BOSNIA: Sarajevo cultura e guerra. Il trionfo della volontà (parte I)

Cosa succede alla vita culturale di un paese in guerra? Nei giorni dell’assedio cittadino i sarajevesi erano costretti a vivere in condizioni minimali, spesso sen’acqua, cibo, elettricità, gas e riscaldamento. In questo periodo durato quattro anni, o 42 mesi, o 162 settimane o 1272 giorni, l’obiettivo degli assedianti di cancellare cultura e tradizioni locali è stato fronteggiato dalla popolazione con quella che può essere definita “resistenza culturale alla distruzione”. Essa è consistita in 3.102 eventi culturali e artistici -con una media di più di due eventi al giorno– , 177 mostre nelle sei gallerie cittadine, 48 concerti della sola filarmonica di Sarajevo, 263 libri pubblicati in pieno assedio, 156 documentari e cortometraggi girati e 182 premiere a teatro, con più di 2000 spettacoli visti da  più di mezzo milione di spettatori.

Nell’articolo a seguire, suddiviso in tre parti, una prima esposizione degli eventi sarajevesi durante l’assedio dei primi anni 90. In questa rassegna, la scelta di presentare traduzioni della pubblicistica bosniaca nasce dall’esigenza di ricordare le voci del passato per ripensare il presente, in altri luoghi e in altre case.

 

“Il trionfo della volontà” di Vedrana Seksan (Tratto da Dani, 4/2008) Traduzioni: Giovanna Larcinese

Anche sotto tortura non riuscirei a ricordare di quale spettacolo si trattasse, ricordo solo di quel sei aprile 1992,  i bigodini in testa e il vestito per il teatro.  Hanno sparato davvero, mia madre ha urlato dal suo letto al settimo piano di un tipico edificio socialista “non non mi muovo da qui!”  ed io ero nella fase dello splendore finale.

[…]Quando col sistema “tu sei volenterosa” mi sono imposta di scrivere di come a Sarajevo si sia verificata una resistenza spirituale contro l’assedio -che significava dover leggere 1460 numeri del quotidiano Oslobođenje più tutte le uscite di altri giornali (per fortuna ne sono usciti pochi)- non avevo idea di come il viaggio tra tutta questa mole di carta, stampe e improvvise perdite nelle pagine in cirillico potesse essere davvero un viaggio nel tempo. E ciò che è peggio, è che è stato un viaggio patetico. Quello in cui finisce il testo con la forma in prima persona “io” che ti riporterà, per sempre, a degli scomodi ricordi.

E iniziava esattamente così: “La generazione del II ginnasio maschile che si è diplomata nel 1957 festeggerà i 35 anni di maturità fra qualche giorno, alla liberazione finale della nostra città”. Questo annuncio sulle notizie locali di Oslobođenje è uscito il 27 giugno del primo anno di guerra. Un mese dopo che una granata è caduta sulla fila del pane in Via Vase Miskina. Giusto un mese dopo l’ultimo volo JAT nell’aeroporto di Sarajevo. Diciassette giorni prima che una granata cadesse a tre metri dalla cassa nella quale era conservata l’Hagada. A una quindicina di giorni dalla notizia che Milošević si sarebbe dimesso. Dieci giorni prima che in un titolo venisse annunciata la fine dell’assedio entro quattro giorni. E quattro anni prima che, se fossero stati ancora vivi e coerenti con le proprie scelte, si sarebbero potuti incontrare i diplomati del II Ginnasio classe 1957.

Il due giugno di quella prima estate di guerra, con il titolo “Al mondo con i Gigli” veniva promosso il nuovo passaporto dei cittadini di Bosnia Erzegovina. Quanto avremmo viaggiato per il mondo con i nuovi passaporti si è visto qualche giorno dopo, quando il neoformatosi Comitato Olimpico di Bosnia (per le Olimpiadi di Barcellona, N.d.T.) ha proceduto ai preparativi. E sono tornati ancor prima di andare. Non glielo hanno permesso le autorità della Repubblica Serba di Bosnia. […]. Il Comitato Olimpico  -almeno così è sembrato- è rimasto a cantare canzoni di guerra.

Per fortuna di  canzoni di guerra ne avevamo in quantità da poter cantare per giorni.

Dal 28 maggio quando era stato creato lo status di lavoratori del teatro, sportivi e cinematografici sono state registrate e promosse dieci nuove canzoni e video che “ingrandivano la nostra battaglia”. Quindi il 14 giugno 1992 veniva promossa la canzone il cui testo era stato dettato telefonicamente dalla Vojvodina dall’amico Ɖorđe Balašević, che diceva che quando tutto sarebbe finito, sarebbe rimasta solo Sarajevo.

