Da Danzica a Donetsk. Appello degli intellettuali polacchi all’Europa

Pubblichiamo la traduzione dell’appello degli intellettuali polacchi, apparso su Le Monde del 1° settembre 2014, in cui si traccia un parallelo tra l’attuale conflitto in Ucraina orientale e due episodi della storia europa dell’interguerra, la guerra civile spagnola e l’occupazione di Danzica, chiedendo a Germania, Francia ed UE di trarne le conseguenze.

Un testo molto forte, che vale da documento circa le conseguenze che il conflitto in Ucraina ha sulle percezioni della Russia nei paesi dell’Europa centrale ed orientale.

East Journal pubblica dunque questo documento come “fonte primaria” di interesse per l’attualità. I suoi contenuti non riflettono l’opinione della redazione.

(traduzione a cura di Claudia Bettiol).

Morire per Danzica“. Ecco la frase che simboleggia l’atteggiamento dell’Europa occidentale nei confronti della guerra scoppiata 75 anni fa. La Francia e il Regno Unito diedero il via libera tre volte al dittatore tedesco. Né l’annessione dell’Austria (Anschluss), né l’occupazione dei Sudeti, né lo smantellamento della Cecoslovacchia provocarono conseguenze gravi per Hitler e lo stato tedesco. E quando il 1° settembre 1939, come conseguenza logica della firma del patto Molotov-Ribbentrop, risuonarono i primi spari sulla città di Danzica, le potenze occidentali non si risolsero che ad una “guerra simulata” (drôle de guerre). Ed è così che diedero il via libera a Hitler per la quarta volta, pensando di salvarsi la pelle al solo prezzo della fine di Danzica. Risultato? La capitale successiva sulla lista ad essere occupata fu Parigi; poco dopo le bombe caddero su Londra. Solo allora si cominciò a urlare “Basta” e “Mai più!“.

Questa politica egoista e a breve termine degli europei di fronte all’agressore non deve più ripetersi. Tuttavia, la recente evoluzione della situazione mondiale assomiglia stranamente all’anno 1939. La Russia, stato agressivo, occupa una parte del territorio del suo vicino: la Crimea. L’esercito e i servizi speciali del presidente Putin, che intervengono solitamente in incognito, operano nell’est dell’Ucraina, sostenendo coloro che terrorizzano la popolazione locale e minacciandola apertamente di invasione.

Si nota, tuttavia, una novità rispetto al 1939: l’aggressore in questione è riuscito, nel corso degli ultimi anni, ad attirare nell’orbita dei suoi interessi molti politici e uomini d’affari, mentre i suoi partner occidentali credevano ancora nel suo “volto umano”. La lobby così formatasi influenza e continuerà a influenzare la politica di molti Paesi. Si è parlato di Russia First (“La Russia prima di tutto”) e anche di Russia only (“Solo la Russia”). Oggi, quest’ultima è crollata. L’Europa ha ormai un bisogno urgente di una nuova Ostpolitik. Lanciamo quindi ai nostri vicini e concittadini europei e ai loro governi un appello urgente:

1. François Hollande, presidente della Repubblica francese, e il suo governo si trovano davanti al tentativo di fare un passo che sarebbe molto più grave della passività che ha caratterizzato la Francia nel 1939. Nelle prossime settimane Parigi è sul punto di diventare il solo Paese europeo ad aiutare l’agressore, con l’intenzione di consegnare alla Russia di Putin due navi portaelicotteri “Mistral” nuove di zecca. La cooperazione in questo ambito è iniziata nel 2010, e già all’epoca non mancarono le proteste. Nicolas Sarkozy, il presidente di allora, aveva l’abitudine di tagliar corto ripetendo “la guerra fredda è finita”. Oggi la guerra è aperta, ed è bella e dichiarata. Non c’è quindi alcuna ragione di onorare i vecchi impegni. Alcuni politici e Bernard-Henri Lévy hanno già proposto alla Francia di vendere le sue navi all’ONU o all’Unione Europea. Se il presidente Hollande non cambia idea, i cittadini d’Europa dovranno convincerlo boicottando le merci francesi.

