BOSNIA: La Russia contesta l'integrazione euroatlantica di Sarajevo

Da SARAJEVO – La guerra in Ucraina e le sanzioni contro Mosca hanno portato a fine 2014 ad una revisione delle posizioni diplomatiche russe nei Balcani. Tra novembre e dicembre, Mosca ha iniziato a contestare il percorso di integrazione della Bosnia ed Erzegovina con l’UE e la NATO, andando ben al di là di quelle che sono le effettive remore di alcuni attori politici locali sulla questione.

La Russia contesta l’integrazione euroatlantica della Bosnia ed Erzegovina e chiede la fine della supervisione internazionale nel paese

La seduta del Consiglio di Sicurezza ONU dell’11 novembre ha rinnovato per un ulteriore anno il mandato della missione militare UE EUFOR ALTHEA in Bosnia ed Erzegovina. Per la prima volta negli ultimi anni, la risoluzione 2183/2014 è passata non per consenso, ma con 14 sì e un’astensione pesante, quella della Federazione Russa.

Se in passato il dibattito all’ONU sulla situazione in Bosnia ed Erzegovina si era dimostrato consensuale, quest’anno esso ha portato ad un’atmosfera diversa e molto più divisiva, complice l’ombra del conflitto in corso tra Russia e Ucraina. La Russia ha obiettato al linguaggio che fa riferimento all’integrazione euroatlantica della Bosnia ed Erzegovina, sul quale eppure ha riconosciuto di aver dato l’accordo in passato. Il rappresentante russo all’ONU, Vitaly Churkin, ha contestato l’esistenza di un consenso unanime sul tema in Bosnia, notando che i suoi contatti a Banja Luka avevano espresso una posizione differente.

Churkin ha anche posto l’accento sulla necessità di attuare le condizioni “5+2” per mettere fine alla supervisione internazionale del paese, che ha “esaurito i propri compiti”, attraverso la chiusura dell’OHR, sottolineando come tale processo non debba essere complicato da ulteriori condizioni relative all’integrazione europea. la Federazione Russia ha rimarcato come le ultime elezioni dimostrino che la popolazione bosniaca sia in grado di decidere da sola il proprio futuro e come vadano trasferite alle istituzioni locali tutti i poteri speciali dei rappresentanti internazionali ancora esistenti.

La Bosnia ed Erzegovina conferma il consenso di tutte le sue componenti all’integrazione euroatlantica

La posizione della Russia non ha mancato di provocare reazioni. La Francia si è detta dispiaciuta dell’astensione russa sulla risoluzione, che “distorce la realtà dei Balcani” e “cerca di mostrare un artificiale dissenso sul tema”. Tutti gli altri stati presenti al Consiglio di Sicurezza, tanto membri UE (Regno Unito, Lussemburgo, Lituania) quanto no (Cina, Giordania, Nigeria, Corea del Sud, Cile, Argentina, Ciad, Ruanda, Australia), inclusi i due vicini Serbia e Croazia, hanno espresso sostegno alla risoluzione, alla sovranità e integrità territoriale della Bosnia ed Erzegovina, e al percorso d’integrazione euroatlantica deciso dalle autorità del paese.

Anche la stessa rappresentante della Bosnia ed Erzegovina presso l’ONU, Mirsada Čolaković, si è detta dispiaciuta che la risoluzione 2183/2014 non sia stata approvata all’unanimità, sottolineando come tale testo esprima le posizioni di tutte e tre le componenti (serbi, croati e bosgnacchi) del paese.

Il 6 novembre, in una conferenza stampa congiunta, il membro bosgnacco della presidenza collegiale della Bosnia Erzegovina, Bakir Izetbegović, e Milorad Dodik, presidente di una delle due entità che compongono il paese, la Republika Srpska (RS), avevano confermato il proprio accordo sul soddisfacimento delle condizioni per l’integrazione del paese con l’Unione europea e la NATO, nonostante la posizione di Banja Luka faccia usualmente riferimento alla possibilità di sottoporre tramite referendum la questione ai cittadini della RS prima di una eventuale adesione all’Alleanza nordatlantica. La Bosnia intrattiene oggi relazioni con la NATO basate sul programma di Partnership for Peace (PfP).

