RUSSIA: Perché la gallina di Teheran fa buon brodo a Mosca

Gli esiti dell’accordo sul nucleare iraniano di Losanna fanno ben sperare i rappresentanti dell’amministrazione russa: sono una vittoria sia sul piano politico che economico. Inoltre fanno fare bella figura al Cremlino, mentre minano in parte Washington.

Si sono conclusi nella giornata del 2 aprile i lavori a Losanna sulla questione del nucleare iraniano. Un successo generale, stando alle dichiarazioni dei vari rappresentanti politici internazionali. “Un traguardo importante a cui si è giunti con difficoltà” ha affermato soddisfatto il viceministro degli Esteri russo Sergej Rjabkov. Protagonisti al tavolo di discussione sono stati, oltre all’Iran, la cosiddetta sestina vincente del “5+1”, i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza ONU (Stati Uniti, Russia, Francia, Regno Unito, Cina) e la Germania, onnipresente ormai negli ambienti diplomatici internazionali.

Risultato degli incontri, in breve, sono stati la sospensione di oltre due terzi della attuale capacità di arricchimento dell’uranio del programma iraniano, il monitoraggio per 10 anni di questi processi da parte dell’AIEA (dopo 10 anni le attività di ricerca e sviluppo resteranno comunque limitate e supervisionate), il trasferimento all’estero o il passaggio a una purezza inferiore della maggior parte delle riserve di uranio arricchito iraniane, la riduzione dell’attuale stock di uranio arricchito da 10.000 chili a non più di 300 chili arricchiti al massimo al 3,67%, la riduzione del numero di centrifughe dalle attuali 19.000 a 6.104 (le altre passeranno sotto controllo dell’AIEA e saranno utilizzate unicamente per fornire ricambi). Rispettando questi vincoli, l’Iran otterrà un graduale alleggerimento sulle sanzioni internazionali, escluse quelle legate al terrorismo, ai crimini contro i diritti umani e alla detenzione di missili ad ampia gittata.

L’accordo, come ha ricordato anche il Ministero degli Esteri russo, è un segnale della possibilità di costruire intese sulla specifica area del Medio Oriente su basi diplomatiche. “Non ci sono dubbi sull’effetto positivo che gli accordi in merito al nucleare iraniano possono avere sulla situazione generale nell’ambito della sicurezza nel Medio Oriente; anche perché l’Iran potrà prendere parte in maniera più attiva nella risoluzione di tutta una serie di problemi e conflitti nella regione” ha sottolineato in una dichiarazione il ministero.

L’intesa di Losanna è stata riportata come una vittoria per i rappresentanti russi, in quanto l’esito dei confronti diplomatici ha confermato uno dei principi da sempre portati avanti dal presidente Putin: è stato riconosciuto al governo di Teheran il diritto ad intraprendere un programma nucleare a scopo civile, con inclusa la possibilità di realizzare i processi di arricchimento dell’uranio, per quanto sotto il controllo internazionale.

Non è stata però una vittoria solo politica per Mosca, ma anche economica. I rappresentanti del Cremlino non hanno perso di vista gli interessi del paese e della sua industria energetica nucleare: non hanno pertanto esitato a proporsi come paese dove potranno essere trasferite le riserve di uranio iraniano, come supervisore delle centrali e come fornitore di nuovo combustibile per le centrali di Teheran. “La Federazione Russa e la società energetica di Stato Rosatom sono pronte a fornire nuovo combustibile e a trasferire in Russia quello utilizzato da tutti i reattori già ad oggi installati o che potranno essere costruiti in Iran, per tutta la durata del ciclo di vita del reattore” ha detto Rjabkov all’agenzia Interfax. Ha poi aggiunto che si riferisce a “reattori, costruiti secondo progettazione russa o con partecipazione russa in Iran. Un primo esempio di lavoro di questo tipo esiste ed è piuttosto riuscito: è la prima centrale nucleare nella città di Bushehr”.

Quello che per la Federazione Russa è risultato quindi in un esito più che positivo e favorevole sia dal punto di vista politico che economico, non ha avuto lo stesso risvolto roseo per gli Stati Uniti, e la stessa stampa russa lo ha ricordato. Un interessante articolo di Veniamin Popov, direttore del Centro per la Collaborazione tra le Civiltà presso l’Istituto Statale di Relazioni Internazionali di Mosca (istituto che fa capo al Ministero degli Esteri della Federazione Russa), è uscito su Nezavisimaja Gazeta il 3 aprile. L’esperto ha ricordato lo scandalo scoppiato a Washington a fine febbraio quando il repubblicano John Boehner, presidente della Camera dei Rappresentanti, ha proposto a Netanyahu di intervenire al Congresso, contro il volere della Casa Bianca. La mossa del repubblicano, più che a rappresentare un reale interesse di politica estera del suo partito, è stato chiaramente letto come uno scacco, l’ennesimo, ai democratici ed al presidente. Obama, reagendo all’affronto, ha poi rifiutato di accogliere il premier israeliano, il quale tuttavia è intervenuto, sollevando il problema della minaccia rappresentata dall’Iran e dal suo potenziale atomico nel Medio Oriente.

L’atteggiamento anti-iraniano mostrato da Netanyahu e dall’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti Ron Dermer è stato bene accolto dalla componente governativa repubblicana, tanto che poi 47 senatori hanno indirizzato una lettera al premier iraniano, affermando che gli accordi sul nucleare potranno essere annullati dal prossimo presidente USA. La questione iraniana sembrerebbe quindi rivelarsi ostica per la politica sia interna che esterna degli Stati Uniti, che oltre ad avere un capo di Stato su un piedistallo sempre più instabile ora vedono i propri rapporti con lo storico alleato Israele incrinarsi e irrigidirsi sulla scorta di punti di vista e priorità differenti.

Chi è Martina Napolitano

Dottoressa di ricerca in Slavistica presso l'Università di Udine, è direttrice editoriale di East Journal e scrive principalmente di Russia.

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Un commento

  1. Più che i termini di un accordo che non c’è ancora, l’articolo espone le speranze e i desideri del Cremlino.
    Le dichiarazioni della Guida Suprema dell’Iran mi sembrano raffreddare i troppo facili entusiasmi russi; che poi gli iraniani (e gli USA) siano d’accordo a stoccare l’uranio in Russia, è un passaggio per niente scontato.
    Gli ambienti economici iraniani vogliono la fine delle sanzioni per poter fare affari con USA e UE non certo con la Russia, anzi Iran e Russia sono diretti concorrenti sull’unico bene che sta alla base di entrambe economie: il petrolio.
    Inoltre, se è vero che l’Iran sta barattando un ingombrante programma nucleare per avere le mani libere e diventare una potenza regionale, potrebbero esserci aree di frizioni se non di conflitto proprio con la Russia putiniana: Siria, Caucaso e Asia centrale.
    Direi una partita ancora tutta da giocare.

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