2. Fin dal 1982 la Repubblica Federale Tedesca ha cominciato sempre di più a dipendere dal gas russo. Già all’epoca intellettuali polacchi, tra cui Czeslaw Milosz e Leszek Kolakowski, la misero in guardia contro l’installazione dei nuovi gasdotti, qualificandoli come potenziali “strumenti di ricatto” nei confronti dell’Europa: i presidenti successivi della Repubblica polacca, da Aleksander Kwaniewski a Lech Kaczynski, l’hanno ricordato anch’essi a più riprese. Ma i politici tedeschi, vuoi a causa del famoso complesso di colpevolezza tedesco o perché credevano al “miracolo economico russo” e speravano di trarne profitto, accettarono la cooperazione con il potere russo. Il tutto nel nome di un’infelice tradizione tedesca, secondo la quale all’est si discute esclusivamente con un unico partner: la Russia. Nel corso degli ultimi anni, le imprese appartenenti allo Stato russo o ai suoi oligarchi, nell’ambito delle risorse energetiche, del calcio o del settore turistico, hanno trovato sede in Germania. Berlino dovrebbe frenare questo tipo di dipendenza, dietro la quale si nascondono sempre delle pressioni politiche.

3. Tutti gli europei e ogni Paese individualmente dovrebbero prendere parte alle azioni di sostegno all’Ucraina minacciata. Centinaia di rifugiati dei territori dell’est dell’Ucraina e della Crimea hanno bisogno di aiuti umanitari. L’economia ucraina è stata resa esangue dagli anni del contratto a condizioni draconiane con Gazprom, che occupa una posizione di monopolio sul mercato delle risorse energetiche e che impone all’Ucraina, il suo cliente più bisognoso, la tariffa più alta. L’economia ucraina ha terribilmente bisogno di nuovi partner commerciali e di nuovi investitori. Il settore della cultura, dei mezzi d’informazione e delle iniziative civiche, dinamico e di straordinaria ricchezza, ha anch’esso bisogno di sostegno.

4. Per molti anni l’Unione Europea ha fatto capire all’Ucraina di non avere alcuna chance di farne parte, né tantomeno di beneficiare di un aiuto anche solo simbolico. La politica del “partenariato orientale” non ha cambiato molte cose. Un ripiego? Tuttavia, da un giorno all’altro, tutte queste questioni hanno sviluppato una propria dinamica, principalmente grazie alla determinazione dei democratici ucraini. Per la prima volta nella storia, i cittadini di un paese cadono sotto le pallottole con una bandiera europea tra le mani. Se l’Europa non dimostra alcuna solidarietà verso di essi, questo significa che gli ideali per la libertà e la fraternità, eredi della rivoluzione francese, non rappresentano più nulla per essa.

L’Ucraina ha il diritto di difendere il proprio territorio e i propri cittadini e di rispondere ad un’aggressione esterna tramite l’intervento delle forze di polizia e dell’esercito, anche nelle regioni di confine con la Russia. Poiché nella regione di Donetsk, come in tutto il resto del paese, ha regnato finora una pace stabile, e non si è mai visto un conflitto violento, nemmeno nell’ambito delle minoranze. Vladimir Putin, liberando i demoni della guerra e testando un nuovo tipo di agressione, trasforma l’Ucraina in un campo militare, come è successo alla Spagna durante la guerra civile, quando le unità fasciste, grazie all’appoggio della Germania hitleriana, attaccarono la giovane repubblica. Coloro che oggi non diranno a Putin “no pasarán!” ridicolizzano l’Unione Europea e i suoi valori, permettendo al tempo stesso la destabilizzazione dell’ordine mondiale.

Nessuno sa chi dirigerà la Russia fra tre anni. Nessuno sa cosa ne sarà dell’attuale élite al potere, responsabile di questa politica avventurosa e contraria agli interessi del proprio popolo. Sappiamo, invece, una cosa: colui che continuerà a fare del “business as usual” rischia la morte di migliaia di nuovi ucraini e russi, l’esodo di centinaia di migliaia di nuovi rifugiati, nonché nuovi attacchi dell’imperialismo putiniano nei confronti di nuovi giovani Paesi. Ieri Danzica, oggi Donetsk: non si può permettere che l’Europa viva i prossimi anni con una piaga aperta e sanguinante.

