alleato fraterno di Belgrado.

In conclusione, è facile capire come questo insieme di eventi, alleanze e tensioni internazionali abbia portato negli anni successivi alle guerre balcaniche, che altro non furono che guerre di spartizione delle e tra le ex province ottomane, nonché anticamera di preparazione a quella che sarebbe stato il più grande conflitto mai visto fino ad allora, la Prima Guerra Mondiale, quando l’Impero Austro-Ungarico mandò l’ultimatum al Regno di Serbia in seguito all’attentato di Sarajevo.

La guerra dei maiali fu un episodio che ben dimostrò l’arroganza internazionale delle grandi potenze, che nei Balcani non vedevano altro che terra utile per espandere i propri domini ed influenze, fino ad arrivare alla barbarie della guerra totale.

Chi è Giorgio Fruscione

Giorgio Fruscione è Research Fellow e publications editor presso ISPI. Ha collaborato con EastWest, Balkan Insight, Il Venerdì di Repubblica, Domani, il Tascabile occupandosi di Balcani, dove ha vissuto per anni lavorando come giornalista freelance. È tra gli autori di “Capire i Balcani occidentali” (Bottega Errante Editore, 2021) e ha firmato due studi, “Pandemic in the Balkans” e “The Balkans. Old, new instabilities”, pubblicati per ISPI. È presidente dell’Associazione Most-East Journal.

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