UCRAINA: A Mariupol non si vota. I clan contro il governo

Pur trattandosi di elezioni amministrative, quelle tenutesi domenica scorsa sono state consultazioni molto importanti per il paese. Nonostante i discreti risultati generali, evidenziati dagli osservatori internazionali accorsi per l’occasione, non sono mancate difficoltà soprattutto nelle regioni orientali che rischiano di far ombra sul processo democratico del paese.

Il caos a Mariupol

Anche se in generale il processo si è svolto in maniera piuttosto trasparente, a livello regionale l’influenza degli oligarchi e dei consolidati poteri locali rimane particolarmente ingombrante . Numerosi problemi sono stati riscontrati a Mariupol, dove le elezioni non hanno avuto luogo a causa di ritardi nella formazione della commissione elettorale locale e evidenti manomissioni delle schede elettorali. Secondo alcune fonti il fatto stesso che a Mariupol si sarebbero dovute svolgere le elezioni è frutto di un tacito compromesso tra Rinat Akhmetov e il presidente. La macchinosa e poco chiara riforma elettorale approvata lo scorso 14 luglio, infatti, ha definito le circoscrizioni territoriali nelle quali non si sarebbero svolte le elezioni. Oltre alla Crimea e ai distretti delle regioni di Donetsk e Lugansk, territori che non sono direttamente sotto il controllo di Kiev, per ragioni di ordine pubblico si è deciso di non votare anche in molti altri centri in prossimità della linea di demarcazione.

Mariupol però è una città molto importante per diversi motivi. Da un punto di vista simbolico rappresenta per l’Ucraina il fulcro della resistenza contro i separatisti e Mosca, nonché il principale centro della regione di Donetsk rimasta sotto il controllo di Kiev. E’ anche la città dove nel maggio 2014 gli scontri si sono trasformati in guerra durante la sua riconquista da parte dell’esercito ucraino, ospitando, insieme ad Odessa, le prime vittime innocenti di un conflitto che avrebbe poi ampiamente coinvolto la popolazione civile. La città portuale è, però, divenuta anche il centro degli interessi economici del clan oligarchico del Donbass, guidato da Rinat Akhmetov, che durante la guerra ha dovuto trasferirvi parte delle proprie attività. Con Donetsk si continuano a fare affari e Mariupol è diventato il punto di raccordo con il resto del paese. Il fatto che le schede fossero stampate in una tipografia di proprietà di Akhmetov aggiunge solo un pizzico di colore ad un quadro già delineato.

Niente voto a Krasnoarmeysk e Svatovo

Grande confusione si è registrata anche a Krasnoarmeysk (Donetsk), dove le elezioni sono state annullate ufficialmente solo nella tarda serata di domenica con uno stucchevole rimpallo di responsabilità tra la Commissione Elettorale Centrale e quella locale. La corsa per la ristampa delle schede, ordinata da Kiev, si è conclusa solo a qualche ora dalla teorica chiusura dei seggi, quando la commissione locale ha ufficialmente deciso che non c’erano più i tempi tecnici per aprire i seggi. Anche nel villaggio di Svatovo (Lugansk) le elezioni sono state interrotte per numerosi errori presenti sulle schede elettorali. Interessante notare che in entrambi i centri era dato per favorito Nash Kray (Наш край), giovane partito che comprende al suo interno numerosi ex rappresentanti del Partito delle Regioni.

Diffuse irregolarità

Più in generale, numerosi sono stati i seggi chiusi o aperti con netto ritardo, soprattutto nella parte orientale del paese. L’organizzazione “Opora”, che monitora la regolarità del voto, ha riportato circa 1500 casi di irregolarità su tutto il territorio nazionale. Le più frequenti sarebbero la violazione del silenzio elettorale, corruzione dei votanti e violazione delle procedure da parte delle Commissioni elettorali locali.

Le numerose segnalazioni non hanno impedito a Tana De Zulueta, responsabile della missione OSCE, a definire il processo elettorale come “sostanzialmente democratico” e “ben organizzato”, pur con alcune sporadiche irregolarità che non avrebbero influito sull’esito finale. Quello che OSCE e le altre organizzazioni internazionali hanno più aspramente criticato è stato il sistema elettorale, che oltre ad essere poco chiaro e farraginoso, ha impedito ad oltre un milione di sfollati delle zone del conflitto di prender parte al voto.

In attesa dei risultati ufficiali le elezioni di domenica scorsa rappresentano comunque una vivida immagine del paese, dove poteri locali continuano a giocare ancora un ruolo cruciale nella definizione del percorso politico nazionale.

Chi è Oleksiy Bondarenko

Nato a Kiev nel 1987. Laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l'Università di Bologna (sede di Forlì), si interessa di Ucraina, Russia, Asia Centrale e dello spazio post-sovietico più in generale. Attualmente sta svolgendo un dottorato di ricerca in politiche comparate presso la University of Kent (UK) dove svolge anche il ruolo di Assistant lecturer. Il focus della sua ricerca è l’interazione tra federalismo e regionalismo in Russia. Per East Journal si occupa di Ucraina e Russia. Collabora anche con Osservatorio Balcani e Caucaso.

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