RUSSIA: Le incerte prospettive economiche per il 2016

Il panorama economico russo si affaccia al nuovo anno in una situazione di profonda crisi, nonostante l’apparente sicurezza e nonchalance con cui si è presentato il presidente Putin alla conferenza stampa di fine anno. Una produzione industriale in caduta libera, il crollo dei redditi reali, il calo degli investimenti – che, oltre a non permettere la creazione di nuovi posti di lavoro, rallenta lo sviluppo tecnologico nei vari settori –, si sommano al problema della svalutazione del rublo, che, invece di favorire una ripresa, ha livellato il potere di acquisto ed aumentato la povertà. Inoltre, la politica intrapresa per far fronte alle sanzioni internazionali si è rivelata una specie di “auto-sanzione” ulteriore, che ha solo confermato il pessimismo di coloro che già un anno fa dubitavano della potenziale ripresa russa.

Il crollo della produzione industriale

Il blocco posto sulle importazioni, adottato in risposta alle sanzioni internazionali, doveva favorire, assieme alla svalutazione della moneta, una crescita della produzione interna nei vari settori. O almeno a questo puntavano gli organi governativi della Federazione, cercando di emulare le mosse economiche del 1998, che avevano permesso una forte crescita del Pil (+2%) e della produzione (+13%) nell’anno successivo. “Dobbiamo staccarci dalla dipendenza cronica dalla tecnologia e dalla produzione industriale estera”, diceva Putin un anno fa. Tuttavia, i dati sul 2015 (periodo gennaio-novembre) parlano chiaro: -3,3% sulla produzione rispetto all’anno prima; in picchiata il mese di novembre rispetto allo stesso mese del 2014, -3,5%. Anche l’estrazione delle materie prime, fondamentale per la Russia, ha registrato un dato negativo (-0,1%), così come la loro lavorazione (-5,3%). Tra i settori che hanno risentito maggiormente del calo di produzione interna troviamo la filiera della carta e del cartone (-80%), quello automobilistico (-25%), la produzione di vagoni merci (-50%). Un risultato positivo si è registrato nell’alimentare, in particolare nella carne (+13%) e nei prodotti caseari (+20%). Il volume delle importazioni è sceso di un terzo rispetto al 2014, ma evidentemente la produzione interna non si è rivelata tanto pronta e competitiva da poter sostituire le merci estere, il cui ritorno, anzi, viene auspicato sia da produttori che consumatori.

L’embargo a Turchia e Ucraina

In seguito all’abbattimento del caccia russo Su-24, il Cremlino ha introdotto una serie di sanzioni nei confronti della Turchia (nel dettaglio, ne abbiamo parlato qui): lo stop sui voli charter di merci, il divieto di assunzione di lavoratori turchi in Russia, la limitazione delle attività commerciali turche in territorio russo, la sospensione del regime visa-free per l’ingresso in Russia, il blocco sulle importazioni alimentari dalla Turchia.

Allo stesso tempo, in seguito all’allineamento delle posizioni ucraine a quelle europee, in particolare in materia di sanzioni alla Russia, è stata sospesa in dicembre la zona di libero scambio. Mosca è venuta quindi meno, come aveva fatto con la Moldavia nel luglio 2014, alle norme di comune accordo su tali decisioni tra i paesi aderenti al CIS, come ha fatto notare il documento della Commissione Europea. Ora è anche stato introdotto un embargo sulle importazioni alimentari dall’Ucraina. Ciò non spaventa tuttavia il governo ucraino, che, nella persona del ministro Pavlenko, ha sottolineato che sul totale di 11 miliardi di dollari della produzione agraria del paese, solo l’1% riguarda le merci che ora non sono ammesse all’importazione russa. Sarà piuttosto una questione delicata per la Crimea, che dalla produzione ucraina dipende per il 40%.

Se già il 2015 ha dimostrato l’incapacità della Russia di far fronte autonomamente alla richiesta di merci interna, l’anno appena iniziato non si preannuncia certo più facile, considerata la perdita di importanti partner commerciali come Turchia e Ucraina.

Le spese militari in Siria

Il problema siriano sembra giocare a favore della Russia, che può così uscire dall’isolamento politico internazionale legato principalmente alla situazione ucraina e mostrarsi come partner degli Stati Uniti e dell’Europa nella lotta allo Stato Islamico. Tuttavia, la campagna iniziata il 30 settembre scorso, si traduce in ingenti e crescenti spese per il precario budget del governo di Mosca: il numero di aerei, elicotteri, e navi impiegati nello sforzo militare è praticamente raddoppiato nel giro di un solo trimestre.

Chi è Martina Napolitano

Dottoressa di ricerca in Slavistica presso l'Università di Udine, è direttrice editoriale di East Journal e scrive principalmente di Russia.

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4 commenti

  1. Mi pare che manchino due elementi fondamentali: il prezzo del petrolio era stato stimato nel bilancio russo 2016 a $ 50 e siamo in caduta libera a $ 32, con analisti che ipotizzano i $ 20 entro l’anno. Il secondo è il tasso di emigrazione che, per il 2015, dovrebbe almeno pareggiare la media dei 3anni precedenti (circa 150.000), mentre per il 2016 si può ipotizzare, data la situazione economica illustrata, che tale cifra possa essere superata. Ormai più che di emigrazione e fuga di cervelli, si può parlare di emorragia della intellighenzia tout court.
    Ovviamente nell’articolo non si dice che buona parte di questo disastro economico e sociale sia dovuto alle disgraziate e colpevoli scelte politiche del mitomane del Cremlino e dei suoi interessati manutengoli, solo vaghi accenni alla congiuntura economica internazionale. Addirittura non si capisce neanche il perché delle sanzioni e controsanzioni.

  2. La Crimea da mesi non importa più quasi nulla dall’Ucraina, non ne ha bisogno. Vedo che questo sito si è ridotto a mero megafono del regime di Kiev di cui ripete acriticamente tutte le patetiche panzane. Il regime ucraino stesso ha stimato in 600 milioni le perdite previste a seguito delle sanzioni russe, se ha una calcolatrice può facilmente verificare che siamo oltre il 5 %, altro che 1%. E questa è la stima di Kiev, quelle indipendenti prevedono un danno da due a quattro volte superiore. Che il fatto non spaventi il “governo” ucraino mi sembra ovvio, sono solo una banda di ladri che del popolo se ne strafrega, loro certo non soffriranno

  3. Per una visione della situazione economica della Russia e delle prospettive politiche del regime putiniano un po meno edulcorate di quelle “passate” da RT, segnalo questo articolo:
    http://www.kyivpost.com/article/opinion/op-ed/timothy-ash-is-ukraine-russian-peace-deal-brewing-behind-the-scenes-406166.html

    • ciao angelo, la storia finirà il momento che la stella perderà la sua luce e si unirà alla luna, fino a sventolare sul Cremlino sostituendo la stella!!

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