Appello firmato a Danzica il 1.9.2014 da: Władysław Bartoszewski, Jacek Dehnel, Inga Iwasiów, Ignacy Karpowicz, Wojciech Kuczok, Dorota Masłowska, Zbigniew Mentzel, Tomasz Różycki, Janusz Rudnicki, Piotr Sommer, Andrzej Stasiuk, Olga Tokarczuk, Eugeniusz Tkaczyszyn-Dycki, Magdalena Tulli, Agata Tuszyńska, Szczepan Twardoch, Andrzej Wajda, Kazimierz Wóycicki, Krystyna Zachwatowicz.

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5 commenti

  1. ma queste persone sono sicure di stare dalla parte giusta?

  2. Se c’è qualcuno cui non dare retta in questi frangenti, questi sono gli “intellettuali” polacchi e la loro abominevole classe dirigente politica.
    Il 1° settembre 1939 la Polonia fu invasa dalla Germania nazista da Ovest, e dall’URSS da est, in seguito all’accordo di spartizione contenuto nel patto Molotov-Von Ribbentrop.
    Il 3 settembre Francia e Gran Bretagnia dichiararono guerra alla Germania. Certo, la guerra iniziò in sordina. Qualche scontro navale in Africa, nel mediterraneo sud, ecc. ecc. Ma il dado era tratto. E non fu facile perché le opinioni pubbliche dei paesi quasi-democratici non avevano molta voglia di entrare in una seconda guerra europea, che cosa strana! Ma invece per Danzica si poteva proprio morire. Non per i Sudeti, magari, o per l’Alsazia-Lorena, ma per Danzica la guerra fu dichiarata. Se non si sviluppò immediatamente è perché le guerre non sono esattamente delle cose semplici da gestire. Soprattutto se non le si vuole perdere. E’ facile dimenticarsene quando le guerre devono farle gli altri. E la classe dirigente polacca dell’epoca non era poi così scontenta di Hitler, dato che era antiebreo come lo erano loro. Altra faccenda con la Russia, con la quale c’era una ruggine antica (la stessa di adesso), e il cui antiebraismo era assai meno evidente.
    La situazione di oggi non ha niente a che vedere con quella del ’39, come mostrano di credere questi “intellettuali” ossessionati dai miti nazionali (tanto quanto lo sono alcuni – niente affatto tutti – tra quelli tedeschi, dalla loro “ideologia tedesca”).
    Se definire quella della Crimea una “annessione” è a mala pena tollerabile da parte di un “intellettuale” italiano (scusabile per la sua proverbiale ignoranza nelle faccende in cui l’intelletto, la conoscenza e la storia, siano implicati), è intollerabile da parte di un polacco, il quale non ha il diritto di ignorare (e certamente non ignora) quale sia la situazione in Ukraina ovest, est, e in Crimea, popolata questa praticamente esclusivamente da russofoni (cioè russi, non “filo-russi”, esattamente come il Donetsk e l’est) ad eccezione di quattro Tatàri rimasti dalle deportazioni di Stalin e dai successivi divieti di ritorno fino a Gorbaciov incluso. E non possono ignorare che la Crimea era una “repubblica autonoma” federata all’Ucraina, non una regione Ukraina, e che la stragrandissima maggioranza (la quasi totalità dei russofoni) non aveva nessuna intenzione di restare in un paese dove le forze antirusse stavano prevalendo soverchiando la (relativa) minoranza russofona. Perché di questo si è trattato, complice la politica estera della dis(Unione) europea.
    Se vogliono cercare di incantare qualcuno, studino la storia ed imparino l’onestà intellettuale. Non cerchino di tirarci dentro una loro guerra revanscista ed idiota. Anche se magari ci riusciranno, non cero per merito loro.
    Il disegno di Putin, non da ora, è quello di creare un’area economica euroasiatica, l’equivalente dell’Unione Europea.
    Può piacerci o non piacerci, ma solo in una prospettiva imperialista ed espansionistica si può pensare che questo “faccia ombra” all’Unione europea, e non sia un’operazione legittima.
    Quel che si teme è scoprire che in questa Unione possa vigere sì il principio che gli scambi non debbano essere regolati in dollari, ma in una delle monete della zona o in una “moneta comune” (non unica) come unità di scambio, una specie di Bancor. Ma che non facendo mai l’idiozia di introdurvi una moneta unica (quella che sta distruggedo l’Unione europea dall’interno) se la passeranno meglio di noi, e con meno squilibri interni.
    Certo, questo sì, che sarebbe perdere la guerra.
    PS: Intanto la Polonia si tiene i suoi Zloty, eh! Si fa presto a parlare, vero?

