SLAVIA: Bari e la Russia, da un millennio uniti nel culto di San Nicola

Un pezzo di Russia nel cuore di Bari

Se Bari è la città più “russa” d’Europa c’è un luogo al suo interno che è più russo di altri. Il tutto, grazie a San Nicola. Oltre alla rinomata basilica, che svetta maestosa nella zona vecchia, il quartiere Carrassi custodisce infatti un altro gioiello architettonico: la chiesa russa, anch’essa dedicata al santo, che racconta la storia di un legame profondo tra Bari e la Russia che dura da oltre un millennio. Costruito nel 1913, il complesso è stato poi acquistato dal Comune di Bari nel 1937 e riconsegnato nel 2007 al Patriarca Russo in seguito alle richieste del presidente Vladimir Putin, in visita di Stato nel capoluogo pugliese.

Due luoghi simbolici, che rendono omaggio ad una figura “cosmopolita”, celebrata dai baresi e dai cristiani ortodossi dell’Europa dell’est, fino ad arrivare alle porte del Cremlino. Bari è per i russi il terzo luogo di pellegrinaggio dopo Roma e Gerusalemme. In Russia “Mikula” è patrono nazionale, venerato con il nome di “isapostolos”, simile agli apostoli. Si pensi anche che al santo era particolarmente devota la casata imperiale dei Romanov, che all’inizio del 1800 impose il nome di Nicola ai successori del trono degli zar. Ma per i baresi c’è soprattutto una data che costituisce il cuore pulsante della propria storia religiosa: il 1087, quando 62 marinai trafugarono le reliquie del santo dalla città di Mira, in Licia (l’odierna Turchia meridionale). Le ossa arrivarono in città tre settimane dopo, il 9 maggio. Da allora Bari è meta di pellegrinaggio e la festa di San Nicola, che si celebra il 6 dicembre, è sinonimo di un rito collettivo che marca il calendario di tanti altri Paesi. Dai Balcani agli Urali, è tutto un tripudio di cappelle, chiese e monasteri a lui dedicati.

Il santo viaggiatore

Della vita di Nicola non sappiamo molto, anche perché quasi tutte le fonti sono posteriori alla sua morte. Nato a Patara nel III secolo d.C. da una famiglia benestante, Nicola visse in un contesto storico molto delicato, che va dall’età dei Tetrarchi al periodo dell’imperatore Costantino, autore dell’Editto di Milano del 313 che sancì la libertà di culto per i cristiani. Rimasto orfano si trasferì a Mira, antica città greca sulla costa licia dell’Asia Minore, dove divenne vescovo e ricoprì l’incarico di defensor civitatis, riuscendo ad ottenere dall’imperatore un abbassamento delle imposte per la sua città. Secondo lo storico dell’arte Michele Bacci, autore di una recente biografia del santo, anche se Nicola si schierò a fianco dei più deboli (celebri i suoi interventi a favore degli innocenti ingiustamente condannati a morte) le sue gesta non furono prodigiose, sebbene gli siano attribuiti molti miracoli. In realtà, come spiega lo studioso barese Nino Lavermicocca, si tratta di gesti che si inseriscono nel sostrato culturale di quel tempo, anche con l’apporto di specifiche leggi. Per fare un esempio, i “pesatori” del miracolo del grano (che arrivava a Costantinopoli dall’Egitto con apposito scalo delle navi a Mira) erano in realtà i mensores, gli addetti alla distribuzione ai forni pubblici. La fama dei “miracoli” di Nicola si diffuse comunque rapidamente. Alla sua morte, avvenuta nella prima metà del IV secolo, il culto si diffuse ben oltre i confini della città di Mira, arrivando fino alla capitale Bisanzio, per poi spopolare in tutta l’area orientale. Alcune fonti ci dicono anche che Nicola avrebbe partecipato al Concilio di Nicea del 325, presieduto da Costantino. Un evento epocale, all’origine del canone testamentario della dottrina cattolica. Infatti, fu allora che vennero scelti i quattro vangeli sinottici, poi separati dagli apocrifi. Il ruolo di Nicola sarebbe stato però marginale. Pare infatti si sia limitato a convertire il filosofo pagano Teognide. Sempre stando ad alcune fonti, la sua vita sarebbe stata anche ricca di pellegrinaggi in vari Paesi del Vicino oriente, anche se molti sono ammantati di un’aura di leggenda. Tra questi la sua presunta tappa a Bari, della quale parla lo storico barese del XVI secolo Antonio Beatillo.

L’occupazione normanna e l’impresa dei marinai baresi

Durante l’alto medioevo i pellegrinaggi alla tomba di Nicola a Mira aumentarono a dismisura. L’impero bizantino, culla della cristianità, era in profonda crisi a causa delle incursioni di alcune popolazioni come i Normanni di Roberto il Guiscardo, che in pochi anni sottomisero l’Italia meridionale. Bari, conquistata nel 1071, perse la sua centralità nel Mediterraneo a vantaggio di Palermo. L’imperatore bizantino Alessio I Comneno doveva fronteggiare anche l’attacco dei Turchi Selgiuchidi che nel 1085, dopo essersi impossessati di gran parte dell’Anatolia, presero anche la città di Antiochia e l’intera Cilicia.

