CURVA EST #6: Evald Mikson, tra calcio estone e crimini di guerra

Curva Est è la nostra selezione settimanale di articoli e letture a tema sportivo, centrati sull’est Europa, ma non solo. Un compendio di tutto quello che abbiamo ritenuto valga la pena di leggere, a cura della redazione sportiva di East Journal, tra storie, approfondimenti e curiosità.

Dal calcio estone a quello islandese, passando per l’Olocausto

Evald Mikson, l’international estonien accusé de crimes de guerre
Pierre-Julien Pera
21 ottobre 2015, Footballski

Sul sito francese Footballski, Pierre-Julien Pera racconta la storia di Evald Mikson, portiere estone classe 1911, accusato di crimini di guerra. Tra il 1934 e il 1938 Mikson viene convocato sette volte dalla squadra nazionale estone: una squadra mediocre in cui però lui riesce a distinguersi, guadagnandosi il soprannome di Uomo dalle cento mani. La sua storia entra nel turbine della storia quando l’Unione Sovietica occupa l’Estonia: diplomato all’Accademia di Polizia, si dà alla macchia per evitare la repressione dell’NKVD, arruolandosi in uno dei gruppi di resistenza all’invasione sovietica.

Quando il dominio sovietico verrà spezzato dall’invasione nazista, Mikson entra a far parte della Sicherheitspolizei, la forza di sicurezza tedesca. Coscienti del pericolo, la maggior parte degli ebrei del paese fuggirà o sarà deportati verso l’Unione Sovietica. Ne resterà meno di un migliaio: 963 ebrei che verranno uccisi nel giro di sei mesi, entro il 31 gennaio 1942 quando il paese viene dichiarato Judenfrei. Secondo alcune fonti, Evald Mikson non sarebbe stato estraneo a questo massacro, firmando di sua mano almeno una trentina di condanne a morte e forse eseguendone alcune in prima persona, in quanto appartenente ai vertici dell’Omakaitse, milizia estone che si macchiò di collaborazionismo con il regime nazista.

Nel 1944 il paese viene liberato dall’occupazione nazista e Mikson fugge per evitare rappresaglie. In Svezia verrà riconosciuto quale criminale di guerra e dichiarato persona non grata: si recherà dunque in Norvegia, dove si imbarcherà verso il Venezuela. Il suo viaggio però si fermerà al primo scalo del bastimento, l’Islanda, dove cambierà nome diventando Eðvald Hinriksson e si stabilirà, ponendo le basi della federazione di pallacanestro islandese e prodigandosi anche come allenatore di calcio. In Islanda avrà anche due figli, Johannes e Atli Edvaldsson, che vestiranno le maglie di Celtic Glasgow e Borussia Dortmund, oltre che della nazionale islandese. La figlia di Atli, Sif Attladottir, è attualmente una delle colonne della nazionale femminile. Le accuse a carico di Mikson torneranno però a riaffacciarsi alla fine degli anni ’70: il Centro Simon Wiesenthal si batte per un decennio per ottenere un’inchiesta ufficiale sul passato di Mikson/Hinriksson. Una battaglia vana: nel 1993 l’Islanda acconsentirà all’apertura del processo, ma pochi mesi dopo l’ottantaduenne soccomberà a una crisi cardiaca.

Partita della morte, verità sfocate

La Partita della morte, o del perché l’uomo non ama la verità
Edoardo Molinelli
12 ottobre 2015, Minuto Settantotto

La leggendaria “Partita della Morte” del FC Start di Kiev ha molte verità: prima distorta a fini propagandistici dalle autorità sovietiche, poi drammatizzata da diversi film, racconti, libri e spettacoli teatrali. Un ricorrersi di nuove versioni, di riletture, di particolari inventati e aggiunti a un mosaico complicato che ha contribuito a rendere sfocata la verità storica su quanto avvenne il 9 agosto 1942 a Kiev. Per questo motivo Edoardo Molinelli su Minuto Settantotto ha deciso di analizzare la verità storiografica sull’incontro e smentire i miti più diffusi riguardo alla partita, mettendo sotto accusa anche una delle opere più famose sull’incontro, il libro Dynamo. Defending the honour of Kiev di Andy Dougan.

Come sottolinea Molinelli: «L’atmosfera, sia in campo che sugli spalti, fu assolutamente rilassata e non si verificò nessuno degli episodi da film […] probabilmente nessuno impose agli ucraini di gridare “Heil Hitler” […] Non c’erano soldati armati a bordo campo, nessuno minacciò i giocatori prima e durante il match e il gioco fu sì duro, ma in modo del tutto naturale per gli anni ’40». Implausibile poi l’idea di una rappresaglia avvenuta per il risultato sfavorevole ai tedeschi: su un centinaio di risultati documentati di scontri tra ucraini e formazioni militari tedesche, oltre la metà vennero vinti dalle squadre ucraine. Sono solo alcune delle verità storiche, emerse grazie al lavoro impeccabile di ricercatori come l’italiano Mario Alessandro Curletto, che faticano però ad affermarsi in mezzo al rumore creato dalla diffusione della versione iperbolica, romanzata e distorta che si sta imponendo.

La curiosità

Che ai politici piacca ingraziarsi l’elettorato con promesse roboanti, e che vedano nello sport un potente strumento di propaganda, non è una novità. Ha forse esagerato un po’ però, su entrambi i fronti, Besim Tibuk, ex capo del Partito Liberal Democratico turco. Nel disperato tentativo di sorpassare la monumentale soglia di sbarramento del 10% imposta dalla legge elettorale turca, Tibuk ha provato a ipotizzare un calcio più spettacolare, con più gol e meno pareggi a reti bianche. Secondo la rubrica Turkey Pulse di Al Monitor, il suo programma prevedeva infatti l’abolizione della regola del fuorigioco e l’allargamento dello spazio tra i due pali.

Chi è Damiano Benzoni

Giornalista pubblicista, è caporedattore della pagina sportiva di East Journal. Gestisce Dinamo Babel, blog su temi di sport e politica, e partecipa al progetto di informazione sportiva Collettivo Zaire74. Ha collaborato con Il Giorno, Avvenire, Kosovo 2.0, When Saturday Comes, Radio 24, Radio Flash Torino e Futbolgrad. Laureato in Scienze Politiche con una tesi sulla democratizzazione romena, ha studiato tra Milano, Roma e Bucarest. Nato nel 1985 in provincia di Como, dove risiede, parla inglese e romeno. Ex rugbista.

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