Mustafa Cerić

BOSNIA: Da grande volevo fare il politico. Storia del reis Mustafa Cerić

Da SARAJEVO – Se la comunità musulmana bosniaca ufficiale, la Islamska Zajednica, è un attore determinante nello scenario politico bosniaco, lo deve soprattutto al suo storico leader: il reis-ul-ulama Mustafa Cerić, in carica dal 1993 al 2012.

La sua politica ventennale è spiccata per ecletticità e stakanovismo. Ha cercato di adattarsi alle circostanze contingenti, tenendo un unico punto fermo: aumentare con tutti i mezzi il peso politico e la visibilità sociale dell’Islam, contrastando sia i gruppi islamici fautori di un’ interpretazione alternativa a quella bosniaca che gli attori politici bosniaci non nazionalisti*.

In politica interna: non è una questione privata

Cerić vuole vietare vendita e consumo di alcolici e introdurre i corsi di religione all’asilo; denuncia il Natale come “festa pagana”. È in indefessa ricerca di partner politici. Inizialmente intesse un’alleanza privilegiata con il partito SDA, non risparmiando indicazioni di voto palesi nelle moschee, ma l’ascesa di Sulejman Tihić tronca questa liason. Allora si rivolge al Partito per la Bosnia Erzegovina (SzBiH) di Haris Silajdzić, criticando pubblicamente l’SDA e risultando determinante nel far eleggere Silajdzić alla Presidenza collegiale nel 2006. Rotto anche con lui, trova temporaneamente nell’Alleanza per il Futuro Migliore della BiH di Fahrudin Radoncić, magnate dei media, il suo nuovo interlocutore, per poi tornare all’SDA con Bakir Izetbegović. Con tutti punta a diffondere l’ideologia del nazionalismo bosgnacco.

Il 2012 fornisce un esempio significativo dell’influenza del reis. Il ministro dell’educazione del cantone di Sarajevo, Emir Suljagić, membro dell’SDP, decide di rimuovere i voti di religione dalla media degli studenti di ogni ordine scolastico. Cerić e il suo entourage insorgono in una violenta campagna mediatica. Ricevuta due giorni prima una lettera minatoria contenente un proiettile, il 10 febbraio Suljagić rassegna le sue dimissioni.

In politica estera: un’Islam europeo

Un passo indietro. All’inizio del nuovo millennio la figura di Cerić travalica i confini bosniaci. Sono gli anni degli attentati terroristici a New York, Madrid e Londra. Il mondo cambia e il reis fiuta l’aria, è necessario smarcarsi dalle amicizie ambigue, quelle con i gruppi neo-salafiti operanti in Bosnia dalla fine del conflitto, tolleratissimi fino a quel momento. Lo scontro con i fondamentalisti impegna l’intellighenzia musulmana bosniaca nell’elaborazione di una sua specificità: la tradizione islamica dei bosgnacchi. L’ultimo Cerić diventa l’araldo del dialogo interreligioso.

Il 24 febbraio 2006 nella moschea di Zagabria il reis bosniaco pronuncia la celebre “Dichiarazione dei musulmani europei”, a cui segue il 2 luglio a Istanbul la “Dichiarazione di Topkapi”, che chiude la Conferenza dei musulmani d’Europa. Sono le sue prime storiche dichiarazioni a favore dell’esistenza di un’interpretazione europea dell’Islam.

All’interno del mondo musulmano, Cerić vuole ritagliarsi la figura dell’intermediario con la cristianità. Il 13 ottobre 2007  è tra gli animatori della “Lettera dei 138”, rivolta a Benedetto XVI: “al terrorismo”, si legge,“non possono essere dati connotati religiosi”. Da qui scaturisce il seminario organizzato dal Forum Cattolico-musulmano a Roma il novembre dello stesso anno. A capo della delegazione dei rappresentanti islamici, Cerić è uno degli unici tre leader musulmani ad essere citato nei ringraziamenti del pontefice.

Fuori dalla moschea, non dalla politica 

Sostituito nell’ottobre del 2012 dal più defilato Hussein Kavasović, Cerić rimane una figura di riferimento per la popolazione bosgnacca. A fine 2012 ha fondato e presiede il Congresso Bosgnacco Mondiale, proponendo come revisione costituzionale la sostituzione del voto diviso tra i tre popoli costituenti con il maggioritario puro: i bosgnacchi sarebbero facilmente maggioranza.

Poi, con l’ennesimo coup de théâtre, si candida al seggio di membro bosgnacco della Presidenza tripartita alle elezioni generali del 12 ottobre 2014, ottenendo sorprendentemente solo il 4,50% delle preferenze (33.882 voti). Uno dei motivi della debacle è la sua scelta di candidarsi come indipendente, senza legarsi a nessun partito. La rilevanza dei partiti è testimoniata dalla vittoria del candidato uscente dell’SDA, Bakir Izetebgovic, con il 32,87% (247.235 voti).

Ma l’ascendente di Mustafa Cerić sulla politica interna bosniaca sembra esser ben distante dall’esser tramontato.

Leggi anche: La transizione politica della Bosnia-Erzegovina, venticinque anni dopo 

Foto: Flickr – Creative Commons

Chi è Simone Benazzo

Triennale in Comunicazione, magistrale in Scienze Internazionali, ora studia al Collegio d'Europa, a Varsavia.

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