ARMENIA: Altra notte di protesta, ma non è uno “scenario ucraino”

Un’altra notte di protesta a Yerevan. Malgrado la repressione della polizia, migliaia di persone sono rimaste amanifestare davanti al palazzo del governo che si è rifiutato di ascoltare le richieste della popolazione e ha confermato di voler aumentare del 16% i prezzi dell’energia elettrica a partire dal prossimo agosto. Una decisione che si deve alla svalutazione della moneta locale che subisce direttamente le conseguenze della svalutazione del rublo, da cui è fortemente dipendente. Non solo, l’adesione all’Unione Eurasiatica da parte dell’Armenia la espone alle turbolenze economiche che Mosca stra attraversando a causa della crisi ucraina.

Alcuni analisti russi suggeriscono che le proteste di Yerevan siano finalizzate a spingere il paese fuori dall’orbita di Mosca e che quella in corso sia, in sostanza, un’altra Maidan promossa dall’occidente per accerchiare la Russia e farle terra bruciata intorno. Ci sono però significative differenze con il caso ucraino. La popolazione armena non è divisa nelle sue opinioni verso la Russia che anzi è vista come unico alleato e in certa misura garante della sicurezza armena. In Ucraina una parte consistente della popolazione, radicata per altro in una precisa area geografica del paese, è tradizionalmente contraria all’influenza russa sul paese. Una cosa del genere non esiste in Armenia.

L’Armenia infatti si trova circondata da “nemici” storici, come l’Azerbaijan, contro cui ha combattuto unaguerra già nel 1918-1921, e con cui oggi esiste un contenzioso aperto per il controllo del Nagorno-Karabakh. Quella del Nagorno-Karabakh è una guerra combattuta dal 1988 al 1994 ma che è proseguita a bassa intensità senza finora trovare una soluzione. La Turchia è un’altro nemico storico di Yerevan, sia per l’annosa questione del genocidio armeno, sia per l’implicito appoggio che Ankara ha sempre dato agli azeri, che sono un popolo di etnia turca. Schiacciata tra questi due nemici, l’Armenia ha faticato a costruire relazioni commerciali, diplomatiche e politiche che le garantissero stabilità. La Russia è quindi l’unico alleato possibile, e gli armeni non nutrono sentimenti antirussi. Il fatto che la compagnia russa  Inter RAO sia monopolista del mercato elettrico armeno, non configura in sé una protesta antirussa.

Come sottolineato anche da un recente articolo di Sergei Markedonov, analista militare del think tank russo IPMA, ritenere che ogni crisi politica sia un “virus” o una “proxy war” tra il cosiddetto occidente e la Russia, è riduttivo e paranoico. Non solo, ma” le profezie nefaste del Cremlino diventano auto-verificantesi proprio a causa delle azioni che il potere russo compie per difendersi da un nemico che non c’è”. Quella in corso in Armenia è una crisi politica interna, non una crisi geopolitica. E non lo diventerà se la Russia saprà comprendere che la protesta è diretta verso il governo di Yerevan e non verso quello di Mosca.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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