  3. Una valanga di russofobia senza alcun fondamento. Parlare della Russia come aggressore nella vicenda ucraina è semplicemente falsificazione della realtà. Non è la Russia che porta la responsabilità di ciò che è accaduto ed accade in quel paese, ma del fatto che gli Usa e la Ue hanno compiuto in esso un colpo di Stato per impedire al precedente presidente Janukovics di firmare il trattato di adesione all’Unione doganale Euroasiatica.

    Vorrei segnalare (nella speranza che questo messaggio non venga anch’esso “bannato”) l’inusuale lettera aperta inviata dai veterani dell’Intelligence Usa alla Merkel, contenente il loro invito a prendere con tutto il beneficio d’inventario le accuse di invasione della Russia dell’Ucraina (assolutamente folli!). E’ un documento interessantissimo, perché manifesta come nel mondo e negli Usa sia forte la preoccupazione circa l’atteggiamento anti-russo che porta alla falsificazione della realtà dei fatti e ad accuse assolutamente infondate.

    sarebbe interessante vedere su questo sito il loro appello tradotto.

    http://www.zerohedge.com/news/2014-09-01/ex-nsa-director-us-intelligence-veterans-write-open-letter-merkel-avoid-all-out-ukra

  4. 3 settembre – L’Ucraina inizia l’erezione di costruzioni al confine con la Russia nel quadro del progetto “Stina” (Il Muro), – ha detto il Primo Ministro Arsenii Iatseniuk.

    3 settembre – Il Primo Ministro Arsenii Iatseniuk ritiene che sia necessario riconoscere la Russia come Paese aggressore nella nuova dottrina di difesa dell’Ucraina.

    3 settembre – Siccome le miniere del Donbas non sono funzionanti, il governo ucraino ha firmato un accordo per l’acquisto di 1 milione di tonnellate di carbone in Sud Africa, – ha dichiarato il Primo Ministro dell’Ucraina Arsenii Iatseniuk.

    3 settembre – Il presidente russo Vladimir Putin ha concordato con il presidente dell’Ucraina Petro Poroshenko il piano d’azione per risolvere la situazione in Ucraina orientale. Come primo provvedimento egli ha proposto la “cessazione delle operazioni offensive delle forze armate in Ucraina sud-orientale, nelle zone di Donets’k e Luhans’k”. Secondo questo piano dunque Putin sta congelando il conflitto nel Donbas per una decina d’anni, come ha fatto in Georgia e in Moldova. Ovviamente, la questione della Crimea non può essere richiamata.

    3 settembre – I “sette punti” del presidente russo assomigliano di più ad un piano di salvataggio per i terroristi russi e sono diretti a congelare il conflitto, – ha detto il Primo Ministro Arsenii Iatseniuk. – “Questo ennesimo “piano” è un tentativo di rendersi buoni agli occhi della comunità mondiale prima del vertice NATO e un tentativo di evitare l’inevitabile decisione dell’UE sull’introduzione di una nuova ondata di sanzioni”.

    3 settembre – Il commissario europeo Günther Oettinger ha incolpato il presidente Vladimir Putin di aver fatto uso di bugie ed armi: “Il fatto che il Signor Putin potesse agire attraverso i suoi messaggi falsi, le sue bugie ed armi, era oltre la mia immaginazione. Per questo non escludo scenari peggiori nello sviluppo della situazione”.

    3 settembre – È possibile che nella nuova dottrina militare della Russia vengano inseriti i termini di un “attacco nucleare preventivo” contro gli Stati Uniti, – comunica il Coordinatore dell’Ufficio degli Ispettori Generali del Ministero della Difesa della Federazione russa, il generale dell’esercito Iurii Iakubov.

  5. Il problema dell’Europa è che, dopo il disastro della seconda guerra mondiale, essa si è abituata a non combattere. Gli americani, spesso vituperati, hanno combattuto per lei. E ora?? Oltre a questo la Russia è in grado di comprarsi giornalisti e politici europei.

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