TRANSNISTRIA: il brandy Kvint, cosa resta dell'Unione Sovietica

Esiste la Transnistria? In Moldavia se lo chiedono da vent’anni, e ultimamente la stessa domanda risuona sempre più spesso anche a Bruxelles.

La Transnistria è uno stato che non dovrebbe esistere, eppure c’è. È lì, sempre lì, protetto ancora dai soldati dalla cara Madre Russia, con la sua frontiera non contemplata nella cartografia ufficiale, che si ostina a considerare ancora questa striscia di terra ad est di Chisinau come una parte della repubblica moldava. Cioè, quello che di fatto non è mai stata.
Non è facile avere le idee chiare sullo status della piccola repubblica fantasma. C’è o non c’è?
Solo su una cosa si può essere tutti concordi: che esista oppure no, in Transnistria si producono delle ottime bevande alcoliche.

Quella della distilleria Kvint (Kon’iaki Vina I Napitki Tiraspol’ia) è appunto una storia di alcool e di socialismo reale. Un ingrediente quest’ultimo composto a quanto pare dalla felicità per le vittorie e dall’amarezza delle sconfitte, da orgoglio e crudeltà, da vera ottusità cronica e da falsa ostinazione ideologica. Secondo alcuni sarebbe proprio questa ricetta segreta a permettere ancora oggi alla fabbrica transnistriana di produrre delle bevande eccezionali.

Fondata nel lontano 1897, nell’attuale capitale della Transnistria, allo scopo di produrre vodka, la Kvint è riuscita a sopravvivere a due guerre mondiali ed al crollo di tutta l’Unione Sovietica. Nel 1918 nemmeno un terribile incendio, divampato nello storico stabilimento di Lenin Street a Tiraspol (fantasiosa capitale della Transnistria), riuscì a cancellare la gloriosa storia della distilleria. Ricostruiti gli impianti nel 1938, la Kvint ampliò la sua attività con quella che sarebbe diventata un’altra sua specialità: il brandy. Non uno qualsiasi, ma il primo brandy marchiato dell’Unione Sovietica. Una piccola rivoluzione che vide la Kvint iniziare a distinguere i propri prodotti da quelli di tutti gli altri produttori. Prima infatti quello che i francesi chiamano cognac veniva etichettato in URSS senza un nome preciso, o al massimo con la generica dicitura di “brandy”. Ancora oggi i cittadini della Transnistria sono molto orgogliosi del loro brandy. Basta offrirne un goccio a qualcuno per farsi un amico, basta dire “Kvint” per ricevere un sorriso. Una leggenda dice che addirittura Vladimir Putin abbia voluto festeggiare il suo cinquantesimo compleanno con un brindisi nello stabilimento di Tiraspol. Forse è vero, forse no.

Di certo, con una produzione stimabile attorno a dieci milioni di litri di bevande alcoliche annui, la Kvint è il maggiore esportatore transnistriano e l’unico a poter vantare una fama che va ben oltre gli immaginari confini della sua fantasiosa madrepatria. Per questo motivo, il logo della fabbrica è considerato una specie di simbolo nazionale, al pari delle statue di Lenin che da quelle parti indicano ancora l’avvenire con le loro dita di pietra.
Nei bar di Tiraspol e di Bender, bicchieri di vodka pieni fino all’orlo vengono serviti sotto i manifesti dell’onnipotente presidente-dittatore locale, Igor Smirnov, e pagati con biglietti da cinque rubli su cui è raffigurato, guarda caso, proprio lo stabilimento della distilleria. Sbronze garantite e incredibilmente a buon mercato, addirittura più che nella sorellastra Moldavia.

Ma la Kvint è però anche un’anomalia. Una perla di efficienza e qualità che funziona bene anche se con sede nella misteriosa Transnistria, accusata più volte dall’Interpol di essere leader mondiale nella produzione di altre merci, molto meno nobili del superbo brandy nazionale: armi e missili.
È una vecchia storia, mai del tutto verificata, e che chiama spesso in causa la repubblica fantasma quando si parla della provenienza occulta delle armi da contrabbando vendute a gruppi terroristici e ad organizzazioni criminali di ogni sorta. Per chi ha a cuore le sorti dell’indomita Transnistria, queste voci non sono altro che delle speculazioni messe in giro dall’ignoranza degli occidentali, oppure da chi vorrebbe che la Russia togliesse per sempre le mani anche da quell’ultima fetta di territorio moldavo.

«Figuriamoci!» disse una volta un alto ufficiale del regime transnistriano interrogato sull’argomento del contrabbando, «le uniche “armi di distruzione” prodotte in Transnistria sono i quaranta tipi di brandy della Kvint. Ma sono ugualmente molto efficienti, hanno un gusto che non dimenticherete facilmente». Una battuta scherzosa, che però nasconde una verità scomoda: la distilleria Kvint, da sempre di proprietà statale, è stata acquistata dall’unica azienda privata del regime di Igor Smirnov. Un’azienda in odore di malavita, fondata da degli ex militari e da sempre sospettata di fare profitti con delle attività illecite. Il suo nome è lo stesso con il quale in Transnistria si chiama quasi tutto: Sheriff.

Sheriff è import-export, supermercati, telecomunicazioni (tv, radio, editoria), stazioni di benzina, concessionarie di auto di lusso, alimentari, costruzioni, pubblicità, alberghi, casinò, una squadra di calcio che mira alla Champions League. Da qualche anno la società ha messo le mani anche sulla premiata distilleria Kvint, suscitando l’apprensione di molti affezionati consumatori in tutto il mondo. La preoccupazione riguarda non tanto il timore che dallo stabilimento di Tiraspol comincino ad uscire casse di pistole al posto di quelle di brandy, quanto più prosaicamente che la qualità dei prodotti Kvint, da sempre tutelata dalle amministrazioni statali, venga ora trascurata dalla nuova proprietà privata. Le solite speculazioni degli occidentali, ovviamente.
In Transnistria l’alcool della Kvint continua ad insaporire gli ultimi sprazzi del comunismo, rimasti appiccicati chissà come mai a questo piccolo avanzo di URSS che non vuol saperne di morire.

Chi è Massimiliano Ferraro

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4 commenti

  1. Molto interessante, mi piacerebbe saperne di più…..

  2. perchè la nato non interviene ? è da 20 anni che li stiamo aspettando e non vengono , forse hanno paura di una 3° guerra mondiale ?

  3. eheh ci fosse un po di petrolio o diamanti, la NATO sarebbe scesa il campo già nel 1991!! e poi non ti dimenticare che c’è la Russia dietro, quando mai la NATO gli farebbe uno sgarbo?!

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