UCRAINA: Mai più Russia, nemmeno in televisione. Tra censura e guerra tra oligarchi

In Ucraina si sta combattendo una guerra parallela all’Operazione anti-terrorismo nel Donbass. Si tratta di una lotta per i cuori e le menti della popolazione che viene guerreggiata attraverso la parola e il suo uso strumentale o tramite la sua negazione e il suo controllo. Pur non essendolo ufficialmente, la leadership del paese si sente politicamente e culturalmente in guerra con il proprio vicino, la Russia. E si sa, in guerra ogni strumento è lecito. Così, a partire dalla primavera scorsa, per controbattere quella che da Kiev è stata definita come “l’aggressione della propaganda russa e la sua disinformazione”, la trasmissione di numerosi canali russi è stata proibita, molti film e serie televisive vietati ed è stato creato un Ministero, quello dell’informazione politica, con lo scopo ufficiale di “elaborare una strategia d’informazione politica e una dottrina relativa alla sicurezza dell’informazione in Ucraina”.

La televisione in tempi di guerra

Il 13 gennaio la Verkhovna Rada ha approvato con 240 voti favorevoli il progetto di legge N°1317, presentato dai deputati del Fronte Nazionale Nikolay Kniazhytskiy e Vadim Denisenko, che andrà a modificare alcune parti della legislazione in materia di “difesa dello spazio radiotelevisivo dell’Ucraina”. Come si legge nel comma 1 del progetto, viene vietata la trasmissione e la divulgazionedi ogni film che contenga elementi di promozione, agitazione, propaganda dell’azione delle forze dell’ordine, forze militari e altre formazioni militari dello stato occupante”. A rientrare sotto la giurisdizione della legge, non sarebbero solo i lungometraggi d’autore, ma anche altri molteplici prodotti come film documentari e serie televisive. Secondo le disposizioni di legge i criteri generali con i quali verranno catalogati i film proibiti e l’ammontare delle eventuali sanzioni in caso del mancato rispetto delle indicazioni da parte dei media radiotelevisivi, saranno stabiliti dal Ministero della cultura. Il controllo e il monitoraggio dei media, invece, sarà responsabilità del Consiglio nazionale sulla televisione e radiotrasmissione.

Questo progetto di legge va ad affrontare in maniera piuttosto controversa un tema già in discussione dall’estate scorsa, quando il Ministero della cultura aveva proibito la distribuzione all’interno del mercato ucraino di alcuni film russi considerati “anti-ucraini”, tra cui anche “La Guardia Bianca”, riproposizione cinematografica dell’omonimo romanzo di Michail Bulgakov.

In primo luogo all’interno del testo non ci si riferisce direttamente alla Russia, ma al “paese occupante”, terminologia non chiaramente esplicata all’interno della legislazione ucraina. Inoltre, come indicato al punto tre del terzo comma, il materiale cinematografico verrà considerato come contenente “elementi di promozione, agitazione, propaganda” (e quindi vietato) anche nel caso in cui “almeno uno dei protagonisti principali del film o attori di secondo piano rappresentino personaggi che hanno commesso un crimine o sono in procinto di farlo”. Il pericolo è che una simile formula giuridica permetta agli organi preposti un’ampia liberta nel vietare praticamente ogni tipo di film.

Guai per il canale dell’oligarca esiliato

Di recente è finito sotto accusa anche il canale televisivo Inter, che fa parte di UA Inter Media Group, acquisito dall’oligarca Dmytro Firtash nel febbraio 2013 per circa 2,5 miliardi di dollari. Inter, attivo dal 1996, rappresenta uno dei principali attori all’interno del panorama televisivo ucraino. Nel 2013 il canale, che trasmette sia in russo che in ucraino, ha vinto il premio come “principale canale televisivo del paese”. Firtash si trova attualmente agli arresti domiciliari nella sua residenza a Vienna.

A finire sotto inchiesta da parte del Consiglio nazionale sulla televisione è stata la programmazione della notte di capodanno. La redazione televisiva sarebbe stata colpevole di aver trasmesso una parte dello show di fine anno andato in onda su Rossiya1 (uno dei principali canali russi) con la partecipazione di personaggi considerati come “apertamente anti-ucraini” da Kiev, tra cui Iosif Kobzon (cantante nato a Donetsk, dichiarato “persona non grata” dopo una sua esibizione a Donetsk l’ottobre scorso), Oleg Gazmanov e Ani Lorak (cantante ucraina molto famosa in Russia). Proprio quest’ultima è stata al centro di numerose polemiche quando, prima dei suoi ultimi due concerti a Odessa e Kiev, un nutrito gruppo di nazionalisti ha cercato di impedire ai suoi fan di assistere allo spettacolo bloccando i cancelli d’ingresso.

La scelta di trasmettere un programma di Rossiya 1 non è passata inosservata né ai vertici delle autorità di Kiev, né tra le frange più nazionaliste della popolazione. All’indomani dell’episodio incriminato l’ex presidente ad interim ed attuale segretario del Consiglio di Sicurezza e Difesa nazionale, Aleksandr Turchinov, ha apertamente minacciato di privare di licenza il canale, mentre gli uffici della redazione sono stati presi a sassate da un nutrito gruppo di facinorosi.