La presenza della missione militare UE con mandato esecutivo, successore legale della missione postbellica SFOR della NATO, è stata presentata al Consiglio di Sicurezza dall’Alto Rappresentante internazionale (OHR) Valentin Inzko come “di vitale importanza” per il mantenimento di un atmosfera di sicurezza nel paese. Tracciando un bilancio degli ultimi mesi, Inzko ha anche sottolineato come, a seguito delle proteste di febbraio, delle alluvioni di maggio, e delle settime elezioni politiche di ottobre, “ci aspettiamo di vedere il compiacimento [della classe politica] sostituito da un senso di urgenza”, poiché “otto anni sono un lungo periodo per qualsiasi paese per andare nella direzione sbagliata”. 

Verso una nuova prospettiva europea per la Bosnia ed Erzegovina? Le obiezioni di Mosca

La risoluzione ONU 2183/2014 ha anche, per la prima volta, lasciato fuori dal testo finale ogni riferimento alla questione Sejdić-Finci, finora considerata una precondizione per ogni passo avanti nell’integrazione europea del paese, in linea con una possibile modifica della posizione UE sul punto. Proprio a inizio novembre un’iniziativa diplomatica anglo-tedesca ha proposto di rinviare la condizionalità Sejdic-Finci, che richiede una modifica alla legge elettorale e alla Costituzione di Dayton, ad un momento successivo, per rilanciare il percorso d’integrazione europea della Bosnia, fermo al palo ormai dal 2008.

L’iniziativa anglo-tedesca è stata presentata anche alla riunione del dicembre 2014 del Peace Implementation Council (PIC), il gruppo di stati e istituzioni internazionali incaricati di verificare la buona messa in atto degli accordi di Dayton del 1995 nel paese. Nelle conclusioni del PIC, di nuovo, la Russia ha chiesto l’inserimento di una postilla in cui Mosca si dichiara “dell’opinione che l’integrazione euroatlantica non sia la sola prospettiva per la Bosnia ed Erzegovina”: una posizione strumentale, e di certo non riconducibile alle remore russe rispetto ad un ulteriore allargamento della Nato, dato che l’iniziativa anglo-tedesca concerne solo l’integrazione del paese nell’UE. Non si capisce inoltre quali siano le prospettive alternative prospettate da Mosca per il paese.

La Bosnia ed Erzegovina è paese candidato potenziale all’adesione all’UE, ma il suo Accordo di stabilizzazione e associazione (ASA) con l’UE non è ancora entrato in vigore. L’iniziativa anglo-tedesca, trasformatasi a dicembre in posizione comune dell’UE, si propone di sbloccare tale accordo e lanciare una roadmap verso l’apertura dei negoziati d’adesione anche per la Bosnia ed Erzegovina.

La Russia sta giocando al guastatore nei Balcani?

La posizione russa sulla Bosnia ed Erzegovina, una novità per la diplomazia di Mosca, sembra segnalare come la Federazione Russa di Vladimir Putin, impegnata in un conflitto coperto in Ucraina orientale, stia utilizzando tutte le frecce al proprio arco per distogliere l’attenzione europea ed americana dalla questione, cercando di intorbidire le acque nei Balcani.

Sfruttando i propri (pochi) contatti e leve diplomatiche residue nella regione, Mosca ha prima cercato di comprare la lealtà della leadership dell’entità bosniaca della Republika Srpska tramite aiuti e prestiti a tasso agevolato, la promessa dell’allacciamento al gasdotto South Stream, e una strana missione di “figuranti cosacchi” alla vigilia delle elezioni bosniache. Infine ha cercato di ravvivare la tradizione amicizia serbo-russa tramite la parata di Belgrado – ma non avendo ottenuto dalla Serbia le rassicurazioni che cercava, è poi passata alla diplomazia coercitiva tagliando i rifornimenti di gas al paese.

In effetti, i leader serbi e serbobosniaci restano interessati a sfruttare Mosca come appoggio esterno quando possibile, anche per assuefare la volontà “antagonista” delle proprie opinioni pubbliche, ma sanno bene che Mosca non può garantir loro nulla a lungo termine, e che l’interesse nazionale sta nelle relazioni con UE e NATO. E la successiva repentina decisione di Putin di abbandonare il progetto South Stream dovrebbe averglielo ricordato una volta di più.

Foto: Ceremony at Camp Butmir marking the end of NATO’s SFOR Operation and the establishment of the EU Operation “ALTHEA”; Source: NATO

Chi è Davide Denti

Dottore di ricerca in Studi Internazionali presso l’Università di Trento, si occupa di integrazione europea dei Balcani occidentali, specialmente Bosnia-Erzegovina.

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