GRECIA: Continua l'emergenza sociale. E' nata la generazione "300 euro"

 

Trecento euro netti. È questo lo stipendio che un lavoratore dipendente su tre, del settore privato, percepisce mensilmente nella Grecia in eterna crisi. A rivelarlo è uno studio dell’Istituto del Lavoro della Gsee (Ine-Gsee), sindacato ellenico che rappresenta i lavoratori del settore privato, pubblicato all’interno di un lungo articolo dalla testata greca “Ta Nea” e riportato sul blog “KTG.

La colpa ricadrebbe sulla diffusione dei “contratti di lavoro flessibili – imposti dalla “Troika” (UE, BCE, FMI) nel Memorandum d’intesa per l’erogazione degli aiuti – all’interno dei quali sono compresi i contratti part-time, la riduzione degli orari di lavoro e i cosiddetti lavori in rotazione; nel complesso, secondo le stime di Savvas Rompolis (direttore dell’Istituto del Lavoro), questi contratti coinvolgerebbero circa 500.000 dipendenti del settore in questione: meno ore di lavoro, dunque, meno salario.

E se nel privato la situazione è al limite della sopravvivenza, non va meglio in quello pubblico; pochi giorni fa, infatti, gli statali sono scesi in piazza a protestare contro alcune riforme volute dalla Troika che prevederebbero la possibilità di trasformare i contratti di lavoro da tempo indeterminato a tempo determinato, con una conseguente nuova ondata di licenziamenti.

Per il 2014, il salario medio annuale in Grecia è stato stimato in 21.930 euro annui (pari a 1.827 euro lordi al mese), meno che in Slovenia (24.472) e Cipro (22.740). Di certo, è necessario cambiare strada. E i colloqui intrapresi a Parigi e conclusisi, per ora, all’inizio di settembre sarebbero dovuti essere un primo passo per attuare questo cambio di strategia. Difatti, il governo greco (guidato da Antonis Samaras) ha avanzato diverse richieste in tale occasione, tra cui la riduzione delle tasse sugli immobili, la riduzione della tassa speciale sul gasolio da riscaldamento e una soluzione al problema dei mutui in rosso. Bisognerà però attendere ancora qualche settimana per capire se ci sarà o meno la tanto auspicata “svolta” e, soprattutto, se la Troika chiederà, in cambio, altri decreti “lacrime e sangue”

Nel frattempo, però, la Grecia soffre e il governo tenta di rispondere come può. Qualche settimana fa, per bocca del Vice Ministro del Lavoro, Claus Kegkeroglou, ha infatti annunciato un piano di “housing e reinserimento” per trovare una soluzione al problema dei circa 700.000 greci che vivono in povertà assoluta. “La Grecia sta entrando in un periodo di ripresa, ma i problemi causati dalla crisi continueranno ad esistere, e questo è il motivo per cui la protezione sociale è una preoccupazione primaria per il governo”, ha detto, presentando il programma, Kegkeroglou, aggiungendo: “Abbiamo a disposizione delle risorse per sostenere i più deboli finché hanno bisogno”. “Questo programma ha un budget totale di 9,4 milioni e comprende interventi che mirano non solo alle abitazioni, ma anche al reinserimento dei senzatetto nella società, attraverso un percorso di riabilitazione professionale”. Al momento, però, la sua attuazione è prevista a beneficio di sole 1.200 persone, a causa della scarsità dei fondi a disposizione.

E allora il resto della popolazione tenta di sopravvivere come può. È emerso, da un recente sondaggio condotto dalla società Kapa Research, che i greci, durante gli anni della crisi, hanno maturato una nuova coscienza sociale, abbandonando il consumismo sfrenato e preferendo acquistare prodotti che costano meno e di produzione nazionale. Inoltre, allo shock dovuto alla crisi, sembra sia seguito un processo di adattamento che ha costretto i greci a mutare e a rivedere tutta una serie di opinioni circa l’economia, lo stato, il lavoro, etc.

I greci, dunque, hanno dimostrato di sapersela cavare in situazioni di vera indigenza. Hanno percorso un processo di metamorfosi che ha permesso loro di sopravvivere a tutte le tragedie economiche succedutesi in questi anni e alle misure di austerity decise da Europa e FMI. Ora vorrebbero finalmente rialzare la testa. Per quanto tempo ancora saranno costretti a tenerla bassa?

Chi è Flavio Boffi

27 anni, dottorando in Studi Politici a La Sapienza, laureato in Relazioni Internazionali all'Università degli Studi Roma Tre. Collaboro con East Journal da giugno 2014, dopo aver già scritto per The Post Internazionale e Limes.

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Un commento

  1. Interessante, è la fine che faremo noi tra poco

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