È forse in quel momento che i baresi pensarono di trafugare le ossa del santo da Mira, temendo che potessero essere conquistate dai musulmani. L’intento forse era quello di ridare dignità ad un sentimento religioso di matrice bizantina al quale l’establishment barese si sentiva ancora profondamente legato nonostante l’occupazione normanna. Alcuni storici ipotizzano che si trattò di un “colpo di mano” deciso in accordo con le autorità bizantine. Nell’Alessiade – la storia dell’imperatore Alessio scritta dalla figlia Anna – non si accenna nemmeno all’impresa. La spedizione, alla quale erano interessati anche i veneziani, probabilmente fu resa possibile grazie al al nulla osta, dietro corrispettivo, dell’emiro Mansur, che reggeva la città di Antiochia. Tra l’altro, uno dei luoghi comuni entrati a far parte della tradizione vuole anche che i 62 marinai baresi siano salpati a bordo di tre caravelle di proprietà degli armatori Dottula. Un falso storico ormai ampiamente documentato, visto che quel tipo di imbarcazione apparve più di tre secoli dopo. Secondo la Legenda Gerosolimitana il viaggio sarebbe durato tre settimane. Il 9 maggio le reliquie arrivarono a Bari e furono ospitate prima nel Monastero di San Benedetto, e poi nella chiesa di Sant’Eustazio. La basilica fu costruita poco tempo dopo, utilizzando un terreno della corte del Catapano (sede dell’antico governatore bizantino). Due anni dopo, nel 1089, Papa Urbano II pose le reliquie sotto l’altare della cripta.

La diffusione del culto e il legame con i russi

Dopo la morte di Nicola, il mito delle sue gesta si diffuse in tutti i Paesi di rito ortodosso. Secondo Mariagraziella Belloli, autrice di un piccolo saggio sulla chiesa ortodossa barese, il suo culto cominciò a diffondersi in Russia – dove è soprannominato Ruskij Bog (il Dio russo) – intorno al 988, sotto il regno di Vladimiro il grande. Il contesto storico era alquanto propizio, perché Vladimiro aveva favorito la conversione della nazione al cristianesimo. Come ricorda Lavermicocca, la città di Bari era nota ai russi sin dal X secolo grazie al reggimento di Ruš, un corpo di guardie scelte dei bizantini, ma anche per via di una serie di contatti di matrice religiosa. Uno degli eventi più drammatici di quegli anni, lo scisma del 1054 che aveva portato alla separazione tra chiesa greca e latina, fu difatti oggetto di un concilio tenuto proprio a Bari nel 1098. E pochi anni prima, nel 1091, Papa Urbano II aveva fatto dono al principe di Kiev di una parte delle ossa del santo contenute in una cassetta lignea.

Uno dei primi pellegrini russi che resero omaggio alle reliquie di san Nicola fu il monaco Barlaam, noto come il pellegrino di Rostov, che visitò la città di Bari tra il 1459 e il 1460. Un manoscritto russo del 1700 riporta anche la storia avventurosa del quale sarebbe stato protagonista. Arrivato nella città pugliese, gli sarebbe apparso proprio san Nicola, intimandogli di andare in un mercato vicino dove un mercante gli avrebbe poi venduto un’icona al prezzo di tre denari d’argento. Sulla via del ritorno il santo gli sarebbe nuovamente apparso nei pressi del fiume Ulejma, a pochi chilometri da Rostov, ordinandogli di fermarvisi. La notizia dell’apparizione e si diffuse in poco tempo, così da indurre gli abitanti di Dubrovskoe a costruire una cappelletta nella quale venerare l’icona sacra di Nicola. Successivamente, su richiesta del principe di Uglič, Andrei Vasilievič, furono avviati i lavori di edificazione di un monastero. L’episodio è solo un esempio dell’universalità del mito di san Nicola, che continuò ad attirare per secoli migliaia di pellegrini a Bari.

Fu per questo motivo che nel XIX secolo lo zar Nicola II dopo una serie di vicissitudini decise di far costruire a Bari un edificio di culto che potesse ospitare i pellegrini russi, molto spesso alle prese con problemi legati al viaggio e a improvvide difficoltà di tipo linguistico. La città di Bari fu in realtà una soluzione di ripiego. Fin dal 1849 i russi avevano cercato di riportare le reliquie del santo a Mira, con l’intento di costruirvi una basilica, ma la cosa non andò in porto a causa dello scoppio della guerra russo turca (1876-78) e seguito di altre scaramucce diplomatiche. Si decise allora di puntare su Bari, anche se le motivazioni non sarebbero molto onorevoli. La società russo-ortodossa di Palestina, che aveva finanziato l’impresa su impulso dello zar, volle acquistare lì un terreno soprattutto per proteggere i pellegrini russi dalle continue truffe perpetrate dai baresi ai loro danni. La costruzione della chiesa fu affidata all’architetto Alexej Victoriovich Schusev, e la prima pietra apposta il 9 maggio del 1913, nell’anniversario della traslazione delle spoglie da Mira. Lo scoppio della Grande Guerra diede un duro colpo al sogno dei russi di poter finalmente venerare in pace il loro santo. Durante il conflitto il complesso fu così utilizzato dalla Croce Rossa Italiana per accogliere i profughi. Nel 1937 il comune di Bari, attraverso alcune intricatissime operazioni acquistò la chiesa russa dallo stato sovietico, scatenando un contenzioso internazionale. Che rimase tale fino al 2007, quando la chiesa fu restituita al Patriarcato Russo.

Un legame ancora profondo

Oggi il legame dei russi con la città di Bari continua ad essere forte. A parte le decine di migliaia di pellegrini che vengono a presenziare il rito ortodosso, negli ultimi anni è cresciuto anche un turismo di lusso che porta sempre più imprenditori e magnati russi a scegliere Bari per “fare shopping”, comprando immobili e terreni. Una presenza costante, che si attesterebbe intorno ai 12 mila l’anno. Per amore di San Nicola. E del business made in Puglia.

Foto. GrouponMag

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