Durante i soli primi tre mesi di guerra, a qualsiasi persona sobria in città questa è sembrata una dubbiosa constatazione: oltre alle varie palazzine residenziali hanno distrutto l’edificio delle Poste, la vecchia fabbrica dei Tabacchi, l’Istituto Orientale con i manoscritti raccolti, il palazzo del Museo del XIV secolo… qualsiasi uomo che non fosse stato a Sarajevo. E nel quale la sobrietà di allora, dietro tutte le forniture di bevande truccate, le perdite di genitori e vicini massacrati, era più che discutibile.

ABBIAMO FUMATO TUTTI. Finchè son cadute le granate, (mia zia mi ha infornato subito sul fatto che non fossero neanche troppo pericolose, quanto lo erano le macerie che volavano in seguito alla granata), in città, dove ad un tratto si iniziarono a raccogliere per grandezza le calze di lana, c’erano sempre meno persone e sempre più idee. E’ partita l’iniziativa per salvare il patrimonio storico-culturale. Iniziavano i Giorni della Poesia Sarajevese di Guerra. E’ stata organizzata l’Olimpiade di scacchi ad Alipašino Polje dove hanno partecipato 70 squadre. E’ stata organizzata la prima serata di Cultura Sarajevese di Guerra, dove ha suonato il violoncello Vedran Smajlović e sono state recitate le poesie di Mak Dizdar, Tina Ujević e Branko Miljković dall’attore Miki Trifunov. E’ stato adottato il nuovo simbolo del canale televisivo RTV BiH (Radio televizija Bosne I Hercegovine), il cui schizzo è stato inviato via fax da Zenica dal designer Mile Srdanović.

E che noi a Sarajevo non abbiamo potuto vedere: ci hanno tolto l’elettricità.

Il giorno prima che arrivasse a Sarajevo il primo visitatore dall’estero e il presidente francese dalla dichiarazione “i Sarajevesi sono persone coraggiose” e “nessuno vuole violare i diritti umani”, è stato anche dichiarato che Zvjezdana Bošković ha trovato nel pacchetto di Morava Blu la morte con una scheggia di granata, mentre estraeva una sigaretta. Che il fumo fosse pericoloso alla salute ce ne avevano informato gli appartenenti al Ministero degli Interni,  che hanno rilevato quanto fossero velenose le sigarette sul mercato bosniaco. Venivano avvelenate a Pale, e lasciate vendere a Sarajevo. Di cosa erano avvelenate? Nel tabacco avevano messo l’oppio.

Probabilmente anche Bob Geldof ha fumato una sigaretta di Morava uscendosene con la proposta, qualche giorno dopo che l’UNPROFOR e’ riuscita a liberare l’aeroporto, di organizzare un concerto nello stesso posto dove avrebbero cantato tutte le stelle del rock e pop e si sono venduti tutti i biglietti, i cui proventi sarebbero stati devolti alla ricostruzione di Sarajevo.

Forse avevano fumato anche i calciatori bosniaci che a Skenderija hanno giocato la prima partita di guerra contro i migliori calciatori dell’UNPROFOR, umiliandoli con un 25 a 5. I sospetti si sono ingranditi all’affermazione degli entusiasti del  Ministero della Cultura che,  a 10 giorni dall’incendio della Biblioteca Nazionale, si sono accordati per il suo restauro –come? pagheranno tutto loro- ed hanno affermato di voler iniziare i lavori il prima possibile. O per quanto riguarda la commissione tripartita per il rinnovo dell’impianto olimpico distrutto. Oppure, l’associazione dei lavoratori del cinema che per quell’anno aveva pianificato le riprese di tre film e 15 documentari.

Gente! E’ arrivata l’estate del 1992! Cosa di tutto ciò è già iniziato?

Ma abbiamo proprio fumato tutti!

E soprattutto nelle notizie comparivano titoli come “Oggi, il giorno della scelta” (12 agosto 1992), oppure “Fine dell’assedio fluida come nei piani” (1 settembre 1992), oppure “Fine dell’assedio sicura prima dell’inverno” (13 settembre 1992). Di quante volte Milošević abbia dato le dimissioni, che fosse per ridere o scherzare, è superfluo scriverne. L’elettricità è mancata continuamente, l’acqua si portava già nelle taniche con l’etichetta obbligatoria di nome e cognome, è stato introdotto il cibo in scatola e Vedran Smajlović ha suonato l’Adagio di Albinoni su Via Vase Miskina, proprio nel pomeriggio, quando grazie al suo appello, in diversi punti del mondo, diversi musicisti, ovunque si trovassero, hanno eseguito lo stesso pezzo. 

 

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