ROMANIA: Identità e cultura dei sassoni di Transilvania, un documentario di Jessica Klein

L’interesse per la comunitá sassone di Transilvania é aumentato grazie all’elezione di Klaus Johannis e grazie a una rete di associazioni e persone che si impegnano per la loro difesa e tutela. Eastjournal ha intervistato Jessica Klein, autrice di un libro e un documentario sui tedeschi di Meschendorf.

La comunità tedesca di Romania è una popolazione insediatasi nel medioevo e costretta all’emigrazione negli anni ottanta. Oggi l’interesse per questa comunità si è rafforzato, non solo grazie all’elezione di Klaus Johannis a Presidente della Romania, ma anche a una rete di associazioni e persone che si impegnano per la difesa e la tutela della comunità. Una di queste è Jessica Klein, nata nel 1988 in Inghilterra da una famiglia di sassoni della Transilvania. Dopo la pubblicazione di un libro sul villaggio natale di suo nonno si è lanciata nella produzione di un documentario. Segue la sua intervista a East Journal.

Perchè ti sei interessata alla comunità sassone di Transilvania?
Mio nonno era originario di quelle terre. Quando ero piccola mi raccontava spesso storie della nostra famiglia in Transilvania, e di Meschendorf il villaggio dove nacque. Quando se n’è andato ho voluto conoscere meglio ed approfondire i racconti che mi faceva, così ho iniziato le mie ricerche.

Come è nato il tuo progetto?
Il progetto è nato da una mia curiosità personale. Mi sono chiesta “Chi sono questi Sassoni di Transilvania?”. Volevo conoscere meglio la loro cultura, la loro società e come siano riusciti a conservare la propria identità culturale. Ho raccolto numerose testimonianze in Germania e poi ho organizzato un viaggio nel villaggio natale di mio nonno. Il mio interesse cresceva continuamente e con sorpresa notai che anche le altre persone si facevano coinvolgere. A un certo punto realizzai che vi erano veramente poche informazioni sui Sassoni. Ho deciso così di realizzare un documentario sulle loro storie personali e sulla relazione con la propria identità. Ho creato anche una pagina facebook e un sito internet per condividere le fasi ed i risultati del progetto. Sono rimasta sorpresa di ricevere numerose storie personali, non solo dalla Germania ma anche dagli USA e dal Canada.

Quali sono state le tue emozioni quando ti sei recata in un villaggio sassone? E come ha reagito la comunità al tuo progetto?
Il mio primo viaggio fu nel 2011 a Meschendorf. Fui fortunata perchè riuscii ad incontrare l’ultimo sassone del villaggio ancora in vita, aveva 101 anni. Non si sentiva di appartenere a nessun altra parte del mondo se non a quel villaggio. Nonostante i cambiamenti politici e il drastico cambiamento degli abitanti, ora quasi tutti rom e romeni, ripeteva che non avrebbe mai cambiato il suo villaggio con nessun altro posto.
L’architettura e la natura mi avevano colpito al cuore. Era come se fossi a casa, in una casa dove non ero mai stata se non nel mio pensiero. Le colorate facciate delle case sassoni erano sbiadite dal sole, i muri si era spaccati, le mattonelle erano cadute dagli edifici e rimanevano ai loro piedi, ricoperte lentamente dalla vegetazione. La casa dei miei nonni è ora in rovina, ma una rovina che mostra le propria storia passata.

A che punto è giunta la preparazione del tuo documentario?
Dopo un lungo lavoro e varie versioni, il documentario è stato quasi completato dalla regista Susanne Dietz. Siamo molto eccitate! Speriamo di poterlo condividere con voi fra poco. Seguiteci sul nostro sito web o sul profilo facebook per essere aggiornati.

Qual’è la particolarità di questo progetto?
Mi ha emozionato particolarmente sentire le persone parlare della relazione con la propria cultura e la propria identità. Alcuni intervistati mi hanno addirittura portato i test del DNA per esibirmi la prova delle loro origini. E’ stato incredibile vedere come questo progetto abbia risvegliato in loro la voglia di raccontare e di condividere le loro storie.

Gli emigrati sassoni mantengono contatti con la terra natia?
Sì, molti sassoni tornano in Transilvania, ma solamente per le vacanze. Alcuni sono riusciti a riottenere le proprie case, ma veramente in pochi sono tornati in maniera fissa. Ogni anno ci sono dei ritrovi organizzati dalla diaspora in Romania, ma anche in Germania, USA e Canada. La generazione emigrata è ormai troppo vecchia per viaggiare. Sarà interessante vedere se i giovani saranno in grado di mantenere un rapporto continuo con i villaggi in Transilvania, dove case, edifici e chiese necessitano di costante attenzione.

Che relazione c’è tra la vecchia e la nuova generazione?
C’è una forte divisione fra le due generazioni. I giovani sono nati fuori dalla Transilvania, o l’hanno dovuta lasciare quando erano molto piccoli. I vecchi hanno vissuto le privazioni del comunismo, quando persero tutte le loro proprietà e vissero il trauma dell’emigrazione che divise molte famiglie. Oggi, i giovani, si dimostrano molto interessati a riscoprire le proprie radici, a visitare e conoscere meglio la Transilvania, ma spesso organizzano anche attività nei propri paesi per creare quel senso di comunità attraverso balli, attività culturali e incontri.

Chi è Aron Coceancig

nato a Cormons-Krmin (GO) nel 1981. Nel 2014 ho conseguito all'Università di Modena e Reggio Emilia il Ph.D. in Storia dell'Europa orientale. In particolare mi interesso di minoranze e storia dell'Europa centrale. Collaboro con il Centro Studi Adria-Danubia e l'Istituto per gli incontri Culturali Mitteleuropei.

Leggi anche

Bucarest sefardita

Bucarest sefardita: la mostra a Venezia

In occasione della Giornata in memoria dell’Olocausto, sarà aperta a Venezia dal 19 al 27 gennaio 2024, in orario pomeridiano, la mostra foto–documentaria «Bucarest sefardita», a cura di Felicia Waldman e Anca Tudorancea, presso l’Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com