Juncker risponde al telefono mentre parla il presidente croato. Non solo una gaffe

Non c’è da gridare allo scandalo, è solo una gaffe. Ma ci sono gaffes che tradiscono l’uomo che sta dietro il politico. E, più nel dettaglio, anche ciò che sta dietro l’uomo: il lato oscuro, dove non batte il sole, che s’illumina improvvisamente e si legge chiaro in faccia.

Durante una conferenza stampa congiunta con la presidente croata Grabar-Kitarovic, il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha risposto al telefono cellulare mentre il capo di stato croato stava parlando. Per dieci secondi ha parlato al telefono, sotto le telecamere puntate, come se la presenza della presidente Grabar-Kitarovic fosse priva di rilevanza, come se si trovasse al mercato in compagnia della zia Cesira e non in presenza di un capo di stato. Un gesto che ha fatto imbestialire la stampa croata, ovviamente. E questa volta non si può accampare la scusa degli spiriti sempre troppo bollenti dei popoli balcanici, l’indignazione è più che motivata.

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Il suo portavoce ha spiegato che Junker ha risposto al cellulare “perché riceve spesso telefonate di importanti capi di stato e governo europei”. Un altro genio del crimine, questo signor portavoce. Evidentemente quella che stava accanto a Junker non era un importante capo di stato europeo. C’è da dire che Juncker sceglie i propri portavoce a propria immagine.

Non si trattasse del presidente della Commissione europea, cioè dell’uomo politico più importante del continente, verrebbe da sorridere. Non fosse che questo tristo signore, oltre a essere il gabelliere del continente, è responsabile delle scelte economiche di una Europa che da sette anni versa in una crisi irragionevole dovuta solo alle ristrette vedute dell’eurocrazia made in Luxembourg. Questo individuo, con la sua camarilla di faccendieri e teutonici consiglieri, sta negoziando il discutibile accordo di libero scambio tra Stati Uniti ed Unione Europea. Questo gaffeur eletto da nessuno – perdonate l’insistenza da dinosauro democratico, pardon, oggi si dice “populista” – decide di rispondere al telefono mentre è in conferenza stampa e si trova in presenza di un capo di stato. E lo fa perché non gliene frega un accidente, a lui, della tediosa messa in scena della democrazia. E ha ragione, in fondo.

L’Unione Europea ha qualche problemino con la democrazia, credo nessuno possa negare il famoso “deficit democratico” che ci fanno studiare fin dal liceo. E allora perché fingere trasparenza, corrispondenza di amorosi sensi con l’opinione pubblica? La presidente Grabar-Kitarovic non ha fatto polemiche, saggiamente, perché è così che va. In fondo era solo una conferenza stampa, ah! la stampa, orpello di libertà cadute in disuso. La prossima volta attendiamoci una conferenza stampa in cui Juncker si rade la barba mentre, che so, Hollande gioca al solitario, la Merkel si depila le ascelle e Renzi si fa le selfie. Oh, Jean-Claude, se telefonando, io, potessi dirvi addio, ti chiamerei.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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2 commenti

  1. Sono quelle piccole cose che rendono manifesto lo spirito di una persona. Il burocrate “massimo” si è messo a parlare e a giocherellare col cellulare come un qualsiasi Renzie.

  2. Federico Tristan

    E’ sempre una mancanza di rispetto solo che questa volta non è un italiano.

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