POLONIA: Di Expo in Expo

Chiusi i cancelli e iniziato lo smantellamento si torna a parlare di Expo Milano 2015 con una visione disincantata. Dopo i lusinghieri pareri sul suo sedicente successo, è arrivato il momento di fare bilanci più critici. Senza addentrarmi in questa spinosa questione, ho cercato di capire quali siano state le ragioni per cui un paese come la Polonia – che per crescita economica non ha certo bisogno di impulsi del genere – abbia deciso di partecipare.

Il Commissario Generale del Padiglione Polacco e Presidente dell’Agenzia Polacca per l’Informazione e gli Investimenti Esteri (Polska Agencja Informacji i Inwestycji Zagranicznych, PAIiIZ), Sławomir Majman, confessa una certa esitazione iniziale. Dopo l’esperienza di Shanghai, che fruttò l’“Award for the best country promotion” da parte del Chinese Business Network – Expo Shanghai 2010, la Polonia ha deciso di giocare la stessa carta lanciata cinque anni prima: mostrare al mondo il suo nuovo volto. Messe da parte le riserve sulla partecipazione a un’Esposizione il cui tema, Nutrire il pianeta, la vedeva rivale dell’Italia (concorrente in alcuni settori economici), l’Agenzia Polacca per lo Sviluppo dell’Imprenditorialità (Polska Agencja Rozwoju Przedsiębiorczości, PARP), organizzatore della partecipazione della Polonia a Expo 2015, ha scelto di realizzare un Padiglione che fosse il più italiano possibile. «L’intento – racconta il Commissario Majman – è stato quello di mostrare le similitudini tra i due stati per conformazione territoriale e stile di vita, e di farci vedere per quello che siamo: romantici e amanti dell’intrattenimento». Inutile dire che la Polonia sentisse il bisogno di staccarsi dal ricordo di grigio ex-satellite sovietico. Non a caso lo slogan recitava: “Come and find all colours of life”. «Siamo il paese del successo economico che non trova eguali in Europa. Mi stupisco che l’idea di molti italiani, anche colti, rispetto a questa parte d’Europa sia limitata all’immagine di una corrotta struttura post-sovietica. Siamo qui affinché gli italiani imparino a conoscerci» afferma Majman.

Se la Polonia galoppa sul piano economico, era davvero necessario impiegare le risorse per un evento che non pare aver creato ulteriori occasioni di incontro oltre quelle già esistenti e che porterà alla demolizione di parecchi edifici, tra cui quello polacco che non avrà una seconda vita? «I soldi utilizzati sono il migliore investimento per mostrare la Polonia contemporanea. Molti politici hanno trattato Expo come un evento economico ma si tratta di una fiera della vanità, una festa organizzata una volta ogni cinque anni. Ho imparato che nessuno deve preoccuparsi di non essere serio: abbiamo portato avanti molte attività di intrattenimento. Bisogna scendere dal piedistallo e fare ciò che le persone vogliono per ottenere risultati migliori» – risponde Majman alla mia perplessità. Un luna park dai contorni populisti. Tutto fumo e niente arrosto, per usare una pertinente metafora gastronomica. Tuttavia, qualcosa di interessante e nuovo sembra sia arrivato dal paese delle mele: tecnologia spaziale per l’agricoltura. Bisogna chiedersi però quanti, tra visitatori ed esperti del settore, abbiano avuto bisogno di questo ombrello semestrale dai mille volti e contraddizioni per venirne a conoscenza.

La Polonia, comunque, pare cercare legittimità e riscatto attraverso queste vetrine e il Primo Ministro uscente Ewa Kopacz aveva già annunciato a luglio di voler sostenere la candidatura di Łódz all’Esposizione Internazionale del 2022. Dopo i falliti tentativi di candidare Wrocław per il 2010 e per il 2012, spetta all’ex distretto tessile polacco competere per raccogliere il favore del Bureau International des Expositions (BIE). Sarebbe la prima volta che l’Europa Centro-Orientale ospita un’Esposizione. E perché proprio Łódz? «È stata costruita due volte: all’inizio del ‘900 quando da villaggio diventò la seconda città in via di sviluppo al mondo dopo Chicago, e negli ultimi anni reinventandosi importante centro per il settore ICT e degli elettrodomestici dopo il collasso industriale degli anni ’90. Il tema con cui ci presenteremo sarà come salvare le città in declino» anticipa il Commissario Generale.

Ad ogni modo, avremmo potuto imparare qualcosa dalla Polonia anche senza Expo. Basta confrontare gli aeroporti di Rzeszów e Crotone, come ha fato un’inchiesta de l’Espresso un paio di mesi fa. Entrambi hanno ricevuto i fondi comunitari ma, mentre il capoluogo della Subcarpazia prende il volo e traina la regione grazie a un illuminato sindaco, Crotone sprofonda come tutto il Sud Italia. «Il problema non è ottenere i fondi ma come utilizzarli efficacemente. La nostra ricetta è molto semplice: si chiama buon senso». Proprio quello che ci manca. Lezione impartita.

Chi è Paola Di Marzo

Nata nel 1989 in Sicilia, ha conseguito la Laurea Magistrale in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso la Facoltà "R. Ruffilli" di Forlì. Si è appassionata alla Polonia dopo un soggiorno di studio a Varsavia ma guarda con interesse all'intera area del Visegrád. Per East Journal scrive di argomenti polacchi.

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