SIRIA: La Germania apre ad Assad

Il cancelliere tedesco, Angela Merkel, ha lanciato un appello per l’apertura di un dialogo con il presidente siriano Bashar al Assad allo scopo di rilanciare il processo politico in Siria e mettere fine alla guerra civile. Così anche la Germania sceglie la via del pragmatismo. Dopo l’avvicinamento tra Stati Uniti e Iran, che nel contesto siriano significa l’implicito appoggio di Washington ad Assad (di quest’ultimo Teheran è fedele alleato), si tratta del secondo clamoroso spostamento diplomatico in pochi mesi. L’intervento russo a favore di Assad, infine, sembra puntellare definitivamente il suo regime che, fino a un anno fa, era ritenuto il nemico da abbattere.

L’appello della Germania non trova, almeno per ora, l’appoggio francese. Il presidente francese François Hollande ha ribadito che “il futuro della Siria non può passare per Bashar al Assad” e che “non può esserci una transizione coronata da successo se non con la sua partenza”.

Se guardiamo al contesto mediorientale con le lenti del realismo politico, questo riallineamento delle potenze ha un aspetto doppiamente positivo. Il primo è la distensione tra Iran e Stati Uniti dopo decenni di embargo e ostilità, una distensione che servirà anche a bilanciare il peso dei sauditi, storici partner americani ma anche principali finanziatori del fondamentalismo sunnita, ISIS compreso. Il secondo è l’avvicinamento tra Washington, Berlino e Mosca, necessaria premessa alla pace in Ucraina.

Tuttavia riesce difficile immaginare che la soluzione del conflitto possa passare da Assad il cui regime continua a uccidere più civili di quanti non ne uccida l’ISIS. Anche il realismo politico dovrà avere un limite, e questo limite dovrà essere la rimozione di Assad in cambio della sopravvivenza del regime alawita su tutto il paese o su una sua parte almeno. Altrimenti il sangue dei civili uccisi ricadrà anche su Berlino, e non servirà accogliere i profughi siriani con una mano per poi aiutare il loro boia con l’altra.

 

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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2 commenti

  1. maria fioravanti

    E gli Stati Uniti come la prendono?

    • secondo me bene. Come suggerito nell’articolo, per ora agli Stati Uniti va bene così. Si vedrà dopo cosa fare di Assad ma per ora lo sostengono implicitamente. L’alleanza con l’Iran – alleato di Assad – va in questa direzione…

      M.

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