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TURCHIA: Annullato l'ergastolo per Pinar Selek. Ma la posta in gioco resta alta

Sono settimane intense, queste, per il sistema giudiziario turco. All’interno di un apparente percorso di riconciliazione fra la magistratura e l’ambiente militare, che ha provocato la recente scarcerazione di esponenti dell’esercito accusati e processati per aver complottato contro il governo durante i casi Sledgehammer (Balyoz) ed Ergenekon, un’apertura pare essere arrivata anche nei confronti della società civile turca.

L’11 giugno scorso la Corte di Cassazione di Ankara ha infatti annullato la sentenza che condannava all’ergastolo la sociologa attivista e femminista Pinar Selek, dal 2009 rifugiata in Francia, tacciata della pesante accusa di terrorismo a causa dei suoi studi e del suo impegno politico riguardanti la questione curda e non solo. Del difficile percorso che l’ha trascinata in tribunale prima, con l’accusa di aver partecipato ad un attentato al Bazar delle Spezie di Istanbul nel 1998 (successivamente rivelatosi un’esplosione accidentale dovuta ad una fuga di gas), e in carcere poi, dove è rimasta per tre anni, ne abbiamo già parlato su EastJournal.

La perizia che rivelò questo “attentato” un tragico incidente risale al 2003, ma l’attivista Selek fu comunque costretta a subire un processo conclusosi nel gennaio 2013 con la sua condanna all’ergastolo; l’accanimento che le autorità le hanno riservato pare essere stato dovuto in buona parte alla ferma volontà dell’imputata nel rifiutarsi di rivelare alla polizia l’identità delle persone che lei stessa aveva intervistato durante il suo lavoro di ricerca al fianco della minoranza curda.

Pinar Selek, una volta uscita dal carcere, si è trasferita a Strasburgo, dove ha continuato il suo lavoro di ricerca, promosso la fondazione dell’organizzazione femminista Amargi nel 2001, e portato avanti parallelamente studi sulla questione di genere e sulla onnipresente e frustrante virilità ostentata all’interno della società in Turchia. Tante sono state le manifestazioni di solidarietà da parte di buona parte di opinione pubblica turca e internazionale, ed oggi finalmente la sua condanna al carcere a vita è stata annullata.

Questa svolta all’interno del suo travagliato percorso giudiziario è senz’altro una buona notizia, sebbene l’annullamento della pena debba essere letto all’interno di un contesto politico più ampio: Pinar Selek non è ancora considerate una cittadina libera a tutti gli effetti, e sarà costretta a subire un nuovo processo in data da definire.

Inoltre, assieme a quello che potrebbe apparire come un segnale positivo trasmesso alla società da parte delle autorità, è arrivato un altro duro colpo assestato dal governo, come un monito a non dimenticare che la questione di Gezi Parkı è tutt’altro che un nodo destinato a sciogliersi a breve termine. 26 membri della “Piattaforma Taksim Solidarietà” saranno infatti oggetto, nei prossimi mesi, di un processo che li vedrà imputati per la loro partecipazione al movimento di protesta sorto in piazza a Istanbul la scorsa estate, movimento alimentatosi in particolare a seguito del violento sgombero a cui la polizia sottopose, nelle ultime settimane di maggio 2013, decine di attivisti e volontari impegnati in una pacifica difesa del parco dalla demolizione delle ruspe.

Nonostante quelle che possono essere definite più o meno timide aperture della sfera politica nei confronti delle richieste della propria società, la mano pesante e autoritaria del governo turco e del suo attuale mandante, l’AKP, è purtroppo sempre ben presente all’orizzonte.

Chi è Chiara Bastreghi

Laureata presso l'Università degli Studi di Torino nel corso Global Studies con indirizzo Medio Oriente (Facoltà di Scienze Politiche) con una tesi sulla questione identitaria turca, dal titolo "Kemalism and Neo-Ottomanism, a comparison: the two ideologies in light of the Syrian Civil War". Nata a Siena il 27 marzo 1987.

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