NAGORNO-KARABAKH: Si torna a sparare, trenta morti. Chiamalo se vuoi conflitto congelato

Una preoccupante escalation di violenza sta colpendo negli ultimi giorni la regione del Karabakh, destabilizzando il già precario equilibrio del Caucaso meridionale. Con una trentina di vittime nel giro di pochi giorni (non si conosce il numero esatto), questi recenti scontri stanno rischiando di rifare esplodere un conflitto che sembrava essere terminato ma che di fatto non è mai stato veramente concluso.

Venti anni fa, il 5 maggio del 1994, veniva firmato a Bishkek dalle delegazioni armena e azera l’accordo di cessate il fuoco che pose fine alla guerra del Nagorno-Karabakh, che da anni stava insanguinando i due paesi e che fino a quel momento aveva causato oltre 30.000 morti. L’Accordo di Bishkek, però, non risolse di fatto la questione del Karabakh, ma si limitò a congelare semplicemente il conflitto, alimentando anno dopo anno rivendicazioni territoriali da entrambe le parti, e contribuendo a generare una forte ondata di nazionalismo e di odio reciproco tra i due paesi. Dal 1994 a oggi il cessate il fuoco è stato però ripetutamente violato: lungo la frontiera armeno-azera si è continuato a sparare, così come si sono continuati a registrare attacchi e vittime da entrambe le parti.

In breve: La vicenda del Nagorno-Karabakh

La nuova escalation comincia il 2 agosto scorso, quando durante una serie di scontri a fuoco lungo l’instabile confine tra l’autoproclamata Repubblica del Nagorno-Karabakh e l’Azerbaigian sono morti cinque soldati, quattro azeri e uno armeno. Secondo quanto affermato dal ministero della Difesa dell’Azerbaigian, lo scontro sarebbe stato causato da un improvviso attacco di sabotatori armeni nel corso della notte; le autorità del Nagorno-Karabakh hanno invece affermato che la stessa iniziativa sarebbe stata presa dalle forze armate azere.

Altri morti si sono registrati anche il giorno successivo, quando questa volta – sempre a detta delle autorità del Karabakh – pare un attacco azero, ha causato vittime da entrambe le parti. Lo stesso giorno l’Armenia ha accusato l’Azerbaigian di aver violato ripetutamente il cessate il fuoco lungo la linea di confine tra i due paesi, in particolare presso la zona attorno a Noyemberyan, nella provincia di Tavush, a nord del paese, dove diverse abitazioni di civili sono state raggiunte da proiettili provenienti dalle linee azere. Anche in questo caso le accuse sono state rispedite al mittente: secondo l’Azerbaigian, infatti, l’Armenia avrebbe violato il cessate il fuoco sarebbe oltre 160 volte nel giro di un solo giorno.

Gli scontri armati sono proseguiti anche nei giorni successivi, nonostante i ripetuti appelli lanciati dal Gruppo di Minsk (gruppo di lavoro costituito nel 1992 per mediare tra le parti quando la guerra del Karabakh era ancora in corso, ma che di fatto non ha mai portato risultati concreti) e dall’ONU, con lo stesso segretario generale Ban Ki-moon che si è detto preoccupato per la recente riacutizzazione del conflitto, esortando le parti ad astenersi dalla violenza e a rispettare il cessate il fuoco.

Il 6 agosto presso la città azera di Tǝrtǝr, situata al confine con il Nagorno-Karabakh, si sono verificati ulteriori scontri, durante i quali tra le vittime si sono registrati anche due minori, caduti sotto i colpi dei cecchini armeni. Anche in questo caso i due schieramenti si sono accusati a vicenda di aver violato il cessate il fuoco per primi.

Intanto, sempre il 6 agosto, il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev ha fatto visita a una delle unità militari stanziate presso distretto di Ağdam, oggi occupato per la quasi totalità dalle forze armate della separatista Repubblica del Nagorno-Karabakh. Nel corso dell’incontro, al quale era presente anche il Ministro della Difesa Zakir Hasanov, è stata svolta una riunione operativa durante la quale Aliyev è stato informato dai comandanti militari riguardo alla situazione attuale lungo il confine. Un paio di giorni prima anche il neo primo ministro armeno Hovik Abrahamian aveva fatto visita alle proprie forze armate stanziate nella provincia di Noyemberyan, incoraggiando le truppe e promettendo un aumento del salario.

