UCRAINA: Kiev abbandona lo status di paese non allineato. Ma la Nato resta lontana

Il parlamento ucraino ha votato a larga maggioranza, con 303 voti favorevoli e solo 8 contrari, l’annullamento dello status di paese non allineato. La scelta del parlamento inasprisce le relazioni con Mosca, ne alimenta i fantasmi e prelude a difficili e rischiose scelte future. Poiché è evidente che se non più neutrale, l’Ucraina dovrà scegliersi la parte e al momento di partner possibili ce ne sono solo due: la Nato, da un lato, e la Russia dall’altro. E quest’ultima non è certo quella a cui Kiev si rivolgerà. Non è quindi azzardato leggere il voto ucraino come un avvicinamento alla Nato ed è dunque comprensibile la reazione di Mosca che da sempre mette in guardia da un allargamento dell’Alleanza atlantica in quello che considera il suo “orto di casa”.

Tuttavia l’allargamento della Nato verso l’area post-sovietica dura da vent’anni e il corteggiamento tra Kiev e l’Alleanza atlantica comincia nel 1991, all’indomani del collasso dell’Urss. La “neutralità” ucraina è storia recente e risale al 2010, prima di allora Kiev – malgrado i governi orientati verso Mosca – seppe tenere il piede in due scarpe pur con vistose oscillazioni. Dopo l’annessione della Crimea, palese violazione della sua integrità territoriale, l’Ucraina sembra aver rotto gli indugi complice anche una leadership politica nazionalista e ostile a Mosca. Ma l’adesione alla Nato è un obiettivo possibile?

I rapporti tra Ucraina e Nato, una storia lunga vent’anni

Nel 1991, all’indomani della dissoluzione dell’Unione Sovietica, l’Ucraina entrò a far parte del Consiglio di cooperazione Nord Atlantico (CCNA), un organismo nato per promuovere l’allargamento dell’Alleanza atlantica. I membri del CCNA potevano sottoscrivere accordi bilaterali con la Nato. Nel 1994 l’Ucraina entra a far parte della Partnership for Peace (PFP), un programma di cooperazione nel campo della sicurezza e della difesa che mirava a stabilire un nuovo rapporto tra la Nato ed i paesi un tempo nemici del disciolto Patto di Varsavia, incluse le stesse repubbliche ex-sovietiche. Nel 1997, durante il vertice di Sintra, viene firmata la Carta “Nato-Ucraina” atta a favorire la cooperazione militare tra Kiev e l’Alleanza atlantica. In sostanza era una sorta di anticamera prima dell’ingresso formale nella Nato.

Nel 2000 arriva la svolta perché il parlamento di Kiev ratifica un Memorandum of Understanding che regola lo status delle forze Nato che dovessero stazionare o semplicemente transitare sul territorio ucraino sia in tempo di pace che di guerra. La ratifica del Memorandum è l’ulteriore salto di qualità nei rapporti Nato-Ucraina. Al vertice di Vilnius, tenutosi nell’aprile 2005, la Nato decide infatti di invitare l’Ucraina ad avviare un Dialogo Rafforzato (Intensified Dialogue), in vista di una possibile piena adesione da realizzarsi in futuro.

Il 2007 sembra essere l’anno decisivo. A Kiev è andata in scena la Rivoluzione arancione e il governo, guidato da Julia Timoshenko, lavora per l’adesione. Il neoeletto Presidente, Viktor Yushenko, viene più volte invitato ai vertici Nato ma durante il summit di Bucarest del 2008 i paesi membri dell’Alleanza atlantica rifiutarono l’adesione dell’Ucraina. Nel 2010, con la rielezione di Yanukovich, il paese scelse prudentemente lo status di “non allineato” stringendo tuttavia le relazioni con Mosca, tra cui anche la cooperazione militare.

Un amore impossibile?

Quando nel 2008 la Nato rifiutò l’adesione all’Ucraina il motivo ufficiale fu che la popolazione non era d’accordo, cosa peraltro vera stando ai sondaggi dell’epoca. Il motivo reale era però diverso: la Nato non poteva accogliere stati la cui posizione geopolitica espone al rischio di una guerra aperta. Poiché un conto è fare la guerra alla Serbia, alla Libia, e ad altri paesi incapaci di reagire militarmente e isolati a livello diplomatico, un altro conto e trovarsi faccia a faccia con il Cremlino.