Il 15 gennaio scorso, pur non avendo violato nessun regolamento o norma esistente, il canale ha ricevuto un richiamo formale dal Consiglio nazionale sulla televisione. Come riportato dal quotidiano Vesti, il presidente della commissione non ha mancato di ricordare al direttore che la licenza per trasmettere sul territorio nazionale è in scadenza nel luglio prossimo, aggiungendo che “non è ancora chiaro che decisione sarà presa in merito al suo rinnovo”.

A dir la verità Inter non è stato l’unico canale finito sotto accusa. Stessa sorte per episodi simili è toccata a 1+1 e Tonis. La faccenda in questo caso si è risolta, però, con pubbliche scuse dei due direttori e con la promessa di applicare un controllo più stretto (in odore di autocensura) nei confronti del contenuto dei programmi trasmessi.

L’oligarchico sistema televisivo ucraino

Potrebbe sembrare una forzatura, ma per quello che l’Ucraina ci ha insegnato negli ultimi anni, i guai di Inter portano buone notizie agli altri oligarchi e ai loro referenti politici. Non può sfuggire, infatti, che i principali canali televisivi e più in generale gruppi operanti nel mondo della comunicazione mainstream siano strettamente legati al mondo del secondo (non per forza nel senso gerarchico) ramo di potere in Ucraina, quello degli oligarchi. Una breve occhiata alla classifica dei canali più popolari rende perfettamente l’idea.

Questi sono distribuiti tra gli uomini più ricchi e politicamente influenti del paese, primo tra tutti il presidente, Petro Poroshenko, padrone di Piatiy Kanal (Canale5). Dmitro Firtash, invece, attraverso la holding UA Inter Media Group, oltre a Inter possiede anche NTN e K1 (per parlare solo di quelli più seguiti). Il secondo re della televisione è Viktor Pinchuk, oligarca-filantropo, marito della figlia (Elena) dell’ex presidente Leonid Kuchma e in stretti rapporti con influenti personaggi politici occidentali (non ultima la famiglia Clinton). STB, ICTV e Noviy Kanal (Nuovo Canale) appartengono, infatti, alla StarLightMedia, posseduta interamente dal vecchio rappresentante del clan di Dnepropetrovsk, in parlamento fino al 2006. Non potevano non essere in classifica Igor Kolomoiskiy e Rinat Akhmetov. Il primo è proprietario di 1+1 Media, gruppo composto da diversi canali televisivi (1+1, 2+2, TET e PlusPlus), mentre il secondo controlla il canale Ukrajina attraverso la holding System Capital Management. La cosa che appare sorprendente, però, è che sono solo questi cinque personaggi a controllare i quindici canali televisivi più visti in Ucraina.

Tenendo a mente questo quadro generale quindi, il recente caso di Inter, e di una crescente pressione sui media, potrebbe essere ricondotto non solo ad una più ampia “guerra contro la propaganda dell’aggressore”, ma più pragmaticamente ad un più nascosto ma importante riassestamento del controllo sui media da parte degli oligarchi, in seguito ad un periodo di importanti cambiamenti nel paese e nella cerchia delle persone più influenti. Le fasi iniziali di questo conflitto si sono potute osservare già con l’uso strumentale della retorica patriottica operato da molti canali con fini puramente politico-personali, come nel caso dello scontro tra lo stesso Firtash e Kolomoisky andato in onda sui rispettivi media per un lungo periodo in previsione delle elezioni parlamentari dello scorso autunno.

Il Ministero dell’informazione politica nei prossimi mesi sarà chiamato ad elaborare una struttura legislativa efficace e coerente in materia, creando dei meccanismi capaci di adattarsi alla situazione del paese per evitare che canali televisivi e mezzi di comunicazione siano richiamati, multati o messi a tacere in base a soggettive interpretazioni dei vertici dello stato o degli attivisti più intransigenti. Creare un tale meccanismo senza scadere nella censura non sarà un processo facile considerando l’estrema delicatezza della questione e gli ingenti interessi dei personaggi più potenti del paese. I primi passi in tal senso sembrano poco rassicuranti, mentre la vicenda di Inter (che ha ufficialmente accusato il Consiglio nazionale sulla televisione di diffamazione) sarà probabilmente un esempio per gli altri. A buon intenditor poche parole.

Chi è Oleksiy Bondarenko

Nato a Kiev nel 1987. Laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l'Università di Bologna (sede di Forlì), si interessa di Ucraina, Russia, Asia Centrale e dello spazio post-sovietico più in generale. Attualmente sta svolgendo un dottorato di ricerca in politiche comparate presso la University of Kent (UK) dove svolge anche il ruolo di Assistant lecturer. Il focus della sua ricerca è l’interazione tra federalismo e regionalismo in Russia. Per East Journal si occupa di Ucraina e Russia. Collabora anche con Osservatorio Balcani e Caucaso.

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