Per cercare di favorire il dialogo tra le due parti in conflitto, tra l’8 e il 9 agosto si terrà a Sochi, in Russia, una serie di colloqui proprio sull’attuale situazione in Nagorno-Karabakh, come affermato dal Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov. A questi colloqui sono stati invitati i due presidenti di Armenia e Azerbaigian Serzh Sargsyan e Ilham Aliyev, che avrebbero dovuto incontrarsi per trovare insieme una soluzione che potesse porre fine alle ostilità e rilanciare i negoziati di pace, ma che alla fine verranno probabilmente ricevuti separatamente dal presidente russo Putin, il quale ancora una volta si ritrova in mano le sorti di un conflitto mai sopito, ma che la Russia ha interesse a far rimanere tale, lasciando che i due paesi si scannino tra di loro secondo la politica del divide et impera.

per saperne di più: Il massacro di Khojaly

Foto: Vladimer Shioshvili

Chi è Emanuele Cassano

Ha studiato Scienze Internazionali, con specializzazione in Studi Europei. Per East Journal si occupa di Caucaso, regione a cui si dedica da anni e dove ha trascorso numerosi soggiorni di studio e ricerca. Dal 2016 collabora con la rivista Osservatorio Balcani e Caucaso.

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5 commenti

  1. Francesco Nicoli

    Se la Russia ha interesse a mantenere il conflitto irrisolto, l’Europa e gli Stati Uniti hanno interesse a risolverlo il prima possibile, considerando che poco a nord la Georgia ha pieno diritto di pretendere la restituzione dei territori sottratti e che una stabilizzazione della regione in chiave antirussa faciliterebbe il suo lavoro.
    Quindi Speriamo che chi sostiuirà Ashton spenda un pò di tempo su questa questione….

  2. Le vicine turbolenze ucraine non possono che avere risvolti nel Caucaso. Chiaramente azeri e armeni stanno battendo cassa presso i rispettivi patron. Questi ultimi poi hanno tutto l’interesse ad infilare qualche sassolino nelle scarpe dell’avversario. Anche le repubbliche centroasiatiche potrebbero riservare qualche sorpresa.

  3. Sicuramente il suo ragionamento è corretto nell’immediato. Però, a mio avviso, ha un grosso difetto: così l’Armenia si lega mani e piedi al carro di Putin. Bisognerà vedere con tempo se questa sarà una carta vincente oppure no. E non penso ad un drammatico indebolimento del potere di Putin e/o della Russia, magari potrebbero semplicemente sopravvenire nuove convenienze tali da consigliare differenti valutazioni su alleati o avversari.
    Inoltre, visti soprattutto i chiari di luna attuali,” l’alleanza” con la Russia potrebbe non essere indolore e dimostrarsi assai esigente.
    In zona l’Armenia non ha molti concorrenti alle grazie moscovite: spiacente, può tenersi Putin tutto per lei.

    • Ti sbagli, gli USA da anni fanno di tutto per portare l’Armenia dalla loro, ma con scarsi risultati. Tu continui a manifestare scarsa conoscenza di quelle realtà, l’Armenia deve la sua stessa sopravvivenza alla tutela russa, senza la protezione di Mosca farebbe la fine che ha spiegato il sig. Amirkhanian. Il conflitto azero-armeno la Russia avrebbe tutto l’interesse ad alimentarlo, visto che l’Azerbajian è il paese chiave per la diversificazione delle importazioni di gas nell’UE. Con la guerra fallisce tutta la strategia, addio TAPI, sepoltura definitiva del Nabucco ed Europa al guinzaglio di Putin. Ma la Russia è estranea al cinismo criminale degli USA, lavorerà per evitare il conflitto.

      • Come cordialmente mi ripete in continuazione, io mi sbaglierò e non conoscerò bene la zona, ma la sua ricostruzione mi sembra contradditoria. Lei afferma: “Il conflitto azero-armeno la Russia avrebbe tutto l’interesse ad alimentarlo, visto che l’Azerbajian è il paese chiave per la diversificazione delle importazioni di gas nell’UE. Con la guerra fallisce tutta la strategia, addio TAPI…Ma la Russia è estranea al cinismo criminale degli USA, lavorerà per evitare il conflitto.”
        Sembrerebbe di capire che la Russia, animata dal suo “tradizionale” disinteresse ed “amore per la pace” cercherebbe, secondo lei, di disinnescare il conflitto tra armeni ed azeri per filantropia, da brava massaia rurale alle prese con due discoletti un po’ vivaci.
        Si vede che le piacciono le favole.
        Io, da perfetto ignorante, penso che la Russia cerchi di tenere i piedi in due scarpe, salvaguardando gli interessi armeni ed cercando di evitare di scontentare gli azeri. Il tutto per confermare la sua traballante influenza nel Caucaso ed evitare nuove falle in una zona sempre più strategica.

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