Quell’alleanza non s’aveva da fare. Troppo pericolosa. E i fatti di oggi, con l’Ucraina scenario di guerra, danno ragione alle scelte di allora. E’ bene ricordare che per le stesse ragioni non fu accolta la richiesta georgiana. L’accerchiamento della Russia, che il Cremlino lamenta, non è mai avvenuto proprio perché tale accerchiamento sarebbe troppo rischioso. Nessun paese dell’area sovietica, su cui Mosca pretende di esercitare la propria influenza, è mai stato accettato come membro anche se è innegabile che il socio maggioritario dell’Alleanza, ovvero gli Stati Uniti, ci abbia provato a più riprese.

Alle condizioni di oggi quello tra la Nato e l’Ucraina resta un amore impossibile anche se sembra probabile che Kiev faranno di tutto per aderire al per aderire al Piano d’azione (MAP), l’ultimo gradino prima della piena adesione.

Alzare la tensione, un gioco pericoloso

L’avvicinamento tra Nato e Ucraina dura da tempo ma dopo averle lungamente fatto la corte, l’Alleanza l’ha rifiutata al primo appuntamento. Ora la bionda Ucraina torna all’assalto ma resta pericolosa almeno quanto è bella. Una adesione adesso metterebbe la Nato di fronte a due problemi enormi e di difficile soluzione diplomatica: la Crimea, che in punto di diritto appartiene all’Ucraina, e il Donbass dove si combatte una guerra vera con il Cremlino che agisce per interposta persona in modo da salvare le apparenze. Apparenze alla quali in Occidente fingono di credere perché non c’è nessun interesse a fare la guerra alla Russia.

A queste condizioni è ben difficile che Kiev entri nella Nato poiché, se anche a Washington avessero perso il senno, è arduo credere che analoga malattia colpisca contemporaneamente Berlino, Parigi, Londra, Roma e gli altri stati membri che devono votate all’unanimità l’ingresso di un nuovo membro (art.10).

Il voto del parlamento di Kiev serve solo ad alzare la tensione. E’ lo stesso gioco cui ha giocato Mosca tra febbraio e novembre: un passo alla volta si è spinta la crisi sempre più in là, un passo alla volta il Cremlino saggiava la sua possibilità reali e metteva a nudo la voglia di disimpegno dell’occidente. Oggi è Kiev, insieme ai suoi padrini politici, a saggiare la reazione di Mosca per vedere fin dove vorrà arrivare con una situazione economica difficile e una guerra che sul campo si fa disordinata e controproducente.

Chi è Matteo Zola

Giornalista professionista e professore di lettere, classe 1981, è direttore responsabile del quotidiano online East Journal. Collabora con Osservatorio Balcani e Caucaso e ISPI. E' stato redattore a Narcomafie, mensile di mafia e crimine organizzato internazionale, e ha scritto per numerose riviste e giornali (EastWest, Nigrizia, Il Tascabile, Il Reportage). Ha realizzato reportage dai Balcani e dal Caucaso, occupandosi di estremismo islamico e conflitti etnici. E' autore e curatore di "Ucraina, alle radici della guerra" (Paesi edizioni, 2022) e di "Interno Pankisi, dietro la trincea del fondamentalismo islamico" (Infinito edizioni, 2022); "Congo, maschere per una guerra"; e di "Revolyutsiya - La crisi ucraina da Maidan alla guerra civile" (curatela) entrambi per Quintadicopertina editore (2015); "Il pellegrino e altre storie senza lieto fine" (Tangram, 2013).

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7 commenti

  1. “Nessun paese dell’area sovietica, su cui Mosca pretende di esercitare la propria influenza, è mai stato accettato come membro anche se è innegabile che il socio maggioritario dell’Alleanza, ovvero gli Stati Uniti, ci abbia provato a più riprese.”

    Tranne i baltici.

    • I Baltici sono un caso a parte. Estonia, Lettonia e Lituania sono gli unici Paesi realmente “occidentali” dell’ex Unione Sovietica. La loro inclusione nella stessa, inoltre, fu frutto di un’occupazione che alcuni Paesi occidentali (tra cui gli States) non riconobbero. Non c’è da stupirsi se, dopo il collasso dell’URSS, l’Occidente ha messo in chiaro che la Russia non potrà tornare nei Baltici. Non avrebbe mai potuto dire una cosa del genere sull’Ucraina.

