BULGARIA E ROMANIA: Fuori da Schengen, "troppa corruzione e criminalità organizzata"

di Matteo Zola

“Ingresso prematuro”, così Bulgaria e Romania restano fuori dall’area Schengen. I due paesi balcanici aspettavano a febbraio il via libera del Consiglio dell’Unione Europea per  divenire membri Schengen a marzo, ma la sfiducia dei Paesi membri li ha lasciati alla porta. Motivo? Romania e Bulgaria non sarebbero ancora in grado di assicurare la  necessaria opera di controllo dei confini dell’area senza frontiere, come dimostrato dal fallimento bulgaro nella gestione della frontiera con la Turchia, rotta privilegiata del narcotraffico e dell’immigrazione clandestina verso l’Europa. Non solo, l’Unione critica il fatto che in entrambi i Paesi persista un intollerabile livello di corruzione diffusa e che nel caso della Bulgaria vi sia una consistente presenza del crimine organizzato. Se il requisito della capacità di svolgere un adeguato controllo alle frontiere è fondamentale per essere ammessi nello spazio Schengen, tecnicamente le questioni della corruzione e del crimine organizzato non sono determinanti a tal fine. Per questo motivo il presidente rumeno Traian Basescu ha criticato fortemente il documento e ha accusato Francia e Germania di compiere così un atto di «discriminazione».

Il trattato Schengen permette a più di 400 milioni di cittadini di circolare liberamente nei paesi membri, senza dover mostrare il passaporto. La Romania e la Bulgaria sono entrate nell’UE nel 2007 ma, contestualmente alla loro adesione, è stato istituito un Meccanismo di Cooperazione e Verifica (MCV) per aiutarli a ovviare alle lacune presenti nei loro sistemi giudiziari e di polizia e monitorare i progressi in questi settori. Le autorità bulgare e rumene si sono impegnate a realizzare un gran numero di riforme al fine di «assumere integralmente i diritti e gli obblighi che comporta l’adesione all’UE». Ma, nonostante lo sforzo profuso, fino ad oggi i report annuali di monitoraggio dei progressi ottenuti dai due paesi balcanici hanno sempre riportato valutazioni negative.

La Bulgaria era già da tempo sotto osservazione, la Commissione Europea nel 2008 aveva congelato ben 800 milioni di euro di fondi comunitari destinati al Paese a causa della dilagante corruzione nella gestione delle risorse messe a disposizione da Bruxelles. Il Ministro degli Interni, Rumen Petkov, recentemente dimessosi in seguito ad uno scandalo che lo vede legato ad alcuni ambienti mafiosi, ha dichiarato che 30 milioni di euro dei 130 dati dalla Commissione Europea alla Bulgaria per sostenere le procedure di ingresso in Schengen sarebbero stati «rubati». Anche per questo la reazione di Sofia alla notizia si limita a un moderato e formale dispiacere unito alle promesse di maggior impegno.

Di tutt’altro tenore le reazioni di Bucarest che minacciano di abbandonare il Meccanismo di Cooperazione e Verifica e di fare ostruzionismo sulla rettifica della clausola del trattato di Lisbona che prevede l’aumento del numero degli eurodeputati, 3 dei quali dovrebbero essere tedeschi. Proprio Germania e Francia sarebbero infatti i principali detrattori dei due Paesi balcanici. Così il governo Basescu minaccia la politica dell’occhio per occhio: far saltare il contratto (del valore di 650 milioni di euro) con la compagnia aerospaziale franco-tedesca EADS, che produce sistemi di sorveglianza alle frontiere. La stampa romena ritiene che il diniego dell’ingresso Schengen sia dovuto allo scandalo che ha visto alcuni funzionari di Bucarest chiedere pagamenti illeciti e mazzette alla compagnia francese Vinci, come compenso per la conclusione di un contratto per la costruzione di un’autostrada che colleghi le città di Comarnic e Braşov.

Non è la prima volta che un paese dell’Unione si vede rimandato nell’accesso a Schengen, era già successo (e per ben tre volte) alla Grecia, che ancora oggi ha truppe Frontex (le guardie di frontiera europee) sul confine turco in modo da controllare i traffici illeciti che Atene, da sola, non saprebbe gestire.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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