  2. Nessun paese dell’area sovietica…se si intende URSS in senso stretto come già detto da Marco Lauri i tre baltici sono Nato, innanzitutto, se poi vogliamo esser più precisi ci sono tutti gli ex paesi del patto di Varsavia, che direi che erano a tutti gli effetti “nell’area sovietica”, quindi Romania,Bulgaria,Polonia, Rep.Ceca,Slovacchia,Ungheria.
    Senza contare che tutti gli altri paesi ex URSS in un modo o nell’altro (Moldova,Georgia ,Kazackistan,Tagikistan,Ucraina Etc Etc)
    sono stati corteggiati e coinvolti nella NATO in particolare come EAPC…partenariato euro atlantico!!!

  3. I collegamenti con la Crimea occupata sono temporaneamente sospesi per evitare l’arrivo di gruppi sovversivi travestiti da civili sulla parte continentale dell’Ucraina, – ha detto il portavoce dell’ATO Andrij Lysenko. “In questo momento è elevato il pericolo: ogni giorno c’è qualche azione sovversiva da qualche parte”.

    Nel corso della notte 27 dicembre nella via Sehedska di Odesa c’è stata un’esplosione, a seguito della quale è morta una persona.

  4. Il sistema di pagamento internazionale Master Card ha sospeso i servizi per le carte delle banche che lavorano nella Crimea annessa dalla Russia. “In relazione alle sanzioni degli Stati Uniti introdotte contro la Crimea, Master Card ha avvisato le banche russe riguardo alla sospensione dei servizi”, – comunica l’agenzia. Com’è noto, il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha annunciato il 19 dicembre l’ampliamento delle sanzioni contro la Crimea. Il loro raggio d’azione riguarda le banche della Crimea e quelle banche che effettuano operazioni con la Crimea. Il primo a sospendere le operazioni con la Crimea è stato il sistema Visa.

  5. Il punto difficile da valutare è chi ha (o ha ripreso) l’iniziativa e chi invece arranca dietro le danze altrui.
    Sicuramente l’indolore annessione della Crimea è stata un successo per Putin, come, al contrario, l’aggressione e la guerra strisciante nell’est Ucraina una battuta d’arresto che potrebbe rivelarsi una sconfitta.
    La troppo facile vittoria crimeana aveva fatto sperare a Putin che sarebbe stata sufficiente una ulteriore spallata nell’est del paese per ritrovarsi una governo-zerbino a Kyiv; evidentemente un grave errore di valutazione e forse un boomerang anche “interno” che, dopo aver transitoriamente relegato in secondo piano la recessione e il disastro economico, col tempo, potrebbe mettere in discussione la stessa permanenza al potere del’excolonello del KGB.
    In fondo l’attuale dirigenza a Kyiv, dimostrando un inconsueto mix di sangue freddo e realismo politico, ha rimandato alla prossima generazione la soluzione del problema della Crimea e cerca di congelare la situazione nell’est Ucraina: deve tenere alto il livello di tensione internazionale dove chiaramente la Russia è isolata e sulla difensiva, mentre sul campo accetta realisticamente che non può vincere militarmente. L’opinione pubblica russa, passata l’ubriacatura nazionalista del ritorno alla Madrepatria della Crimea, si ritrova con l’aggravarsi della crisi economica, una inflazione rampante e conseguente fuga di capitali esteri e nazionali, ridimensionamento del sistema sanitario nazionale e di quello pensionistico, costi crescenti per mantenere l’occupazione della penisola, il pantano sociale ed economico del Donbass, ecc. ecc..
    Direi che se Kyiv tiene ferma la barra ad ovest, oggi è la Russia di Putin senza rotta.

  6. Quello che Putin ha fatto nel 2014 è stata una serie di stupidaggini. Compresa l’annessione della Crimea che si rivelerà, terminato il successo propagandistico, un boomerang politico. L’Ucraina, per un bel po’, non riconoscerà l’annessione e il diritto le da piena ragione. Quando la prossima generazione discuterà con la Russia il riconoscimento dell’annessione potrà pretendere una bella contropartita. La Russia aveva in mano le armi economiche, politiche e diplomatiche per tenere l’Ucraina fuori dalla NATO senza fare una serie di azioni folli e controproducenti. Quanto alla capacità dell’Ucraina di lottare questa era scontata e la sconsideratezza della Russia ha logicamente aumentato tale capacità reattiva.

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